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"Reportage" - Una vita straordinaria in 50 mila battute


Velar ed Elledici pubblicano nella “Collana Blu” una nuova biografia dedicata a San Leonardo Murialdo. L’autore ne illustra i contenuti.

Raccontare la vita di un santo in cinquantamila battute – che è la quantità richiesta dal format editoriale dei testi della nota “Collana blu” di Velar-Elledici - è una impresa che mi provoca sempre apprensione e timore. E ancor più lo è stato quando mi è stato proposto di scrivere su San Leonardo Murialdo, Fondatore della Congregazione di San Giuseppe. Considerando la complessità della vita e della straordinaria testimonianza di San Leonardo, è nata subito la prima preoccupata domanda: come riuscire a “far passare”, nell’imbuto di poche decine di migliaia di battute, la sintesi di un’esistenza. Ossia, come riassumere in un testo da leggersi magari nell’arco di un paio di ore, una vita intensa, che si è articolata per quasi 72 anni, in un contesto sociale, religioso, politico e culturale di grandi trasformazioni e rivoluzioni. È la sfida della comunicazione cosiddetta “divulgativa”, che piaceva tanto allo stesso Murialdo, al quale si attribuiscono espressioni, frasi ed aforismi di grande efficacia e di singolare sapienza.

Prima cosa “da fare”: raccogliere la documentazione (copiosa) sulla vita e sulla spiritualità murialdina. Secondo: leggere (e confrontare) più autori. Terzo: visitare i luoghi e gli ambienti che maggiormente hanno risentito della testimonianza di San Leonardo. Quarto, infine, redigere il testo, tenendo sempre di vista la questione dell’imbuto. E, soprattutto, non dimenticare l’idea-base di queste pubblicazioni, che si rivolgono al grande pubblico, non alle nicchie degli esperti o degli studiosi, e dunque vanno sempre considerati modi, codici e stili di espressione linguistica che devono risultare diretti e di immediata fruizione. Testi semplici, ma non banali. Testi sintetici, ma non affrettati. E, soprattutto, testi documentati, dove i voli della fantasia e delle supposizioni vanno banditi. Un prezioso aiuto è venuto dal Padre generale della Congregazione Giuseppina, don Mario Aldegani, e da don Giovenale Dotta, storico ed autore di numerosi saggi sull’opera murialdina.

Le prime righe della biografia su San Leonardo Murialdo – pubblicata nel 110° anniversario della morte e nel 40° della canonizzazione - prendono il via in un preciso contesto ambientale, quello del rinnovato Oratorio San Martino, a Torino, vicino al Santuario della Salute, dove riposa il corpo mortale del Fondatore dei Padri Giuseppini. Mi è piaciuto questo accostamento di immagini: don Leonardo che veglia su un Oratorio, sui giovani, su un quartiere. Sono immagini che segnano la continuità di una profezia, di un progetto e di una speranza che, nel corso di oltre centocinquant’anni, hanno cambiato volti, destini e vite di una città e di tante altre città, situate alle più diverse latitudini, nei cinque Continenti, dove oggi operano gli appartenenti alla grande famiglia del Murialdo. La narrazione non poteva non partire che dal luogo che custodisce le spoglie di San Murialdo, grande educatore, testimone luminoso del movimento cattolico, anticipatore ed innovatore in campo sociale, pedagogico, pastorale e culturale.

Se ogni Santo è figlio del proprio tempo, a maggior ragione lo è il Murialdo, che “visse” la sua città, la Torino crocevia delle tensioni e dei cambiamenti sociali, la Torino delle nuove idee e correnti culturali, la Torino-laboratorio di nuovi stili di vita e di una nuova politica, la Torino-specchio di un mondo in profonda trasformazione. E la Torino della Santità. Leonardo Murialdo anche sul piano della presenza sul territorio urbano, condivide con altre tre grandi figure di sacerdoti - don Giuseppe Benedetto Cottolengo, don Giuseppe Cafasso e don Giovanni Bosco – quel “quadrilatero della Carità” che rianima e rivoluziona la prima Capitale d’Italia, proiettando luce, intuizioni e testimonianze sull’Italia, sull’Europa, sul mondo.

Complesso, articolato ed affascinante il percorso che conduce don Leonardo a scelte coraggiose ed audaci, assunte nel dialogo continuo con Dio, nel rispetto delle persone, dei confratelli e del magistero. Uomo del dialogo e dell’equilibrio. Uomo della pazienza e dell’umiltà. Uomo che vive nel suo tempo e per il suo tempo, in profonda empatia con Dio e la sua Torino, “città - come egli stesso scrive - del Santo Sacramento, della Consolata, della Santa Sindone, del Cottolengo”, città “di tante opere benefiche, di tanti uomini piissimi e santi e di generosi patrioti! Oh, quanto ti amo, mia Torino!”

Nella Torino dei grandi cambiamenti sociali, egli avverte il fascino della vocazione al sacerdozio, maturata sulle pagine del Vangelo, sulle opere di San Francesco di Sales e Sant’Alfonso de’ Liguori, sulla “Imitazione di Cristo” di San Domenico di Kemp e sulle “Confessioni” di Sant’Agostino. Si guarda anche attorno e vede la Torino dei poveri, degli ammalati, di chi è indigente e senza istruzione. Capisce che deve muoversi, fare qualcosa. È molto attento anche all’aria che tira in campo culturale e politico. Segue con simpatia il movimento neoguelfista, ne condivide il progetto all’insegna del dialogo e dell’incontro tra libertà e religione, tra patriottismo e fede, tra papato e regno. Siamo nella stagione del Risorgimento. C’è voglia di democrazia e di cambiamento. Se ne rendono conto Re, Principi e Papato. Leonardo Murialdo assiste “né estraneo e né indifferente” ai fatti del periodo “più straordinario e più confuso del secolo”. Si pone su una linea di equilibrio che gli permette di condividere gli ideali nobili ed alti delle speranze democratiche e patriottiche; ma al tempo stesso egli manifesta fedeltà al Papato sostenendone le aperture e le innovazioni. Come prete vive un proprio “Risorgimento” destinato a cambiare il modo di vivere la fede e l’essere Chiesa. È il “Risorgimento” delle idee, delle esperienze e delle testimonianze che, in varie parti d’Italia - ed in modo particolare proprio a Torino - uomini e donne di fede stanno vivendo con scelte di radicalità evangelica. Sono i protagonisti del cattolicesimo sociale, i quali si lasciano provocare ed interrogare dai tempi. Sono preti dislocati sul fronte della promozione umana, come don Giuseppe Cafasso, don Luigi Anglesio (successore del Cottolengo), don Marcantonio Durando, l’abate Amedeo Peyron, don Giovanni Cocchi e don Giovanni Bosco. Don Murialdo fa parte di questo nucleo speciale di sacerdoti dinamici, intuitivi e di solida formazione, che non temono di sporcarsi le mani con la società e né si spaventano delle minacce del potere politico.

Don Leonardo, nel diversificare la propria azione in quella che si configura come una vera e proprio “rivoluzione” nel segno del Vangelo, si rende conto che i bisogni della metropoli hanno la vastità del mare. La sua è un’azione articolata, che non si limita ad un unico campo, ma si amplia a vari livelli e realtà, intercettando necessità ed urgenze. Insieme alle intuizioni carismatiche, che lo portano a fondare la Congregazione San Giuseppe, il testo pone in rilievo l’azione sociale del Murialdo, prete dalla mentalità aperta, che non ha paura del confronto e delle idee nuove che egli va avvicinando anche nei suoi viaggi all’estero, specie in Francia. Fare presto e bene: così ama dire. E nulla egli lascia al caso. Ad esempio, sollecita a stare al passo con l’evoluzione dei sistemi informativi, dà una nuova identità allo stesso “foglio” dell’Unione Operaia, “La Voce dell’Operaio” (poi diventerà “La Voce del Popolo”), dà vita a tipografie, redige un manuale sull’identità di chi fa informazione, propone una “Lega fra le varie società per la diffusione della buona stampa”, collabora ad organizzare una rete di biblioteche itineranti tra i quartieri popolari. È in prima linea nell’affrontare questioni come la dignità delle condizioni di lavoro, lo sfruttamento lavorativo dei minori e delle donne, la libertà dell’insegnamento religioso. Confuta e rigetta coraggiosamente le posizioni anticlericali e massoniche. Convinto sostenitore del ruolo dei cattolici nel sociale, arriva a disegnarne un possibile percorso politico, appoggiando la nascita del giornale “La democrazia cristiana”. Saluterà con entusiasmo la pubblicazione della “Rerum Novarum”, l’enciclica sociale di Papa Leone XIII, un documento che è il riconoscimento della stessa opera murialdina. Insomma, questo ed altro ancora ho cercato di collocare tra le pagine di una biografia che umilmente cerca di mettersi sulle tracce lasciate da un grande testimone della carità, che Papa Paolo VI definì “uomo straordinario nell’ordinario”.

Roberto Alborghetti



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