Per tutti coloro che
visitano il Portale della Famiglia del Murialdo e che desiderano conoscere e
approfondire i contenuti di Vita Giuseppina, abbiamo scelto 8 foto e 8
articoli: uno per ogni numero di VG del 2013.
Con la pubblicazione del
Numero 1-2014 abbiamo iniziato il 120° anno di pubblicazione di Vita
Giuseppina. Un bel traguardo!
Ringraziamo i nostri lettori
che ci sostengono e ci incoraggiano a continuare.
Buona lettura!
La Redazione di
Vita Giuseppina
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VG 1 - Gennaio (agenda) 2013. Tratto dal mese di maggio dell’agenda 2013
San Leonardo Murialdo: profilo biografico
San Leonardo Murialdo nasce
a Torino il 26 ottobre 1828. Il padre, ricco agente di cambio, muore nel 1833.
La madre, donna molto religiosa, invia il suo piccolo «Nadino» in collegio a
Savona, presso i Padri Scolopi, dove rimane dal 1836 al 1843. Tornato a Torino,
frequenta i corsi di teologia all’Università e nel 1851 diventa sacerdote.
Sceglie subito di impegnarsi nei primi oratori torinesi, tra i ragazzi poveri e
sbandati della periferia: nell’oratorio dell’Angelo Custode, fino al 1857, e
poi nell' oratorio di San Luigi, come direttore, dal 1857 al 1865. Trascorre un
anno di aggiornamento a Parigi finché la Provvidenza lo chiama nel 1866 a farsi
carico di giovani ancora più poveri ed ancora più abbandonati: quelli del
Collegio Artigianelli di Torino. Da allora in poi tutta la sua vita è dedicata
all’accoglienza, all'educazione cristiana e alla formazione professionale di
questi ragazzi. Per loro egli fonda nel 1873 la Congregazione di San Giuseppe
(Giuseppini del Murialdo) e negli anni seguenti avvia nuove iniziative: una
casa famiglia (la prima in Italia), una colonia agricola, altri oratori,
insieme a varie altre opere. Quella del Murialdo è una presenza significativa
nel movimento cattolico piemontese. Lavora per la stampa cattolica, è attivo
all’interno dell'Opera dei Congressi, è uno degli animatori dell'Unione Operaia
Cattolica. La sua esistenza terrena finisce il 30 marzo 1900, ma anche noi,
lontani nel tempo, possiamo attingere alla sua preziosa eredità spirituale,
confermata dalla proclamazione della sua santità, nel 1970. Possiamo far tesoro
della sua esperienza di Dio: egli ci ama per primo, personalmente, in ogni
istante. Il suo amore è infinito, tenero, misericordioso. La nostra risposta a
questo amore sarà un fiducioso abbandono nelle mani di Dio, una ricerca gioiosa
della sua volontà, un cuore totalmente donato a lui ed ai giovani, specialmente
a quelli più poveri e più soli. La festa di san Leonardo Murialdo ricorre il 18
maggio ed è celebrata da tutti coloro che si riconoscono nel suo carisma e,
vivendolo, formano “la Famiglia del Murialdo” (laici, consacrati, religiosi,
giovani, famiglie…).
Biografia tratta da www.murialdo.org
VG 2 - Febbraio 2013. Tratto dal REPORTAGE pag. 6-7
Soffia il vento dell’internazionalità!
"Indiani
e Cinesi: strani e incomprensibili!"
"Africani: scansafatiche e superstiziosi!" "Italiani e Spagnoli: mafiosi e
disonesti!" "Arabi e musulmani: fanatici e violenti!"
"Statunitensi: imperialisti e guerrafondai!" "Inglesi:
presuntuosi e colonizzatori!" "Latino-Americani: insinceri e
inaffidabili!" "Rumeni: ladri e rissosi!" "Albanesi:
delinquenti e trafficanti!" …
Una certa dose di ignoranza, a volte
in-colpevole, e un malcelato senso di superiorità, inducono molti a considerare
popoli e culture del mondo in base all’ultima notizia del tele-giornale, a
pregiudizi del tutto infondati o a i-dentificare comportamenti, certamente
deprecabili ma assolutamente minoritari, come la caratteristica principale di
una nazione. Con buona pace di tutti i bei discorsi laici relativi
all’uguaglianza, alla pari dignità, ai diritti dell’uomo e, ancor peggio,
dimenticando il fondamento biblico che ogni essere umano è fatto a immagine e
somiglianza di Dio.
Invece, chi ha avuto la fortuna e
l’apertura di mente e di cuore per conoscere ed amare tanti popoli diversi dal
proprio, sa che non è così e che dei difetti attribuiti ad un paese, quasi
sempre la gente semplice è solo vittima! Chi conosce un po’ della ricchezza e della
storia delle culture del mondo saprebbe che Rumeni e Albanesi hanno dato prova
di un’ammirevole dignità e grandezza d’animo,
nonostante la difficile storia di oppressione che hanno vissuto; che
Italiani e Spagnoli sono popoli che, più di ogni altro, hanno dato al mondo e
alla Chiesa i loro santi, i loro religiosi e una schiera di missionari e
volontari; che Inglesi e Statunitensi sono popolazioni che hanno saputo costruire
e radicare nel tempo grandi valori di libertà e progresso e che potrebbero
insegnare a tutti come far convivere in pace culture e religioni diverse; che
gli Africani non hanno eguali in quanto a sorriso, ospitalità, senso religioso,
gioia di vivere e di condividere; che tutti i Latino-Americani sono portatori
di culture ricchissime e antiche e le sanno esprimere con animo aperto e
acco-gliente; che gli Indiani, così come tanti altri po-poli dell’Asia, sono
impareggiabili modelli di vita interiore e di spiritualità per tutto il mondo.
E’ ora di dire forte e chiaro che i
Giu-seppini, le Murialdine e tutti coloro che si rico-noscono nella Famiglia
del Murialdo, così come i lettori e i simpatizzanti di Vita Giuseppina, stanno
dalla parte di Isaia, che profetizza: “Se
tu smetti di opprimere gli altri, di disprezzarli, di parlarne male, allora la
tua luce sorgerà come l’aurora!”; o di S. Pietro, che dice: “Dio non fa preferenze di persone; egli
infatti ama tutti quelli che credono in lui e vivono secondo la sua volontà,
senza guardare a quale popolo appartengono” o di S. Paolo, che scrive: “Non c’è più distinzione tra Giudeo e Greco,
perché tutti siamo uno in Cristo Gesù, dato che Lui stesso è il Signore di
tutti”. Noi obbediamo e crediamo a Gesù che dice: “Andate in tutto il mondo … io sarò con voi!”. Noi ci lasciamo
ispirare dalle parole del Murialdo, che raccomandava ai suoi figli spirituali:
“Guardare il bello e il buono che tutti
hanno”.
Oggi soffia il vento forte
dell’internazionalità e dell’interculturalità; il P. Generale ci aveva
ricordato in una sua lettera: “Quando
soffia il vento alcuni predispongono rifugi per ripararsi, altri costruiscono
mulini per valorizzarne l’energia”; anche noi possiamo quindi issare le
vele per navigare più veloci e aprire le nostre ali per volare più lontano.
d. Mariolino
Parati
VG 3 - Marzo 2013. Tratto dalla Rubrica “L’orizzonte” - pag. 3
Incontri
al volo (e in volo)
È il 6 gennaio, festa
dell’Epifania.
Sono sul volo Roma – Lisbona, per
poi volare a Bissau e visitare le nostre comunità e attività missionarie in
quel paese e nella Sierra Leone.
Come sempre, quando viaggio in
aereo, raccolgo un po’ i miei pensieri, ritorno con la mente su alcune
questioni, faccio dei progetti… insomma, non bado tanto a chi mi sta intorno.
Oggi, per esempio, ripenso al bel
Capodanno che ho trascorso con il gruppo di giovani di Taizé, che erano ospiti della nostra
parrocchia Murialdo a Roma, piccola porzione dei circa quarantamila che hanno
pacificamente e festosamente invaso la città fra Natale e Capodanno.
Giovani disposti e capaci di
passare il Capodanno in preghiera, per la pace.
Sono rimasto davvero
impressionato della loro carica di positività e mi sono venute in mente le
parole scritte su di loro dal nostro recente Capitolo generale: “Con gioia constatiamo le immense capacità di
vita che sono nascoste nel cuore dei giovani di oggi; molti di loro maturano
umanamente e cristianamente la loro vocazione in mezzo a una società che
presenta loro sfide impegnative. Ci riempie di speranza scoprire in essi il
riflesso della bontà di Dio” .
Poi ho ripensato alle prime bozze
del numero di febbraio della nostra rivista, che ho visto stamattina… e mi sono sentito interiormente soddisfatto
dell’articolo che ho scritto su “la speranza in un abbraccio”, contento che un messaggio
positivo raggiungesse i nostri lettori all’inizio dell’anno nuovo.
Così, tutto chiuso dentro i miei
pensieri, non ho fatto quasi caso alle due persone che m hanno chiesto permesso
per passare ed occupare i due posti
interni della mia stessa fila sull’aereo.
Ad un certo punto mi rivolgono la
parola con uno stentato portoghese e mi chiedono se vado in Brasile. Per darmi
aria da viaggiatore esperto, rispondo loro in portoghese, e dico che no, non
vado in Brasile, vado in Africa: sono un sacerdote e vado e visitare le nostre
missioni di laggiù.
Ma sono italiani e così… ci
facciamo una risata.
Sono una coppia di Macerata. Mi
dicono che loro vanno a Belo Horizonte.
“Che bella vacanza”.
“Non andiamo in vacanza, andiamo
a prendere due bambini, anzi due bambine in adozione: il Signore non ci ha dato
figli e abbiamo deciso di adottarli. Dopo tanta attesa, ce ne hanno dati due,
due sorelline di 7 e 8 anni. Andiamo a conoscerle, a stare un po’ con loro e a
portarle a casa”.
“Che meraviglia…” sussurro.
“Davvero: siamo emozionatissimi.
Per noi questo viaggio è molto più che il viaggio di nozze. È il viaggio della vita. È il viaggio che cambierà
la nostra vita. Ma noi lo vogliamo”.
Li guardo: sono due sposi di
circa 40 anni, non di più. Adesso capisco perché hanno una serie di borse e
borsette e… sembrano profughi!
Il discorso vorrebbe continuare,
ma è cominciato troppo tardi, quando l’aereo stava già atterrando”.
C’è però il tempo di scambiarsi
un “Buon viaggio” che vuol dire tante cose.
Davvero il mondo è pieno di buone
cose e di buone persone, a guardarsi bene intorno.
Ai giovani di Taizé, a questa
coppia di sposi, a tante persone che ci regalano speranza… gli regalerei un
abbraccio!
d. Mario Aldegani, padre generale
VG 4 - Aprile 2013. Tratto dalla “Nella Casa del Padre” - pag. 30
Quando
scompare un padre giuseppino….
“Vita
Giuseppina”, nel numero di febbraio 2013, ha espresso un commosso ricordo per
la recente scomparsa di due religiosi giuseppini: Padre Lorenzo Terrando e Padre Guido
Bassanello. Entrambi hanno saputo vivere la modernità e l'attualità del
messaggio spirituale di San Leonardo Murialdo, diffondendolo con la propria
testimonianza concreta nei luoghi e negli ambiti in cui hanno svolto il proprio
servizio apostolico. Quando scompare un padre giuseppino è come se un pezzo di
storia ritorni ad affacciarsi prepotente sullo schermo della memoria delle
persone che ne hanno condiviso un tratto di vita. Mi è accaduto ripensando, con
commozione, a padre Lorenzo, al suo modo di essere “prete del Murialdo”, alla sua
fede ed alla sua incrollabile speranza cristiana.
Me
lo ricordo direttore della Scuola apostolica di Valbrembo, alla sua sensibilità
pedagogica, al suo modo di motivare all'impegno, ad incitare al rispetto ed
alla solidarietà. Modi di essere e di agire che erano mediati dalla capacità di
arrivare al cuore ed alla mente di noi ragazzi, rispettando il carattere, le attitudini e le risorse di
ognuno. In tempi in cui il “portfolio” scolastico era ancora di là da venire,
don Lorenzo - puntualmente ogni settimana - conduceva le sue pubbliche
verifiche, riassumendo (con tre voti) l'andamento settimanale, individuale e di
classe, nello studio, nella condotta e nei rapporti interpersonali. Un esempio
da manuale di direzione e di guida, oltre che un aperto invito a guardarsi
dentro e a ripartire sempre di slancio.
Da
quei giorni il rapporto con don Lorenzo non si interromperà mai. Non c'era
compleanno, onomastico o festività importante in cui non ricevessi i suoi
auguri, accompagnati da notizie, auspici e speranze. Un dialogo, questo, che
don Lorenzo aveva cura di intrecciare con tanti altri suoi ex studenti, via via
diventati adulti, padri di famiglia, cittadini che avevano assunto incarichi e
ruoli di responsabilità nella vita pubblica e sociale. Ed era sempre una gioia
nel ricevere le sue lettere, individuabili subito tra la posta per via delle
buste contraddistinte dalla calligrafia di padre Lorenzo, chiara, precisa ed
elegante. Un rapporto epistolare, per certi aspetti unico e straordinario, che
continuò fino a quando egli riuscì a padroneggiare la penna stilografica. E che
gli anni della vecchiaia si facessero sentire anche in lui, sempre così
dinamico ed attivo, lo percepivo appunto dalle sue lettere, via via sempre più
brevi e stringate, ma non per questo meno paterne e motivanti di un tempo.
Le
conversazioni al cellulare, soprattutto per gli auguri natalizi e pasquali, vi
avevano in parte ovviato. In vista delle sue sporadiche visite alla comunità di
Valbrembo non manvaca di avvertirmi e di riservarmi poi lo spazio di un
incontro in cui egli confermava la sua sensibilità di prete in grado di essere
attento agli altri e alle domande di una società e di un mondo in profonda
trasformazione. Lo rividi un paio di anni fa, agli “Artigianelli” di Torino,
durante la fase della redazione della biografia di San Leonardo Murialdo per la
“collana blu”. Mi portò, un po' a fatica, in visita del museo murialdino, e gli
brillavano gli occhi di commozione nel guidarmi tra i reperti e le
testimonianze che raccontano la vita del Fondatore della Congregazione
Giuseppina. Non mancarono successivamente altri scambi di biglietti augurali o
qualche telefonata al cellulare (che egli spesso teneva spento: un modo per non
lasciarsi aggredire dalla tecnologia). Ed il Natale 2012 è stato certamente
diverso: padre Lorenzo, ormai al termine dei suoi giorni, non è riuscito a
scrivere gli auguri, a me ed a tante altre persone. Ora è nella Casa del Padre.
Ed è bello immaginare che da lassù continui a seguire, con la preghiera, anche
tanti suoi ex allievi, per i quali davvero è stato “un fratello, un amico ed un
padre”.
Roberto Alborghetti
VG 5 – Maggio/Giugno 2013. Tratto dalla rubrica “Grandangolo” - pag. 5
Cronache sconosciute
Lo sapevate che, ogni anno,
le parrocchie italiane aiutano il nostro sistema sociale per almeno 260 milioni
di euro, le mense per i poveri distribuiscono sei milioni di pasti, spendendo
27 milioni di euro, il banco alimentare distribuisce viveri e generi di prima
necessità per altri 650 milioni, e le iniziative diocesane di microcredito
contro le nuove povertà elargiscono circa 50 milioni di fondi annui ogni dodici
mesi?
E che le scuole
cattoliche paritarie (e non private:
dopo la riforma D’Alema – Berlinguer le scuole italiane sono tutte pubbliche)
fanno risparmiare allo Stato oltre 4,5 miliardi, la formazione professionale
cattolica integra quella statale per circa 370 milioni di euro, mentre la
sanità cattolica aiuta quella pubblica per 1,2 miliardi annui?
Nella lotta contro la droga
le Comunità ecclesiali sollevano gli
enti statali per 800 milioni di euro mentre sul fronte dell’usura la Cei
eroga oltre 1,2 milioni di euro l’anno
alla Consulta anti-usura e alle Fondazioni regionali ad essa collegate. Il
volontariato cattolico immette nella rete sociale e civile quasi tre miliardi e sono circa due milioni
gli euro che ogni anno vanno ai migranti.
Per salvaguardare i beni
culturali ecclesiastici la Chiesa spende circa 130 milioni di euro l’anno, per
aiutare i giovani e chi ha perso il lavoro ad avviare nuove iniziative sostiene
il “Prestito della speranza” (30 milioni
una tantum) e il “Progetto Policoro” (un
milione), per la ricostruzione dell’Aquila la Chiesa è intervenuta con 35
milioni in tre anni, mentre in quello dell’Emilia ha già erogato 13 milioni in
otto mesi.
N.B. I dati riportati sono
stati pubblicati tempo fa in un articolo di un giornalista che ho ripreso
integralmente e sono stati raccolti in un libro di Giuseppe Rusconi
(“L’impegno”) Rubettino editore. Parliamo spesso di sprechi, proprietà della
Chiesa… Siamo sicuri di conoscere veramente tutte le persone coinvolte in
questo brulicare di attività e presenze?
Giuseppe Novero
VG 6 – Luglio/Agosto 2013. Tratto dalla rubrica “Murialdo: storia per
immagini” - pag. 13
I capelli di Delfina
Parecchi mesi fa, durante un
lungo lavoro di riordinamento di documenti storici e carte riguardanti san
Leonardo, don Reffo e altri giuseppini, mi è capitato di imbattermi in un
reperto perlomeno singolare: una teca di vetro, alta circa 30 cm e larga 22,
contenente una bella treccia di capelli biondi. Dietro, vi si leggeva che erano
i capelli di Delfina, sorella di Leonardo Murialdo.
Era l’ultima delle sorelle
del santo, la più piccola della famiglia, essendo nata l’8 agosto 1830, quasi
due anni dopo Leonardo, che era il penultimo. Nel 1854 si sposò con Ernesto
Marenco. Dal loro matrimonio nacquero prima un bimbo, Leone, e poi una bambina,
Maria, venuta alla luce il 24 novembre 1856. Ma durante o dopo il secondo parto
dovettero esserci delle complicazioni, dal momento che la giovane mamma,
Delfina, morì pochi giorni più tardi, il 6 dicembre.
Nello strazio del dolore, i
familiari vollero tenere un ricordo, per sé e per la bimba: una treccia di
capelli della mamma. La conservò Domitilla, sorella della defunta e di
Leonardo, ed anche madrina di battesimo della bambina che era appena nata.
Quando Maria ebbe compiuto
15 anni, Domitilla consegnò alla figlioccia quel caro cimelio, con una sua
dedica, scritta dietro la teca:
«Cara Maria,
questi capelli sono della
tua povera Madre. Io li conservo da 15 anni, cioè da quando essa ti lasciava
orfana. Ora tu sei capace di apprezzare sì cara, cara memoria.
Ora tu senti più vivamente
l’affetto di figlia: io sono lieta di fartene dono.
La memoria di sì buona Madre
ti conforterà a divenire virtuosa e perciò degna di Lei.
Tua affezionata zia, amica e
madrina
Domitilla Demichelis
Murialdo
Torino, 1° gennaio 1872».
In un altro documento, un
bigliettino la cui fotocopia si conserva a Roma nell’Archivio Centrale
Giuseppino, Domitilla scrisse sempre alla sua figlioccia Maria: «che tu sia
felice per tutta la vita, e per esserlo, imita tua madre nelle sue virtù».
d. Giovenale Dotta
VG 7 – Settembre/Ottobre
2013. Tratto dal “Reportage” - pag. 8
Incontrare il papa: un’esperienza vocazionale!
“Buon giorno! Il 19 giugno e
il 28 giugno cos’hai da fare? C’è la possibilità di andare dal Papa che
incontra 100 giovani… vuoi venire?”. Tutto è iniziato così, con un messaggio,
in maniera semplice e per certi versi utopica. "Incontrare il Papa? E come
si fa?" mi sono chiesto. Mosso dalla curiosità, più che dalla fede, ho
accettato.
Personalmente tendo a non
idolatrare i grandi personaggi della storia. E, ugualmente, ogni Papa che,
secondo il suo stile, svolge il ministero petrino nel suo tempo.
Vi chiederete il perché di
questa premessa prolissa. La risposta risiede proprio nell’incontro con Papa
Francesco. Mentre attendevo con molta trepidazione il suo arrivo, pensavo a
cosa avrei voluto dirgli … un ringraziamento per la sua testimonianza di vita,
per il suo stile semplice …
Poi finalmente è arrivato,
dandoci l’impressione non di essere ammessi ad un’udienza, ma di aver risposto
ad un nostro invito: ”Puoi scendere un istante? Vorrei salutarti!”.
E ci ha parlato, con molta
umiltà e semplicità, condividendo con noi la sua esperienza.
«Non è facile il momento di
decidere sulla propria vita, sulla strada della propria vita, non è facile.
Qualcuno può chiedermi: “Padre, come si deve fare?”. Pensare, lasciarsi
guardare dal Signore. Dio è buono; dove Dio vuole la mia vita? Quel posto, quel
lavoro, quella situazione. Sono criteri, criteri cristiani, amare Dio e amare
il prossimo. Poi c’è la gioventù: ma guardatevi per favore dall’incantatore di
serpenti, guardatevi. Te la suonano bella, ma non è tanto bella la cosa. Non
lasciatevi ingannare. Guardatevi da quelli che vi rubano la speranza, perché
quando ti rubano la speranza ti fanno credere che la vita è bella, ha il suo
corso. Poi ti accorgi che non era come loro te la vendevano. Come il mercante
di gioielli falsi, quelli che sembrano d’oro, sembrano brillanti: mi ruba la
speranza, mi incanta con il suo parlare, mi vende i suoi gioielli che alla fine
non valgono niente. Sono tutte cose da cui difendersi.
Poi andare avanti con
fiducia, chiedere alla Madonna, perché madre, e la madre consiglia sempre bene.
"Tu che sei madre aiutami in questo: cosa devo fare nella vita?"
“Padre e se cado?”. Mah, non
sarai il primo né l’ultimo. Sbagli? Avanti, ti alzi e avanti. Nell’arte di
andare quello che importa non è non cadere, ma non rimanere in terra: questo è
importante. Sei caduto? Alzati.
Questo mi viene di dirvi,
per la mia esperienza. Pregate per me, io prego per voi.».
Parole forti. Incisive e
decisive. Che non lasciano spazio ad interpretazioni personali.
Quando ha finito,
rivolgendosi al Cardinale quasi come a voler chiedere il permesso, dice:
“Posso?”. Ed è in questo momento che tutto dentro di me cambia.
Si dirige verso di me,
essendo il primo della fila. Tutto il tragitto, di pochi metri, con la testa
alta e lo sguardo fisso nei miei occhi. Mi stringe la mano, mi sorride, e
sempre mi guarda negli occhi. In quella stretta di mano, in quello sguardo, era
palpabile la sua forza, la sua spiritualità, la sua fede, il suo desiderio di
essere lì in quel momento, la gioia di incontrarmi (anche se per un istante).
È davvero difficile
descrivere emozioni e sensazioni, trasmetterle con tutta la carica e l’impatto
che hanno avuto dentro di me. Ah… poi tutto quello che volevo dirgli non sono
riuscito a trasmetterlo. Mi sono letteralmente pietrificato. Sono rimasto in
silenzio per i successivi 30 minuti. Scosso, turbato, stupito. Com’è possibile
che io, che metto al centro della mia fede Cristo, dia tutta questa importanza a
quest’incontro? Sì, capisco che è il Papa e non il salumiere (come mi ha detto
qualcuno), ma secondo i miei principi, le mie idee, il mio credo, la mia fede e
spiritualità, l’unica cosa che sarebbe potuta accadere era semplicemente
provare soddisfazione per essere riuscito ad incontrare il Papa, sentirmi
privilegiato. Doveva essere qualcosa di esterno, non di intimo e profondo come
quello che poi è stato. Tutto quello che ho avvertito, invece, ha trovato il
suo epicentro proprio dentro di me (qualcuno direbbe molto in profondità, data
la grandezza fisica… ahahah).
Quest’incontro mi ha
inizialmente messo in crisi. Mi ha posto di fronte alla domanda “E la tua fede?
Quella che aveva le sue radici in Cristo? Dov’è finita? Si è poi concretizzata
nella conoscenza di un uomo?”.
Ma, come persona riflessiva,
fermandomi a pensare, ho poi capito che in quel momento ho realmente incontrato
Cristo. È in lui, come è in me e come è in tutti. Un conto però è pensarlo e
dirlo, altra cosa invece è viverlo e sentirlo dentro di sé.
La mia fede continua e
continuerà ad avere la sua radice in Cristo, ma adesso mi porto dentro,
concretamente, la consapevolezza che Cristo è il cuore di ogni Cristiano, ed è
proprio lì che dobbiamo cercarlo e parlargli. Dentro di noi, e dentro gli altri…
tutti gli altri.
Ringrazio padre Giuseppe
d’Oria per questa splendida opportunità, e ringrazio Papa Francesco per quello
che mi ha trasmesso.
Proverò nel mio piccolo,
insieme al mio amico Francesco, a diffondere il messaggio di vita e di salvezza
di Cristo.
Sergio De Simone
dell’Opera Sacra Famiglia di Napoli
VG 8 – Novembre 2013. Tratto dalla rubrica “L’orizzonte”” - pag. 3
3 NOVEMBRE 1963…
3
novembre 1963: una data importante per la nostra storia.
Quel
giorno, nella Basilica di San Pietro, il Papa Paolo VI, dichiarò Beato il
nostro fondatore San Leonardo Murialdo.
Da
quella circostanza prese nuovo vigore lo studio e la conoscenza della sua
storia di santità, del suo “carisma”, che il dono che lo Spirito santo ha fatto
alla Chiesa per mezzo di Lui, un dono di cui noi siamo eredi e testimoni.
E’
una data importante anche per la mia vita.
Avevo
10 anni e, come seminarista della Scuola Apostolica di Valbrembo, ebbi la
fortuna di essere presente a quell’avvenimento, di cui conservo ricordi
vivissimi e che, ora me ne rendo conto meglio, hanno lasciato una traccia
profonda nella mia vita e decisiva, forse, per la mia vocazione.
Paolo
VI, quel giorno, disse del Murialdo: “Questo
nuovo Beato non è un uomo lontano e difficile, non è un santo sequestrato dalla
nostra conversazione: è un nostro fratello, è un nostro sacerdote, è un nostro
compagno di viaggio. Il quale però, se davvero lo avviciniamo, non mancherà di
provocare in noi quel senso di ammirazione dovuto alle anime grandi, quando ci
accorgeremo di certa sua nascosta profondità interiore, di certa sua
inflessibile costanza in tante non facili virtù, di tante sue finezze di
giudizio, di tratto, di stile, che faranno dire a noi, ciò che altri, lui
vivente, dissero al suo incontro, come se si trattasse di una felice scoperta:
è un santo!”.
Cinquant’anni
dopo tante cose sono cambiate.
Ci
sentiamo come Giuseppini, parte di una Famiglia più grande, suscitata dallo
Spirito, che chiamiamo Famiglia del Murialdo.
Abbiamo
una coscienza più viva che il dono ricevuto attraverso San Leonardo Murialdo, è
da vivere e da condividere con altri fratelli e sorelle, chiede di essere
reinterpretato in nuove storie e culture, ispira e qualifica tutte le nostre
relazioni.
In
un mondo frammentato e un po’ confuso, abbiamo avuto in dono di testimoniare
con il nostro stile di vita la certezza che Dio ci vuole bene, e di affermare,
con la nostra azione apostolica, una speranza per i ragazzi e giovani che la
vita e la società emargina: c’è un posto e un futuro anche per te!
Tutto
nel nome di quel sacerdote “mite e
gentile”, di quel “nostro compagno di
viaggio” che cinquant’anni fa Paolo VI ci indicò come guida e modello di
vita.
Far
nostro lo stile di vita del Murialdo (“fare
e tacere”, “straordinario
nell’ordinario” – disse ancora Paolo VI il 3 novembre 1963) significa, in
fondo, viverne il carisma con passione!
don Mario
Aldegani, padre generale