anni 86
ARQUATA DEL TRONTO (AP), 4 luglio 1919
VITERBO, 1 gennaio 2006
Nel pomeriggio di domenica 1 gennaio 2006, a Viterbo, ha concluso il suo cammino sulla terra ed ha incominciato un anno senza fine.
Il 23 dicembre era stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico per l'asportazione di un tumore allo stomaco; purtroppo solo 24 ore dopo l'operazione una serie di complicazioni hanno aggravato le condizioni generali di p. Mario che veniva portato nel reparto rianimazione in stato di coma, da cui non si è più ripreso, esalando l'ultimo respiro dopo una settimana.
P. Mario Luci era nato ad Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) il 4 luglio del 1919, ma era cresciuto a Roma, nel quartiere San Lorenzo dove aveva frequentato le scuole elementari e aveva conosciuto i Giuseppini.
Entrato in Congregazione con la prima professione emessa a Vigone il 29 agosto 1936, dopo gli studi a Ponte di Piave e a Viterbo, era stato ordinato sacerdote Viterbo nel 1946.
Ha svolto il suo apostolato a Dipignano, Santa Marinella, San Giuseppe Vesuviano, Acquedolci e Roma. Dal 2001 si trovava nella sede di formazione di San Giuseppe Artigiano a Viterbo.
I funerali sono stati celebrati nella chiesa della Parrocchia Murialdo a Viterbo, il 3 gennaio, con la presenza di un folto gruppo di confratelli, venuti da Ariccia, dove era appena iniziato i capitolo provinciale della Provincia Unita dell'Italia.
II rito è stato presieduto dal superiore generale, p. Luigi Pierini, che nell'omelia ha tracciato un profilo affettuoso ed efficace di p. Mario, che ci resta come ricordo.
"Chi ci lascia all'alba di un nuovo anno ci fa sempre riflettere più compiutamente sulla provvisorietà della nostra dimora sulla terra e, più ancora, sulla gioia che investe all'improvviso chi si fa trovare pronto anche nel momento più impensato, con la lampada accesa, dal Signore che viene sul fare del giorno eterno. P. Mario ora gli anni non li conta più. Le luci della vita in Dio ora lo avvolgono, dopo un breve periodo di sonno in cui sembrava a noi che su di lui avessero avuto il sopravvento le tenebre.
Per me, celebrare questa eucaristia di commiato e di suffragio per p. Mario è un dovere di riconoscenza fraterna. Dal 1954 e soprattutto dal 1961 al 1963 ho fatto con lui a San Giuseppe Vesuviano le prime esperienze indimenticabili e non facili nel settore della formazione - continuate poi con p. Francesco Prisco al quale succedetti nel 1969 per due anni... Non avrei immaginato di celebrare in questa stessa chiesa a distanza di tempo le esequie per l'uno e per l'altro. Ritengo questo un privilegio che mi permette ora di ringraziarli più intimamente per quanto ho ricevuto da loro.
P. Mario ricordava sempre il magistero fatto a Viterbo nell'Orfanotrofio della Divina Provvidenza dal 1939 al 1942: gli anni della guerra e della fame, dei bombardamenti e della solidarietà più concreta con la miseria materiale e morale che colpiva i più indifesi e deboli.
Scorrendo le tappe del suo ministero giuseppino e sacerdotale, saltano agli occhi i percorsi complementari della sua vocazione e della sua vita: l'educazione degli orfani e dei giovani operai, a Viterbo, a S. Marinella, a Roma - Centro S. Antonio, al Tata Giovanni, a Trigona; la formazione degli aspiranti in seminario, da Viterbo, a Dipignano, a S. Giuseppe Vesuviano, ad Acquedolci - sempre nella provincia romana, nella quale ebbe anche responsabilità non solo di direttore ed economo nelle varie comunità dove è stato, ma anche di consigliere e di vicario provinciale dal 1958 al 1965.
Il Signore lo ha condotto così da un luogo all'altro, perché servisse con umiltà e discrezione in due campi fondamentali per l'espressione del carisma giuseppino e per la vita della nostra famiglia religiosa.
Noi lo ricordiamo per l'esempio di fedeltà e di dedizione. Non si è mai tirato indietro di fronte a quanto gli veniva richiesto, anche se il suo temperamento riservato e timido, esigente con se stesso fino allo scrupolo ma non portato a intervenire sulla condotta degli altri, gli creava difficoltà nell'assumere responsabilità e lo faceva, di conseguenza, soffrire.
Lo spirito di sacrificio nel dare testimonianza di regolarità e nel servire con fedeltà all'obbedienza religiosa, lo ha accompagnato in tutta la sua vita e lo ha preparato alla forma di sofferenza silenziosa che lo attendeva negli ultimi anni: la difficoltà a capire certi cambiamenti attorno a lui, non tutti giustificati secondo il suo metro di valutazione; il rammarico nel vedere quasi scomparire un mondo di educazione che aveva amato e che continuava a sognare; la solitudine che si può incontrare e sentire nell'animo anche quando si è circondati da attenzione e da rispetto in comunità. Tutto questo ha presentato ora al Signore, che certamente lo ha accolto e ha valorizzato gli aspetti del suo sacrificio terreno con il premio promesso ai suoi servi fedeli.
P. Mario aveva una pietà semplice e profonda, sostenuta da solidi fondamenti teologici; una pietà che rivelava una vita interiore tutta sua, in apparenza eccessivamente seria e distaccata.
Aveva anche una sapienza tutta sua, attinta dalle radici della sua formazione famigliare e culturale, che si manifestava in tanti modi con note inaspettate, pe*- chi non lo conosceva, di ilarità e di acume satirico.
Come non ricordare con simpatia il suo ripetere a memoria, anche negli ultimi tempi, i sonetti e le favole di Trilussa, con gusto e con espressività popolare.
Forse anche adesso, ascoltandoci, vorrebbe ripeterci qualche verso, per dirci di non essere tristi: egli è arrivato nella dimora desiderata, occupa il posto preparatogli dal suo Signore:
"Pè conto mio la favola più corta è quella che se chiama 'Gioventù ' perché... c'era una vorta... e adesso non e 'è più. E la più lunga? È quella de la 'Vita ': la sento racconta da che sto ar monno, e un giorno, forse, cascherò dar sonno prima che sia finita... "
Non è finita infatti: p. Mario, sei nella luce eterna. Sei nella felice sapienza di Dio. Prega per noi, e scusaci se non ti abbiamo capito abbastanza. Prega perché tanti poveri ragazzi ci incontrino ancora, pronti ad amarli e a stare con loro con gioia. Prega perché siano di nuovo numerosi e generosi in Italia i chiamati alla nostra congregazione.
Continua ad esserci vicino con la tua amabilità: tu sai che ti abbiamo voluto bene e non ti dimenticheremo! (p. Luigi Pierini)
Affidiamo al Signore l'anima del nostro fratello p. Mario, con la preghiera di suffragio e teniamo vivo in mezzo a noi con affetto il suo ricordo e il suo esempio.
d. Mario Aldegani
SUPERIORE PROVINCIA UNITA