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p. Giuseppe Idiotti (13/02/1924 - 24/08/2009)



* Zugliano (VI) - 13 febbraio 1924

† Arzignano (VI) - 24 agosto 2009


Ci ha lasciati il giorno 24 agosto 2009, all'età di 85 anni.

P. Giuseppe è nato a Zugliano, provincia di Vicenza, il 13 febbraio 1924. Giovanissimo studente a Montecchio Maggiore, Vicenza, nella scuola apostolica dei Giuseppini del Murialdo, nel 1940 chiede di entrare in noviziato per iniziare il suo cammino di religioso e sacerdote giuseppino. Termina il noviziato con la prima professione il 28 agosto 1941. Quindi segue il normale percorso formativo previsto in quel tempo: tre anni di studi supe-riori in parte a Sommaria del Bosco, Cuneo, e in parte a Ponte di Piave, Treviso; tre anni di tirocinio, di cui due a Vascon, Treviso, e uno a Riva del Garda, Trento. Il 9 agosto 1946 professa in perpetuo a Oderzo e l'anno dopo inizia gli studi filosofici e teologici per la preparazione al sacerdozio a Viterbo, presso l'Istituto San Pietro. A Viterbo viene ordinato sa-cerdote il 10 marzo 1951.

Da novello sacerdote è prima a Vascon e poi a Montecchio Maggiore, svolgendo i compiti di insegnante nelle medie e di assistente. Dopo una breve parentesi a Ponte di Piave (1955-1958), p. Giuseppe torna a Montecchio Maggiore, dove rimane per sempre, eccetto l'anno trascorso a Thiene (1964-1965).

A Montecchio p. Giuseppe ha svolto l'incarico di economo, di insegnante e di assistente. Ma soprattutto ha messo a frutto i doni che il Signore gli ha dato per il suo personale cammino di santificazione e per il servizio ai confratelli, ai giovani dell'Istituto Maria Immacolata e alla gente della parrocchia.

Per 25 anni ha svolto parte del suo ministero sacerdotale a Vò di Brendola.

Poco per volta l'età avanzata e la precaria salute lo hanno reso sempre più debole, per cui passava molto tempo in camera.

Ma non sono mai venuti meno la sua serenità, il suo sorriso e il suo dire grazie a chi lo assisteva.

Una broncopolmonite è stata la causa finale della sua morte, avvenuta presso l'ospedale di Arzignano nella giornata del 24 agosto 2009.

I funerali sono stati celebrati nella nostra parrocchia di Montecchio Maggiore il giorno 27 e poi la salma è stata portata al suo paese nativo, Zugliano; la mattina del 28, dopo la celebrazione eucaristica nella chiesa parrocchiale, p. Giuseppe è stato sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero locale di Zugliano.

Un religioso e sacerdote "buono, veramente buono"

È la espressione che abbiamo sentito dire da confratelli e amici, da quanti hanno conosciuto p. Giuseppe. Perché p. Giuseppe è stato umile, discreto, semplice, riservato, schivo, fedele ai compiti che gli erano chiesti.

Nella celebrazione della messa di saluto abbiamo risentito la parabola dei talenti, secondo il racconto del vangelo di Matteo (Mt 25, 14-29).

Ognuno dei servi riceve una quantità di talenti, quantità diverse misurate sulle capacità di ciascuno di saperli mettere a frutto. È interessante notare come il padrone al suo ritorno rivolga ai servi "buoni" le stesse parole, indipendentemente dal numero dei talenti, come premio alla loro fedeltà e alla loro intraprendenza: "Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone".

P. Giuseppe con la sua vita ci ha ricordato proprio questo: tutto è dono, che va non solo conservato ma anche messo a frutto, secondo una fedeltà creativa che, se ci rende diversi gli uni dagli altri, ci rende tutti servi buoni e fedeli, se realizziamo la volontà del Signore.

P. Giuseppe avrà certamente avuto i propri limiti e le proprie fragilità; tuttavia è bello mettere in luce un talento da tutti riconosciuto: sapeva farsi voler bene. Quante volte sentiamo l'invito a volere bene, ad amare il prossimo e quante volte questo ci costa. Ma forse siamo poco capaci, anche noi preti e religiosi, a farci voler bene dalle persone alle quali con generosità offriamo il nostro servizio.

Non era difficile voler bene a p. Giuseppe; tanti lo hanno sentito accanto con il suo sorriso e la sua parola, con la sua presenza alle volte difficile da notare. Qualcuno dei presenti ha ricordato che era capace di mettersi accanto e dirti una parola di conforto al momento giusto e senza sembrare invadente.

In questi ultimi anni, pur provato dall'età e dalla malattia, appena poteva si rendeva utile in comunità, raggiungendo l'ufficio della segreteria, rispondendo al telefono, mettendosi a disposizione per la preghiera comunitaria.

Certo non era per lui tenere la disciplina dei ragazzi, ma chi lo ha avuto assistente in cortile o in studio, ricorda come la sua bontà alla fine fosse vincente; tanto che in cortile c'era sempre qualche ragazzo attorno a lui e da lui si andava volentieri a chiedere permessi e spiegazioni per lo studio.

Di p. Giuseppe ricordo il suo saluto: "Sia lodato Gesù Cristo!", e la sua modalità di rispondere al telefono: "Pronto... desidera?". Nel suo comportamento si poteva sempre cogliere un tratto di signorilità, segno di rispetto e di accoglienza verso tutti.

Chissà quanto bene ha fatto p. Giuseppe, senza fare carriera, senza tante programmazioni, senza sfoggio di doti particolari!

È stato religioso e sacerdote, realizzando le due virtù indicate dalla Regola per tutti i Giuseppini del Murialdo: l'umiltà e la carità.

Contento di essere religioso e sacerdote

Secondo una certa tradizione, p. Giuseppe aveva segnato su diversi quaderni le messe celebrate quotidianamente, indicando dove, l'intenzione e l'offerta. È facile notare la cura con cui ha scritto e mantenuto nel tempo questa usanza.

D'altra parte in occasione del suo cinquantesimo di sacerdozio aveva scritto sull’immaginetta-ricordo: Grazie, Signore, perché mi hai fatto toccare il tuo Amore nell'Eucarestia e nei Fratelli. È una bella sintesi del suo cammino spirituale, indicandone la fonte (l'Eucaristia) e la destinazione del suo servizio (i Fratelli, scritto con l'iniziale maiuscola!). Per noi che stiamo celebrando l'Anno Sacerdotale, indetto da papa Benedetto XVI, è un bel regalo da parte di p. Giuseppe; ci ricorda in sintesi chi è il prete: un innamorato dell'Eucarestia e a servizio del popolo di Dio.

Questa maturità religiosa e sacerdotale p. Giuseppe l'ha conquistata lungo tutta la sua vita, ma occorre ricordare che aveva messo delle buone basi negli anni della formazione.

Alla vigilia dell'ordinazione sacerdotale, il suo direttore-padre maestro, p. Vincenzo Minciacchi, così scriveva di lui: "L'esatta osservanza della Regola, la prontezza all'obbedienza, la disposizione al sacrificio e la distinta pietà lo fanno ritenere elemento ottimo nel ministero della Congregazione". Un bell'elogio, che in fondo ha prefigurato quale sarebbe stato lo stile di vita di p. Giuseppe.

Per questo sembra del tutto naturale che la sua omelia, in occasione della celebrazione del cinquantesimo di sacerdozio a Vò di Brendola, sia solo una serie continua di ringraziamenti a Dio e ai fratelli, mettendo in luce il tanto che aveva ricevuto e il poco che era riuscito a realizzare. Con semplicità diceva di ringraziare Dio ogni mattina e avere coscienza che il suo grazie era comunque lontano dal dire al Signore quanto sentiva in dovere di esprimere per il dono grande della vocazione religiosa e sacerdotale.

"Amare è dare il primo posto a Dio e agli altri"

In una pagina intitolata "Vivere è amare", p. Giuseppe ha raccolto una serie di pensieri. Mi è sembrato particolarmente significativo e adatto per lui proprio quello riportato sopra. In poche parole si riassume così la vita di p. Giuseppe, come lui ha interpretato la vocazione, la sua strada di servo buono e fedele che sa mettere a frutto i talenti ricevuti.

Grazie al Signore per averci dato p. Giuseppe, che con umiltà e semplicità ci ha riportati ai fondamenti della vita cristiana e religiosa.

In questo anno sacerdotale vogliamo affidare anche a p. Giuseppe la nostra preghiera perché tutti i sacerdoti sappiano vivere con santità il loro ministero e così possano essere testimoni credibili dell'Amore di Dio.


p. Tullio Locatelli
superiore provinciale





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