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"Reportage" - Educare: ma come?


“La sfida educativa”

La Pastorale Giovanile della Provincia Italiana a confronto con le linee pastorali della Chiesa in Italia. Qualche spunto a margine del Convegno di Pastorale Giuseppina.

Qualcuno ha scritto: “Quando meno ce lo aspettiamo la vita ci pone davanti a una sfida, per provare il nostro coraggio e la nostra volontà di cambiare. In quel momento non serve far finta che non stia accadendo nulla, o scusarci dicendo che non siamo ancora pronti".

La “sfida educativa” non sta capitando in un momento in cui non ce l’aspettiamo, è ricorrente! Perché ricorrenti sono i giovani e ciò che abbiamo capito dal convegno di Torino sulla pastorale giuseppina è che questa ricorrenza non è ripetitività. D’altro canto non ci occorreva un convegno per farcelo capire. Tutti noi abbiamo un po’ di dimestichezza con i mondo giovanile, visto che abbiamo tutti a che fare con gli ambienti in cui l’impegno primario è quello dell’educazione dei giovani, siano essi ambienti in cui si fa scuola, formazione professionale, oratorio, accoglienza o quant’altro… E se per caso questo non bastasse, ci ha messo del suo anche la Chiesa italiana con la scelta pastorale, per il prossimo decennio, dell’educazione e con la pubblicazione del documento “Educare alla vita buona del Vangelo”.

Quindi convegno inutile quello organizzato dalla Provincia Italiana in cui si sono dati appuntamento un centinaio di persone, che a vario titolo sono impegnate nel campo dell’educazione e della formazione dei giovani?

I giovani sono sempre diversi, come del resto diversa è ogni persona, perché ogni persona è un capolavoro della mano di Dio (e scusate se è poco!) e in quanto capolavoro è irripetibile! Quindi niente ripetitività. Il convegno, organizzato nel contesto giovanile dell’oratorio San Martino di Torino il 5 febbraio, questo ha voluto rimarcare: i giovani sono sempre diversi; e allora? Allora bisogna proporsi a loro in modo sempre diverso, sempre adeguato alle loro esigenze, sempre cercando di leggere i loro vissuti per formulare proposte formative capaci di raggiungerli nei loro universi. Il vero educatore, colui che è animato da vera passione educativa per i giovani, è colui che rifiuta la ripetitività delle proposte: “così sono stato educato io, così educo gli altri”.

Ad alcuni fallimenti sul piano dell’educazione abbiamo già assistito! Perché continuare a ripetere come se niente fosse accaduto? Come se la storia non avesse insegnato nulla? Come se il mondo non si fosse mosso di uno iota? È un aforisma più che noto: ripetendo le stesse azioni, otterrai gli stessi risultati. Stessi successi, stessi fallimenti? Ma se il contesto è cambiato? Se la materia prima è cambiata? Continuiamo a parlare a ragazzi del secolo scorso e anche già allora la nostra azione educativa scricchiolava (e scricchiola sempre in questo campo).

L’educazione ha bisogno di competenza, di passione, di fantasia, di dedizione, di amore… Ha bisogno di tutto il nostro essere e di qualcosa in più. Ha bisogno della nostra dedizione: che non ci scoraggiamo, soprattutto del nostro entusiasmo.

Il convegno mi ha insegnato che oggi i giovani sono i “nativi del digitale” e che io sono un clandestino in questo territorio (e non solo in questo territorio) e quindi o vado in pensione o mi do da fare per “esserci”, ma non per “ripetere”, perché, come diceva A. Einstein: “Follia è ripetere le stesse cose ed aspettarsi risultati diversi”.

p. Ferruccio Cavaggioni




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