Dopo il mese di agosto, delle vacanze, passiamo a settembre-ottobre, quando riprende la scuola, quest’anno 2008 periodo di tensioni sociali. Su queste proviamo a riflettere dal punto di vista dei giovani, senza entrare nel merito delle questioni politiche, ma ascoltando come l’hanno vissuta loro, gli studenti, tutti. Quando leggerete forse la scuola sarà quasi alla fine. Ma è bene comunque pensarci, riflettere, per il futuro…
Settembre-ottobre: riprende la scuola, finiscono le vacanze. Già questa è una brutta notizia. E’ sempre bello rivedersi dopo qualche settimana con i propri compagni di scuola, di lezione, ma l’incanto dura poco. Appena arrivano i primi controlli dei compiti, le prime verifiche, le prime interrogazioni, si piomba subito nello sconforto.
Si dice che l’autunno è il mese dei mille colori. Se la natura in questo periodo è molto ricca, diverso è il colore dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani. L’estate per loro è di mille colori, l’autunno invece diventa subito grigio. Ma ecco che arriva il governo e i suoi ministri, con i loro proclami di tagli, riforme, decreti. Come non cogliere l’occasione? Scioperi, manifestazioni, assemblee, occupazione. Ogni tanto ritornano. Ogni qualche anno. In alcuni anni, specialmente.
A ragione o a torto è difficile dirlo, bisognerebbe stare da una parte o dall’altra, per rispondere. E se invece di ascoltare la destra o la sinistra, provassimo a sentire davanti e dietro? Cioè provare ad ascoltare i giovani per ciò che sono, anche in questa esperienza.
“Difendiamo la nostra scuola”, era scritto su uno striscione posto fuori dalle finestre di un edificio scolastico della città dove vivo. Ma è la stessa scuola dove a volte non vado per andare in giro in centro, quella dei debiti e quella dei professori che non sopporto. Quella che “non ho voglia di studiare”, quella che “ci rende la vita impossibile” e “non vedo l’ora che arrivino la vacanze”.
Nei giorni dell’occupazione vedo alcuni volti conosciuti un po’ diversi, sovraeccitati, fieri: “Voi adulti non dovete sempre dirci cosa dobbiamo o non dobbiamo fare, per una volta siamo protagonisti noi, lottiamo per difendere e migliorare la scuola”.
Che bello! In effetti che spazio trova un giovane per migliorare il mondo? Per creare qualcosa? E’ tutto così già fatto, predisposto, “incellofanato”, pianificato. Fino a 18 anni non puoi fare, puoi solo stare seduto ad ascoltare e studiare. E allora ecco che i ragazzi occupano lo spazio virtuale. Lì sì che si può creare, inventare, comunicare, sperimentare, provare…
Per una volta la scuola la possiamo fare noi, nel bene e nel male, si potrebbe dire, visto che insieme alle assemblee, ai dibattiti, arriva sempre anche il fumo, l’alcool e altro… Ma per alcuni giorni siamo protagonisti e possiamo crearci degli spazi non virtuali, ma reali. Peccato per quegli allievi più piccoli che volevano entrare a scuola, la mamma li ha obbligati ad andare, non si sa mai che ci sia lezione e invece, “alcuni più grandi non ci hanno fatti entrare e allora siamo qui all’oratorio a giocare a calcio, possiamo?”. Così per alcuni giorni… e forse negli ultimi le lezioni erano riprese e alla mamma abbiamo raccontato altro.
Ma poi la ministra chi lo sa cosa ha scritto? ma sarà poi tutta colpa sua? “Vogliono privatizzare la scuola”, si è sentito ripetere tante volte dai manifestanti. Già, meglio che la scuola resti tutta e soltanto dello stato. L’energia no, i trasporti no, la sanità nemmeno. Ma la scuola sì, deve restare tutta dello stato e alle scuole paritarie (di nome solo, non di fatto) non va dato nulla, anzi meglio che chiudano.
Quelle dei Giuseppini sono scuole paritarie, cioè riconosciute dallo stato, ma ahimé non finanziate, come invece negli altri stati europei, ma questo non si deve dire… Certo le scuole in mano alle lobby di potere sono pericolose, meglio che siano dello stato, e la Chiesa è, per molti, un potere da eliminare.
“Il tramonto della Chiesa è l’alba dell’Italia” era scritto con lo spray su un muro di un’altra scuola. Ma sì, evviva questa scuola di stato che ci insegna tutto, l’italiano, la matematica, una certa storia, una certa filosofia e letteratura. Ma che non parla del santo patrono della nazione che è anche uno dei padri della sua lingua. Che lascia liberi o meno di avvalersi di ciò che ci aiuta a capire e confrontarci sul perché si vive e si muore, su ciò che resta della mia vita quando smetto di giocare o di lavorare e che mi serve anche in quei momenti, per non cadere nella noia. Che ci insegna le tabelle dell’alcolemia e i tipi di droghe, ma non sempre riesce a spiegarci perché la vita è un valore da salvaguardare. Che ci insegna come fare l’amore sicuro, ma non sa dirci quando, di sicuro, è amore. Ci insegna che veniamo dalle scimmie, ma non ci dice tutto quello che abbiamo di diverso da scimmie e chi ci ha reso così diversi. Ci insegna che i migliori vanno avanti, ma non cosa possono fare gli altri rimasti indietro. Che abbiamo tutti gli stessi diritti e doveri, ma nella realtà vediamo che non è sempre così.
I have a dream. Una frase in voga.
Sogno che la prossima okkupazione che ci sarà tra qualche anno non parli solo di soldi e di tagli, di edifici e di numeri, ma di cosa deve essere e deve fare la scuola. Altrimenti i suoi veri problemi resteranno sempre.