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Linee di pastorale giuseppina (1996)





Congregazione di san Giuseppe Giuseppini del Murialdo

GRUPPO CENTRALE DI PASTORALE GIUSEPPINA



LINEE DI PASTORALE GIUSEPPINA


Casa Generalizia Giugno 1996




PRESENTAZIONE

Il testo che vi presento è frutto di una riflessione e di un confronto che hanno impegnato da alcuni anni il Gruppo Centrale di Pastorale Giuseppina e vuole essere una risposta all'invito esplicito dell 'ultimo capitolo generale:

«Il consiglio generale formi un gruppo di studio internazionale che porti a termine le Linee di pastorale giuseppina, promuova una riflessione sistematica sulla pastorale giovanile, elabori sussidi e favorisca l'interscambio dell'e esperienze di pastorale giovanile» (C.G. XIX, Del. 4.5.3).

Questa prima stesura delle Linee di pastorale giuseppina, ha tenuto in debito conto i contributi provenienti da confratelli che operano nelle varie realtà della congregazione e che sono stati espressamente coinvolti dal Gruppo stesso,. anche se di alcuni si è sentito il limite della loro mancata partecipazione diretta ai lavori.

Non è facile, nella nostra povertà di mezzi e di persone, poter formare e mantenere efficiente un gruppo internazionale di studio.

Il contenuto di queste Linee.... è valido soprattutto come quadro di riferimento per la costituzione di progetti di pastorale giuseppina, capaci di dare ai confratelli indicazioni precise a riguardo delle istanze prioritarie di rievangelizzazione e quindi anche di rieducazione dei giovani che incontriamo nei contesti sociali spesso problematici in cui operiamo.

Auguro pertanto che le Linee di pastorale giuseppina siano ben accolte, suscitando e favorendo a vasto raggio nelle nostre comunità di Giuseppini e di Laici impegnati quella riflessione sistematica e quell'interscambio delle esperienze a cui il capitolo invita.

Sarà questo il modo migliore per verificarle e migliorarle, affinché diventino, in una stesura più condivisa e definitiva, uno strumento veramente utile per «identificare nei diversi tempi e luoghi le scelte operative più opportune per la nostra pastorale... » (C.G. XIX, Del. 4.5).

p. LUIGI PIERINI

superiore generale

Roma 14 dicembre 1995


Alcune note su LINEE DI PASTORALE GIUSEPPINA

  • Non sono un progetto nè si sostituiscono ai progetti da realizzare nelle province e nelle opere: in essi dovranno essere inserite.

  • Non sono obiettivi considerati come il cammino che il giuseppino fa compiere al giovane, ma punti di riferimento di cui egli stesso tiene conto nella sua attività educativa.

  • Contengono principi ispiratori, indicazioni pratiche, aspetti metodologici: le componenti principali della nostra tradizione, a servizio della nostra Pastorale.

  • Sono rivolte soprattutto ai Confratelli e a quanti collaborano con loro nella pastorale.

  • Si ritengono presupposti acquisiti la conoscenza della vita consacrata e la nostra spiritualità.

  • Di proposito sono state tolte citazioni e rimandi

  • Il Gruppo Centrale di Pastorale Giuseppina si ripromette di promuovere una riflessione sistematica sulla pastorale giovanile, elaborare sussidi e favorire l'interscambio di esperienze di pastorale giovanile (Cap. Gen. Delib. XIX, 4.5.3 )


1. PER ESSERE FEDELI AL CARISMA GIUSEPPINO NELLA REALTÀ ATTUALE



1.0. PREMESSA

La pastorale giuseppina va costruita su un duplice atteggiamento di fedeltà: la fedeltà all'oggi e la fedeltà al carisma, che si esprime nel patrimonio educativo della· tradizione.

Gli orientamenti pastorali, per essere secondo il carisma e inculturati nella situazione attuale, suppongono due sforzi che si integrano:

-lo sforzo di leggere l'oggi, e l'oggi giovanile in particolare, alla luce del Murialdo e della tradizione, cioè con sguardo giuseppino;

-lo sforzo di guardare al nostro patrimonio educativo carismatico alla luce delle provocazioni attuali.


1.1. UNO SGUARDO GIUSEPPINO ALLA REALTÀ ATTUALE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI GIOVANI

1.1.1. CONTESTI SOCIO -CULTURALI -ECCLESIALI IN CUI OPERIAMO

Sono dei semplici accenni, con il solo scopo di segnalare l'importanza di tener conto del contesto dentro cui si sviluppa la nostra azione pastorale. Soprattutto è importante cogliere quei fenomeni che interpellano più direttamente l'educazione e l'evangelizzazione.


1.1.1.1. Il contesto occidentale (Italia, Spagna, U.S.A)

Nella società occidentale, che si fonda sulla logica del capitalismo e che per molti è la società del benessere, negli ultimi anni si è accentuato il fossato che separa i ricchi dai poveri. C'è anzi una tendenza socio-politico-economica che crea nuove fasce di povertà ed emarginazione, soprattutto nel mondo giovanile.

C'è, nel complesso, una situazione di frammentazione sociale e di relativismo valoriale quale esito estremo di una cultura individualistico-borghese chiamata ad affrontare situazioni sempre più complesse (caduta delle ideologie forti, mass media, nuove tecnologie, fenomeni immigratori...).

Il progetto di una completa autosufficienza individuale conduce frequentemente alla solitudine, al disagio, alla perdita di senso. Per quanto riguarda i giovani, vanno tenuti presenti alcuni fenomeni per la portata che hanno sul piano educativo e pastorale.

a. Sul piano socio-strutturale:

-crisi delle agenzie educative tradizionali, portatrici di valori con

divisi (famiglia, scuola...), -diffidenza verso le istituzioni (politica, Chiesa...),

-problematico inserimento nel mondo adulto (disoccupazione, difficoltà di assunzione di responsabilità definitive, incertezza sul futuro ...),

-refrattarietà alla pastorale ordinaria.

b. Sul piano culturale:

-centratura sull'autorealizzazione,

-tolleranza di fronte a scelte di valori anche divergenti (identità debole),

-voglia di esperienze vitali,

-riferimenti religiosi generici (religione dello scenario),

-emergere di valori quali: pace, giustizia, salvaguardia del creato,

-tensione verso una nuova qualità della vita,

-esigenze nuove di spiritualità.

Al livello della risposta giovanile al disagio, si colgono quattro direzioni:

-adattamento onnivoro al contesto sociale frammentato,

-devianza e marginalità come orientamento anti-sociale,

-patologia autodistruttiva come fuga,

-impegno come scelta di speranza (volontariato e solidarietà).

c. La Chiesa si interroga

In questo contesto, la Chiesa va interrogandosi sui tratti che deve assumere la sua presenza e il compito dell'evangelizzazione o della nuova evangelizzazione.

Si profilano alcuni cammini:

-la ricerca di una più forte incidenza culturale;

-i tentativi di una pastorale più decentrata sul territorio, che metta al centro le persone, più attraversata dal senso IdeI dialogo, della comunione e deila progettualità, che si apre a collaborazioni anche extraecclesiali, che cerca gradualmente di rompere i muri dell'indifferenza religiosa e di suscitare il desiderio di un cammino di fede;

-l'elaborazione di cammini di crescita umana e cristiana più concentrati nell'esperienza della solidarietà e segnati da un forte clima comunitario;

- lo sforzo di accompagnare il rinnovamento pastorale con chiari segni, personali ed ecclesiali, di una più forte testimonianza evangelica.


1.1.1.2. Il contesto latinoamericano (Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Messico)

a. La struttura socio-politico-economica ingiusta, insieme al degrado culturale ed etico della società, provoca emarginazione e distanze sempre più grandi tra ricchi e poveri.

Primo effetto di questo e causa poi di ulteriori fenomeni di emarginazione è l'abbandono delle zone rurali verso la periferia delle più grandi città. L'illusione della città si traduce

-nell'ammassamento in quartieri poverissimi o stabili degradanti o favelas,

-nella perdita di sicurezza e di riferimento a una piccola proprietà (a un proprio pezzo di terra),

-nell'avventura di lavori saltuari o di piccoli commerci precari e indotti,

-nello smembramento della famiglia,

-nella perdita del senso di appartenenza a una ben definita realtà

sociale, culturale, religiosa,

-nel sempre maggiore impoverimento.

Nei confronti dell'infanzia e dei giovani provoca:

-danni irreparabili a livello di prima infanzia (mortalità infantile),

-bambini, adolescenti e giovani emarginati o sfruttati,

-ragazzi lasciati vivere e crescere sulla strada,

-bande giovanili,

-la dura esperienza della giustizia operata dalla società,

-delinquenza come modo di vita e di sopravvivenza.

b. La popolazione giovanile è molto numerosa

Questo fatto, che di per se stesso è una grande risorsa, costituisce una grande sfida -per la mancanza di strutture e, più ancora, di persone adeguate per andare incontro ai bisogni della popolazione giovanile, -per la mancanza di una cultura della vita favorevole a una politica familiare fondata su valori cristiani.

c. Avanza il processo di secolarizzazione

Tale processo si presenta - almeno in certa misura - come fenomeno indotto dall'Occidente e crea disorientamento di fronte ai miraggi della società opulenta.

In questo contesto c'è un proliferare delle sette religiose, viste come ambiti di sicurezza; in realtà poi sono spesso strumènti di sfruttamento, legate alla società capitalista.

d. La Chiesa ha fatto una chiara opzione preferenziale per i poveri e per i giovani. Sa di non poter evangelizzare se non a partire dalla problematica della povertà e dell'ingiustizia sociale.

L'impegno di evangelizzazione comprende quindi:

-il superamento del senso di dipendenza,

-il superamento dei livelli attuali di ingiustizia sociale e di povertà,

-la dignità della persona che ha un destino terreno ed eterno di felicità,

-la liberazione dall'oppressione e dai condizionamenti,

-rivalutazione di una certa religiosità popolare,

-la formazione della comunità nuova basata sul rispetto e sull'amore, sulla solidarietà autentica esuli'uguaglianza propria dei figli di Dio.


1.1.1.3. Il contesto africano (Sierra Leone, Guinea Bissau)

Una rapida lettura della situazione culturale e sociale africana può mettere in luce alcuni aspetti salienti e problematici dell'Africa oggi:

-il difficile rapporto tra tradizione africana e modernità occidentale. Sta progressivamente maturando più una divergenza/opposizione che una integrazione/confronto tra:

ciò che è tradizione africana (ancorata a valori quali: famiglia, vivere in gruppo, religiosità quotidiana, semplicità di vita...) e la modernità occidentale, che invece propone «valori» diversi e per certi aspetti contrari: individualismo, consumismo, indifferenza, materialismo;

-la difficoltà di promuovere i diritti fondamentali per l'uomo. In particolare, la libertà di espressione, la parità di diritti e doveri tra uomo e donna, il diritto a vivere (problema della fame);

-le situazioni di ingiustizia sociale che ancor oggi perdurano, favorite tacitamente dai Paesi sviluppati, che conducono sempre più ad uno stato di arretratezza e precarietà.

In tale contesto, si dimostra particolarmente importante, a livello di testimonianza ecclesiale

-lavorare con la gente e come la gente,

-cercare di inculturarsi nel vissuto delle persone e della cultura africana, promuovendo un dialogo.

Analizzando più a fondo alcune realtà...

Povertà

La povertà materiale è grande e condiziona tutto il vivere sociale. Dei giovani, solo una piccola percentuale frequenta la scuola, proprio per le difficoltà economiche.

Analfabetismo

Trova le sue cause nella reale situazione di povertà. Sono necessarie delle risposte nel campo dell'istruzione e della formazione al lavoro, risposte che sono per lo più fomite dalle forze religiose e sociali che operano in Africa, ma che sono invece disattese dai governi degli Stati. Nell'ambito educativo, si propone una «cultura del risparmio» che tenti di educare la domanda continua della gente, dato che l'africano è sempre stato abituato a chiedere.

Migrazione dalla campagna alla città

L'agricoltura è la fonte lavorativa principale dell'Africa. Data la scarsa possibilità di vita che oggi offre l'agricoltura, molti sono i giovani che cercano fortuna in città, il più delle volte perché attratti dal pensiero di avere una possibilità di lavoro, o incantati dalle attrattive della società moderna occidentale. Spesso, non trovando lavoro, entrano nel giro della droga, della violenza, della malvivenza.

Rapporto musulmani-cristiani

Nei nostri contesti il problema non è molto avvertito, dato che da ambedue le parti c'è una tacita accettazione reciproca.

Alcuni problemi emergono invece all'interno dei cristiani stessi, dove ansie proselitistiche portano ad incomprensioni e diffidenze.


1.1.2. UNO SGUARDO D'INSIEME: LE PRINCIPALI PROVOCAZIONI EDUCATIVE

I problemi nei diversi contesti sono diversi ma sembrano esserci anche elementi comuni, sia a livello di sfide sia a livello di risposte, che giustificano uno sguardo d'insieme.

Va crescendo poi la coscienza dell'internazionalità dei problemi, del!'interdipendenza dei diversi contesti, della necessità di affrontare i problemi (a livello politico, sociale, economico, ecclesiale) con uno sguardo al «villaggio globale». Cresce sempre di più, anche nella Chiesa, il senso della solidarietà internazionale.

È importante che il senso dell'interdipendenza, della solidarietà, del confronto, del sostegno reciproco crescano sempre di più anche nella Congregazione.

Nel tentativo di cogliere alcune sfide comuni, laddove operiamo, sembra di poter evidenziare che le domande che ci interpellano di più sono le domande di

-relazione, affetto e famiglia (ragazzi abbandonati, ragazzi di strada),

-pane, istruzione, formazione e lavoro (abbandono scolastico, ambienti popolari, immigrazione giovanile),

-associazione e partecipazione (gruppi ricreativi, sportivi, culturali, formativi),

-protagonismo e impegno (volontariato, collaborazione),

-senso della vita (domanda di cultura, di valori, di spiritualità e di esperienze religiose autentiche).

Sotto il profilo educativo, si tratta di:

a) riconoscere i bisogni a partire dalle domande (priorità)

b) considerando i ragazzi e i giovani prima come risorsa che come problema

c) per fare con loro un cammino di crescita globale (ne perdantur)

d) attraverso una metodologia progettuale.


1.2. ALCUNI ELEMENTI DELLA TRADIZIONE EDUCATIVA GIUSEPPINA A PARTIRE DALLE SFIDE ATTUALI

A. Dal Murialdo ereditiamo un'attenzione irrinunciabile al contesto sociale, politico, religioso, culturale.

È l'ascolto dei segni dei tempi, che si esprime come

-attenzione alla dimensione culturale dell' educazione,

-capacità di incidere sulle cause socio-politiche dei problemi educativi,

-sforzo di comprensione delle evoluzioni culturali in atto.

B. Nel Murialdo e nella tradizione giuseppina troviamo l'opzione per gli ultimi; più specificamente, per «i giovani poveri, abbandonati e maggiormente bisognosi di aiuto e di cristiana educazione».

Le comunità giuseppine guardano alla realtà giovanile cogliendo prima di tutto i problemi e le sfide dei giovani «a rischio», devianti, senza lavoro, operai, lontani dalla comunità ecclesiale.

La scelta dei poveri suppone un atteggiamento spirituale·ed evangelico di condivisione e di accoglienza dei valori di cui sono portatori.

C. La finalità dell'educazione, nel Murialdo, è la salvezza (ne perdantur): l'incontro con Dio dà senso pieno alla vita dell'uomo. Ma se è vero che tutta la sua attività è attraversata da preoccupazione religiosa, è anche vero che, proprio per questo e nella logica dell'incarnazione, egli si fa carico di tutta la vita del ragazzo (bisogno di pane, di lavoro, di istruzione, di relazioni di famiglia). Il Murialdo parla ai giovani dell' amore di Dio, facendone fare loro esperienza, offrendo accoglienza e condivisione.


D. L'insistenza del Murialdo per la ben unita famiglia ci fa capire che

-l'azione educativa è un fatto di comunità,

-il «clima» di relazioni ha grande valenza educativa,

-il ragazzo non è l'utente di un servizio ma è parte della famiglia educativa,

-è importante stare insieme ai ragazzi con amicizia, cordialità, dolcezza (amici, fratelli e padri).

Lo stile della famiglia ben unita è, tra l'altro, una risposta particolarmente efficace in rapporto al processo di unificazione della personalità del giovane; esso ci spinge a farci carico di tutta la vita del giovane e di tutto l'iter della sua crescita.


E. Come il Murialdo, il giuseppino stabilisce coi ragazzi un rapporto di fiducia e di corresponsabilità. Egli

-crede nei ragazzi, anche in quelli più difficili,

-sa cogliere, al di là del limite, il potenziale positivo che c'è in ciascuno di loro basando su di esso il rapporto educativo,

-sa che il ragazzo è soggetto e non oggetto di educazione: egli è il primo protagonista della sua crescita,

-favorisce l'assunzione di responsabilità concrete.


F. Il Murialdo insegna a saper collaborare con chiunque sta facendo del bene (anche in istituzioni non proprie e anche rinunciando a ruoli direttivi).

Tale collaborazione va intesa nella corresponsabilità e in uno stile di partecipazione che si esprime anche nel progettare, attuare e verificare insieme le iniziative apostoliche.

Negli ultimi tempi è cresciuta in Congregazione la consapevolezza dell' «espansione carismatica»: il carisma del Murialdo è donato a tutta la Chiesa (non solo alla Congregazione) e può essere vissuto anche dai laici nella Famiglia del Murialdo.

Tutto ciò comporta un serio impegno delle comunità giuseppine per la formazione dei laici. 


G. Sulla scia del Murialdo vogliamo vivere la comunione con la Chiesa che, dal punto di vista apostolico, vuoI dire - nel suo contesto di svolta -epocale -dare il proprio specifico apporto per la nuova evangelizzazione.

A livello di chiesa locale, ci impegniamo

-a portare le istanze dell'universalità e dell'innovazione profetica,

-a risvegliare in tutti la coscienza delle sfide che vengono dal mondo giovanile e dall'emarginazione.


H. Deve esserci intima integrazione tra esperienza spirituale e esperienza pastorale (come è stato nel Murialdo). La dimensione del lavoro apostolico è espressione di santificazione; appartiene intrinsecamente, per noi giuseppini, alla consacrazione religiosa.

Basta pensare all'intima relazione che c'è nel Murialdo

- tra la personale esperienza dell'amore di Dio e l'orientamento di vita per i più poveri,

- tra la personale esperienza dell'incontro con Cristo e la capacità di riconoscere Cristo nel volto di ogni giovane.


2. GLI OBIETTIVI DELLA PASTORALE GIUSEPPINA


2.0. PREMESSA

Ciò che anima la nostra tradizione pedagogica giuseppina è la preoccupazione che i giovani, attraverso l'opera educativa e la persona degli educatori, possano fare l'esperienza di Dio Amore.

E' una preoccupazione tipicamente religiosa che porta gli educatori giuseppini a farsi carico non solo dell'annuncio evangelico ma di tutti i problemi umani. C'è un legame inscindibile tra istanza di fede e attenzione alle esigenze della persona in vista di uno sviluppo materiale e spirituale.

Quest'atteggiamento di fede, che diventa sguardo d'affetto, porta a cogliere le possibilità di cambiamento dei giovani e a considerare sempre possibile una loro crescita verso una vita vissuta con pienezza.

In tale prospettiva, come educatori giuseppini, rivolgiamo un' attenzione particolare alle forme di marginalità operando una scelta preferenziale per chi è meno dotato, povero, indi(ficoltà, e per la gioventù operaia, perché tutti, anche gli ultimi,. i lontani, gli esclusi possano percorrere il cammino che li porta all'incontro con Cristo.


2.1 GLI OBIETTIVI

Ispirato dalla visione del Murialdo, il sogno dell'educatore giuseppino è che il giovane sappia assumere fino in fondo la propria vita nella convinzione che la vera pienezza di umanità è la vita in Cristo.

E' un ideale di maturazione giovanile che il Murialdo tracciava con l'espressione buon cristiano e onesto cittadino. Oggi tale indicazione può essere ripresa con il motto: storicamente situato e cristianamente ispirato.

Pensiamo cioè a un giovane ricco di vita, gioia, speranza, passione liberatrice per l'uomo in termini comprensibili per i suoi contemporanei (storicamente situato), la cui ricchezza è impregnata di valori evangelici che si esprimono nel servizio e nel dono (cristianamente ispirato).

Per questo motivo nel lavoro pastorale l'educatore giuseppino si preoccupa della formazione integrale del giovane, aiutandolo a raggiungere la maturità umana e a crescere nella fede e nella gioiosa certezza che Dio lo ama personalmente.

Questa meta educativa può essere esplicitata attraverso tre obiettivi che segnano i punti di riferimento ideali del!'azione educativa.

Tali obiettivi, che esplicitiamo dalla prospettiva della nostra azione educativa e di testimonianza, andranno concretizzati in rapporto alle diverse aree geografico-culturali e a partire dalle concrete situazioni dei singoli giovani.


2.1.1. RENDERE PRESENTE CON LA VITA L'AMORE ACCOGLIENTE DI DIO

Nella fedeltà al motto fare e tacere, preoccupazione prima di noi educatori è che l'Amore di Dio trovi incarnazione nel nostro stile di vita, nelle scelte, nell'impegno, nella dedizione. E' un'istanza di formazione personale e di verità di vita per essere testimoni della trascendenza.

Questo orientamento di vita si specifica ulteriormente, ci impegna a

-accettare ogni giovane, specie chi fa più difficoltà, nella concretezza dei suoi valori e dei suoi limiti, aprendoci ad ogni domanda di vita;

-farci coinvolgere nella totalità dei bisogni del giovane in vista di un suo sviluppo globale;

-nutrire un profondo affetto per i giovani, considerandoli come figli e fratelli e offrendo loro possibilità di integrazione affettiva;

-far sperimentare il Dio amore con iniziative che siano effettiva risposta ai bisogni giovanili, caratterizzate da gratuità e concretezza.


2.1.2. PROMUOVERE NEL GIOVANE UNA PIENEZZA DI VITA

Nella prospettiva di una ben unita famiglia, consideriamo il giovane come un figlio donato e ci preoccupiamo di una sua crescita in pienezza. Siamo inoltre convinti che la nostra scelta di consacrazione in una comunità religiosa si esprime in un'azione progettata e condotta comunitariamente, che è garanzia di un intervento personalizzato e rispettoso della individualità giovanile e, contemporaneamente, opportunità grande per rispondere al bisogno di socializzazione e significatività di vita del giovane.

Tale obiettivo ci impegna a

-tendere all'educazione integrale, convinti che la ricerca di fede del giovane diventa tanto più libera, responsabile e matura .guanto più sviluppa la sua ricchezza in ogni aspetto (intellettivo, espressivo, reIazionale);

-preoccuparci non solo di una fase della crescita del giovane, ma dell'intero suo cammino formativo fino ad offrirgli concrete strade di impegno nel mondo adulto;

-aiutare il giovane a costruire la sua identità attorno a un progetto che dia senso all'esistenza; -favorire nel giovane l'apertura a tutta la realtà sociale, culturale e territoriale, alla storia e ai segni dei tempi;

-coinvolgere il giovane in scelte di servizio, aprendolo a una comunione più vasta con gli uomini dandogli le responsabilità che è in grado di assumersi.


2.1.3. COMUNICARE IL DONO DELLA FEDE

L'esperienza dell'Amore infinito, tenero, personale, misericordioso di Dio è sperimentato dal giovane nel contatto con adulti che si coinvolgono con totalità nelle necessità giovanili e il cui stile di vita invita a leggere la vita con profondità fino ad attingere alla realtà di Dio che spinge ad amare. Questo ci impegna ad un annuncio della fede che esprima anche le ragioni ultime delle nostre scelte, del nostro stile di vita, di tutta la nostra esistenza personale e comunitaria.

Per questo ci impegniamo a

-vivere l'appartenenza alla comunità religiosa e alla Chiesa, ritenendo il nostro cammino di fede strettamente legato a quello della comunità;

-aiutare lo sviluppo della ricerca religiosa del giovane, partendo dalla istanza di significatività che egli esprime e suscitando gli interrogativi fondamentali della vita;

-offrire la proposta esplicita di fede come rilettura, interpretazione e riespressione dell'autonoma ricerca di senso del giovane;

-celebrare la presenza del Signore, che scopriamo operante nel mondo e nel cuore dei giovani, nella preghiera personale e comunitaria;

-operare una lettura sapienziale della vita in atteggiamento di ricerca del senso presente in ogni realtà, nella certezza che esso si offre a chi è capace di sentire con profondità i problemi e cogliere le ansie e le attese di ogni uomo;

-far emergere le possibilità e le· istanze di bene che Dio ha posto nel cuore di ogni giovane rendendolo cosciente della chiamata a una vita vissuta in pienezza;

-aprire il giovane alla trascendenza coinvolgendolo nel servizio verso le persone più in difficoltà.


3. SPIRITUALITÀ EDUCATIVA E SCELTE DI METODO


3.0. PREMESSE

A. La nostra azione educativa è il luogo in cui testimoniamo e in cui -nello stesso tempo - facciamo esperienza dell'amore di Dio. Essa è attraversata dalla presenza dello Spirito. C'è pertanto un profondo legame

-tra la spiritualità e lo stile educativo,

-tra le scelte di metodo e gli atteggiamenti di fede che ispirano le nostre azioni.

Gli stessi obiettivi -così come sono stati esposti (dal punto di vista del nostro impegno come educatori e testimoni della fede) toccano elementi di spiritualità educativa giuseppina.

B. La nostra azione educativa ha una profonda dimensione comunitaria. Essa in realtà è affidata alla comunità giuseppina, che è chiamata a svolgere sempre più l'apostolato in unità di pensiero, di azione e di amicizia in modo da formare una famiglia educàtiva tutta concordemente impegnata per i giovani.

La comunità giuseppina gestisce l'azione educativa non in proprio ma nella corresponsabilità (di progettazione, di attuazione e di verifica) coi laici e coi giovani stessi.

Il Murialdo ripeteva sempre che l'educazione è opera comunitaria e che l'unità di intenti e di cuore è dovere essenziale e requisito indispensabile per rendere efficace la nostra presenza e la nostra opera. Questo lo chiamava: il nuovo sistema..

C. Il giovane, con la sua libertà e la sua irripetibilità è selnpre al centro del nostro interesse di educatori. La conoscenza delle scienze umane, delle metodologie, delle tecniche è valido aiuto per conoscere più profondamente il giovane e per operare educativamente; è un patrimonio di conoscenza che gli educatori devono possedere, ma che deve essere posto al servizio di persone concrete dando spazio alla libertà personale e all'intervento di Dio. La ricchezza umana e di fede e l'esperienza del mondo giovanile permettono agli educatori, di fronte al singolo giovane, di seguire percorsi educativi che applicano con libertà le progettazioni educative.


3.1. ELEMENTI DI SPIRITUALITÀ DELL'EDUCATORE GIUSEPPINO

La comunione coi giovani è qualcosa di totalizzante per noi giuseppini; è nel cuore della nostra esperienza di comunione con Dio.

L'azione educativa coinvolge profondamente la nostra vita ed è appello quotidiano ad essere sempre di più mediazione trasparente e credibile dell'amore di Dio.

Alla scuola del vangelo e del Murialdo maturiamo progressivamente alcuni atteggiamenti che danno efficacia all'impegno educativo, favorendo la crescita dei giovani e facilitando in essi l'esperienza del Dio-Amore.

Tali atteggiamenti, mentre incarnano uno stile educativo specifico, sono anche espressione della specifica spiritualità giuseppina..


3.1.1. L'ACCOGLIENZA... IN PARTICOLARE DEI PICCOLI E DEI POVERI

L'essere stati toccati personalmente da Dio che ci ama di amore infinito, gratuito e misericordioso ci porta a interpretare il rapporto educativo con la chiave dell'accoglienza.

Siamo stati accolti da Dio per accogliere gratuitamente.

D'altra parte, un processo di crescita nei ragazzi è possibile solo dentro un'esperienza e una relazione di accoglienza. Ciò vale in particolare per chi si sente più abbandonato.

Come giuseppini, memori della predilezione di Cristo per i fanciulli e dell'attenzione del Murialdo per gli ultimi e abbandonati, coltiviamo un'attenzione privilegiata verso i piccoli e i poveri.


3.1.2. SULL'ESEMPIO DI S. GIUSEPPE...

Siamo chiamati a riprodurre - attualizzandola - la preoccupazione educativa di S. Giuseppe, che ha preso a cuore Gesù fanciullo e adolescente, mettendosi a servizio della sua crescita in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli uomini. Affermava il Murialdo: agli occhi di Dio io tengo l'ufficio di S. Giuseppe in rapporto ai ragazzi, che sono altrettanti piccoli Gesù.

Il giuseppino pertanto da una parte riconosce nel ragazzo la presenza di Gesù, dall'altra sente di incarnare la paternità di S. Giuseppe.


3.1.3. L'UMILTÀ E LA CARITÀ

L'umiltà e la carità sono tratti tipici della relazione educativa giuseppina.

Umiltà è:

-mettersi a servizio dei ragazzi con semplicità e con fiducia nella Provvidenza e nell'azione patema di Dio;

-accettare noi stessi e gli altri, con le capacità e i limiti, i successi e gli errori, nella consapevolezza che l'ideale perseguito non è mai pienamente raggiunto;

-dedizione e laboriosità instancabile, caratterizzata dal fare e tacere, dalla gratuità e dal sacrificio che porta a dare la vita per chi ha bisogno.

Carità è:

-servizio generoso a favore dei piccoli a cui appartiene il Regno di Dio, con la disponibilità a perdere noi stessi per accogliere chi è più in necessità;

-uno stile di rapporto segnato da rispetto e dolcezza;

-l'atteggiamento che informa di sé le diverse scelte metodologiche, caratterizzando la nostra pedagogia come pedagogia dell'amore.


3.2. SCELTE DI METODO

Alla pastorale giuseppina appartengono quattro orientamenti di metodo fondamentali: la centralità del giovane, lo stile di famiglia, l'attenzione alla globalità, il coinvolgimento nella condivisione.


3.2.1. LA CENTRALITÀ DEL GIOVANE

Punto di partenza di ogni intervento educativo è il giovane nella sua realtà unica e irripetibile e nella concreta situazione in cui si trova.

A partire dal giovane l'intervento educativo si caratterizza per il senso della gradualità. Nella consapevolezza che lo sviluppo del giovane avviene per gradi, il giuseppino si sforza di centrare i compiti sulle capacità individuali, proponendo un cammino di progressione personale, con livelli diversi ed opportunità adeguate per la crescita nella responsabilità e nell' autonomia.

Proprio perché il giovane è al centro, l'impegno educativo si caratterizza ancora per il senso della continuità; idealmente è un impegno preso per sempre, che supera il formale rapporto istituzionale per seguire nel tempo chi ci viene affidato. Non è corretto infatti abbandonare ognuno al proprio destino e dimenticare lo spirito di famiglia con il quale si era impostata la relazione educativa.

La centralità del giovane richiede anche di privilegiare percorsi educativi di tipo esperienziale e induttivo

-che coinvolgano il giovane in pnma persona rendendolo protagonista della sua crescita,

-che permettano al giovane di fare quei passi di crescita che egli può concretamente fare nella situazione in cui si trova.

In quest'ottica è molto importante valorizzare l'esperienza di gruppo sia come prezioso strumento di crescita umana sia per favorire la crescita nella fede e la progressiva educazione alla dimensione ecclesiale.


3.2.2. LO STILE DI FAMIGLIA

Formare una sola ben unita famiglia è il sistema educativo proposto dal Murialdo; è uno stile che avvolge l'intera impostazione educativa e crea un clima in cui è possibile fare esperienza di, comunità, di significative relazioni pateme-fraterne-amicali, di crescita fino alla maturità e all'autonomia.

Ne scaturisce per la comunità educativa un orientamento continuo verso l'unità di pensiero, di azione e di amicizia, che significa integrazione tra laici e religiosi, autenticità e semplicità nei rapporti, un senso di appartenenza che accomuna tutti in vario modo nella Famiglia del Murialdo.

-Noi religiosi, esplicitamente chiamati ad essere padri e fratelli, abbiamo un compito di primaria importanza nell'essere una ben unitafamiglia in Cristo; è un compito di responsabilità e di coordinamento inerente alla fedeltà e allo sviluppo del carisma, di animazione spirituale e formazione dei laici.

-I laici, consapevoli della dignità battesimale, chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità, sono invitati a condividere il carisma e a partecipare all'unica missione educativa affidata alla comunità; nel rispetto delle competenze professionali, delle diversità delle circostanze e dello stato di vita, possono giungere anche a corresponsabilità direttive e gestionali.

-I giovani sono sollecitati progressivamente a vivere da protagonisti il cammino educativo. In sintonia col Murialdo che ha dato loro fiducia e ha fatto leva.sulle potenzialità insite in essi, occorre puntare sulla responsabilizzazione ed agire con loro piuttosto che per loro.


3.2.3. L'ATTENZIONE ALLA GLOBALITÀ

La pedagogia giuseppina si caratterizza per un'attenzione globale alla vita del giovane nelle sue varie dimensioni (fisica, intellettuale-professionale, relazionale-affettiva, sociale, morale, spirituale).

Il Murialdo accoglieva dichiaratamente i ragazzi per dare educazione, non solo istruzione, offrendo una via per diventare buoni cristiani e onesti cittadini, invitando a pregare, imparare, giocare. La Regola afferma che il giuseppino, nell'azione pastorale a favore dei giovani, si preoccuperà della loro formazione integrale, aiutandoli a raggiungere la maturità umana e soprattutto a crescere nella fede.

Tale orientamento mette in guardia dal fare pura trasmissione di cultura, semplice attività sportiva o solo catechesi, mentre c'è da offrire un ventaglio di proposte, in cui il giovane possa trovare risposta alle proprie esigenze, e più ancora una globalità di proposta all'interno di ogni singola iniziativa.

E' un orientamento che richiede attenzione a tutta la persona, alla complessità delle situazioni, ai condizionamenti ambientali e ad una progettualità mirata, in modo da non ricadere in attività isolate e strumentali; non è da trascurare l'inserimento sociale e la collaborazione con altre agenzie educative operanti sul territorio.

L'impegno per la salvezza terrena ed eterna dei giovani, il ne perdantur della tradizione, sottolinea l'integrazione dell'evangelizzazione e della promozione umana nell'unica missione -globale dell' azione pastorale.


3.2.4. IL COINVOLGIMENTO NELLA CONDIVISIONE

Questo orientamento di metodo suppone la convinzione che non è possibile stabilire un rapporto educativo mantenendo le distanze. La rigidità dei ruoli e dei programmi, anche il peso di istituzioni e strutture, ostacolano quella base necessaria di condivisione senza la quale diventa instabile ogni costruzione.

Il giuseppino - sull'esempio del Murialdo - sa essere amico dei ragazzi, si impegna a stare in mezzo ai giovani, con una presenza gioiosa e vigilante che si caratterizza per il coinvolgimento e la comunione di vita, il contatto quotidiano, gomito a gomito.

E' il condividere le· medesime condizioni e difficoltà, gioie e dolori, come tra fratelli ed amici, tra padre e figlio, mettendo a disposizione tempo, competenze, salute e quanto altro si è, nonché spazi ed investimento economico.


4. LA CENTRALITÀ DEL GIOVANE POVERO NEI DIVERSI CAMPI D'AZIONE

Gli obiettivi e le scelte di metodo delineati vanno specificati in rapporto ai diversi ambiti della pastorale giuseppina: oratori, scuole, mondo del lavoro, parrocchie, formazione professionale, accoglienza dei minori, missioni.... Questo è un compito che fa parte dell'impegno progettuale di ogni opera e che viene sostenuto dalla provincia.

A livello di «linee di pastorale giuseppina» è sembrato più opportuno richiamare «la centralità del giovane», e «del giovane povero in particolare», come attenzione che deve attraversare tutta la nostra pastorale in qualsiasi contesto culturale e in qualsiasi ambito si esprima.

Essendo stata questa una prospettiva privilegiata dell'ultimo Capitolo generale, è sembrato opportuno - più che preparare altri testi - riprendere integralmente la quarta parte delle «Deliberazioni del XIX Capitolo Generale»: «Solidali nella missione con i giovani nonostante la povertà delle persone e dei mezzi».


4.1 Solidali nella missione con i giovani nonostante la povertà delle persone e dei mezzi

«Giovane, dico a te, alzati!» (Lc 7,14).

Leonardo Murialdo sentì risuonare nel proprio cuore l'eco di questo appello quando sperimentò in modo personale l'amore misericordioso di Dio Padre.

Tale appello continua ancora oggi, attraverso la povertà della nostra persona, quando ci facciamo solidali con migliaia di giovani, come amici, fratelli, e padri, preoccupandoci della loro vocazione terrena ed eterna.

È questa la missione che abbiamo ricevuto nella Chiesa come figli spirituali del Murialdo, che siamo chiamati a svolgere, alla scuola di san Giuseppe, nello stile di una famiglia educatrice che «fa il suo annuncio di salvezza soprattutto con la testimonianza di amore e di gioia che nasce dalla fede in Cristo Salvatore» (Cost. 49).

Se il futuro della Chiesa e del mondo è racchiuso nel presente dei giovani, comprendiamo la grande responsabilità della nostra famiglia religiosa e di quanti, in comunione con noi, sono partecipi della nostra missione in questo scorcio del secondo millennio, nell'attuale chiamata alla Nuova Evangelizzazione.


4.2 I giovani al centro della nostra missione

4.2.1 Dio che ci ha chiamati e consacrati ci ha anche inviati. La nostra identità giuseppina si esprime necessariamente nella dimensione apostolica, e precisamente nella dedizione «ai giovani poveri, abbandonati e maggiormente bisognosi di aiuto e di cristiana educazione» (Cost. 1/b).

Questa è la nostra strada di santificazione nella Chiesa.

Riaffermiamo quindi la centralità del giovane, specialmente povero, nel nostro impegno apostolico personale e comunitario riconoscendo in lui lo stesso Cristo, figlio di Dio, significato ultimo della nostra esistenza e fonte di essa.

Confermiamo inoltre che, coerenti con l'ansia apostolica del Fondatore (ne perdantur), la nostra passione per i giovani è soprattutto passione per la loro piena realizzazione e salvezza.


4.2.2 Constatiamo con sofferenza che nelle nostre scelte apostoliche troppi fattori stanno offuscando e mettendo a rischio la centralità dei giovani, soprattutto di quelli più poveri:

il diffuso sentimento di inadeguatezza di fronte a tale apostolato (per età, insufficiente inculturazione e aggiornamento...); l'assorbimento in ruoli di gestione e amministrazione sempre più esigenti; la dispersione in apostolati non nostri anche se per richiesta dell'ambiente; la carenza di sufficienti mezzi specifici per tale apostolato; in alcuni casi anche una certa tendenza alla vita comoda.

Cristo, che «preso un fanciullo lo pose in mezzo» (Mc 9,36), ci chiama fortemente a ricollocare i giovani al centro della nostra missione e ci spinge a:

a. non stancarci di fare scelte significative, coraggiose e profetiche . in linea con la opzione evangelica e preferenziale per i poveri: «quanto più un giovane è povero ed abbandonato, tanto più è dei nostri» (san Leonardo Murialdo);

b. porre chiari segni in questa direzione, anche là dove offriamo dei servizi più generici;

c. assicurare i ritmi della nostra vita comunitaria e organizzare quelli delle opere partendo dalla priorità per i giovani;

d. essere attenti ai valori e· alle capacità di trasformazione e di profezia presenti nei giovani, lasciandoci convertire ed evangelizzare da loro;

e. uscire dai nostri ambienti per incontrare i giovani nella strada e nei loro luoghi di aggregazione.


4.2.3 Prendiamo decisamente coscienza che il ricollocare al centro i giovani specialmente quelli più poveri coinvolge ogni giuseppino (qualunque sia l'età e il ruolo) attraverso l'amore e la preghiera per i giovani, l'accoglienza di essi, le attività concrete, il sostegno e non la critica negativa ai confratelli che vi si dedicano. Inoltre impegna ogni settore delle nostre opere (si tratti di centri giovanili o di scuole, di parrocchie o di centri professionali.. ~) :

-a verificare se la distribuzione delle forze e delle strutture è coerente con la scelta privilegiata dell' apostolato giovanile;

- ad aprire con maggior coraggio le porte di casa nostra e condividere con i giovani più sensibili momenti di vita, di preghiera e di fraternità;

-essere, nella società e presso le autorità competenti, voce di chi non ha voce (ragazzi di strada, giovani immigrati, nomadi...);

-ad offrire luoghi e tempi specifici di accoglienza gratuita e preferenziale per i giovani poveri;

-a preferire strutture povere, flessibili e polivalenti aperte alla massa evitando il lusso che allontana i ragazzi poveri; -ad avviare iniziative segno che abbiano carattere esemplare e siano facilmente riproducibili;

-a preoccuparci che effettivamente si cammini verso l'utopia nella parrocchia giuseppina nessun ragazzo senza famiglia, promuovendo nelle famiglie lo spirito di accoglienza e di solidarietà;

-ad offrire gratuitamente forme di sostegno e di recupero scolastico ai giovani più poveri;

-a sviluppare una pastorale con i giovani lavoratori privilegiando nella preparazione professionale quelli a più bassa scolarizzazione, promuovendo anche forme di inserimento lavorativo (scuolabottega...) e di avvio in proprio al lavoro (cooperative, artigianato ...);

-a sensibilizzare tutti i giovani alle necessità e ai problemi dei loro coetanei più bisognosi.


4.3 Una missione attuata come famiglia educativa

4.3.1 La comunità religiosa, attraverso la testimonianza di trascendenza e l'irradiazione del carisma giuseppino per i giovani poveri nello stile della famiglia di Nazaret, diviene dono per la Chiesa locale, segno per il territorio, luogo di speranza e di risposta a molte aspirazioni spirituali.

L'ecclesiologia di comunione, la nostra tradizione educativa, le esigenze di collaborazione, di partecipazione e di interdipendenza nel mondo di oggi e anche la povertà delle persone e dei nostri mezzi di fronte alla complessità dell'azione educativa, ci portano a progettare, gestire e verificare insieme l'azione apostolica.

Mettere il giovane al centro non può essere quindi preoccupazione esclusiva di noi religiosi giuseppini. La dimensione apostolica della comunità religiosa trova perciò la sua concreta espressione nei confratelli che sono chiamati a formare la comunità educativa con i laici e i giovani.


4.3.2 Tale comunità educativa ha la missione, in modi e misure diverse e attraverso adeguata formazione:

-di scoprire e fare propri i valori evangelici, del giovane e del povero;

-di fare proprio il carisma giuseppino vivendolo, approfondendolo, attualizzandolo nell'ambiente;

-di elaborare progetti educativi e pastorali con spirito di partecipazione;

-di camminare verso una sempre maggiore corresponsabilità fino a una cogestione dell'opera.

Essa, animata dallo Spirito, realizza il progetto educativo con l'apporto specifico di ogni sua componente:

-i religiosi, testimoni di trascendenza, di comunione e di vita fraterna;

-i cristiani laici, protagonisti nella Nuova Evangelizzazione;

-i giovani, protagonisti essi stessi della loro formazione, forza rinnovatrice della Chiesa e speranza del mondo;

-le famiglie dei giovani e in particolare i genitori, primi responsabili dei loro figli e primi loro educatori nella fede.

Convinta che se non c'è unione di sforzi il problema giovanile sarà senza soluzione, la comunità educativa è chiamata a reiazionarsi in un'azione di rete con

-la Chiesa locale, di cui fa parte e nella quale opera;

-gli organismi di stato e le forze sociali, in quanto responsabili della gioventù e dei problemi relativi ad essa;

-le forze che operano nel vasto mondo del volontariato nazionale e internazionale.


4.4 Facciamo il bene, facciamolo bene

L'insegnamento e l'esempio del Murialdo, il mandato specifico della Chiesa che ha riconosciuto il nostro carisma, l'amore ai giovani e la responsabilità verso le loro famiglie e l'intera società ci spingono ad impegnarci più fortemente sulla qualità del nostro apostolato.

È la testimonianza fedele, gioiosa e credibile della nostra vita fraterna che qualifica la nostra attività apostolica: evangelizziamo se ciò che facciamo è segno di donazione totale a Dio, di accoglienza piena dei giovani e trasmissione esperienziale di valori.

Siamo chiamati (persone e comunità) a qualificare il nostro apostolato attraverso un attento processo di inculturazione che ci porti a metterci in ascolto delle domande del territorio, a capire i linguaggi giovanili e a comunicare con loro sulla stessa lunghezza d'onda; diventa quindi necessario evitare anche una eccessiva itineranza apostolica dei confratelli.

Occorre qualificarci e riqualificarci sempre più nella pastorale giovanile in quanto tale sia durante la formazione iniziale come in quella permanente anche con appositi itinerari di provincia e di congregazione e assicurare, nei nostri orari di lavoro, tempi adeguati da dedicare allo studio.

Il nostro apostolato tenga presenti tre livelli qualitativi di intervento: assistenziale, promozionale e di liberazione sia a livello di persone che di strutture sociopolitiche.

Dobbiamo inoltre qualificarci attraverso una maggiore aderenza allo stile proprio giuseppino di essere apostoli, come ad esempio lo stare in mezzo ai giovani, il condividere i loro momenti di gioia e di dolore, in umiltà e carità, con dolcezza e attenzione personalizzata, favorendo un clima di famiglia, promuovendo la pedagogia dell'amore e dell'educazione del cuore.


4.5 Alcune scelte operative

Lo Spirito che guida incessantemente la Chiesa accompagna anche la nostra famiglia religiosa nell'identificare nei diversi tempi e luoghi le scelte operative più opportune per la nostra pastorale giovanile a livello locale, provinciale e generale.

4.5.1. A livello locale

Nei processi educativi vanno messi in atto:

-itinerari diversificati e progressivi che partendo dalla reale situazione del giovane lo facciano crescere nella sua sensibilità religiosa fino all'incontro con il Cristo del Vangelo. Il confronto con la parola di Dio, cammini di preghiera, la direzione spirituale e l'aiuto nel discernimento vocazionale condurranno il giovane ad un impegno di missionarietà a partire dal proprio ambiente;

-itinerari fonnativi che a partire dalle grandi tematiche proprie del mondo giovanile di oggi -pace, fratellanza tra i popoli, giustizia sociale, ecologia... -aiutino il giovane ad essere protagonista nella società e nel mondo di domani.

4.5.2. A livello provinciale

a. Riorganizzazione delle attività e delle opere

Pur riconoscendo che nessun taglio è indolore, occorre ormai prendere con coraggio quelle decisioni e compiere quelle scelte, finora piuttosto rinviate, capaci di rinnovare veramente la nostra presenza e la nostra azione apostolica con una scelta di campo decisamente e più visibilmente orientata secondo il carisma. .,. Si tratta anzitutto di porre mano a una revisione delle ·strutture che può significare:

-in qualche caso il ridimensionamento o anche la chiusura di qualche opera, anche per investire il ricavato in altre strutture in territori di missione;

-in altri casi la riorganizzazione per gestire anche insieme con altri enti o laici determinate attività;

-in certi casi la decisione di trasferire la nostra presenza dove il bisogno sia maggiore;

-in altri ancora, se necessario, la ristrutturazione di qualche opera perché risponda meglio al nostro carisma apostolico.

Un coerente impegno in questa linea potrà favorire la presenza della congregazione in nuove aree geografiche.

Dove necessario o opportuno i capitoli provinciali di seconda fase affianchino al consiglio provinciale una commissione che studi ed elabori modalità concrete per una reale riorganizzazione delle opere della provincia.

b. Ogni provincia abbia la Commissione di pastorale giovanile con un responsabile che, per preparazione e disponibilità di tempo, svolga il compito di coordinare la commissione stessa con le seguenti finalità: animazione nelle singole comunità educative; promuovere e gestire iniziative comuni; collegarsi con la pastorale vocazionale e seguire la Famiglia del Murialdo.

c. Nella programmazione provinciale:

-vengano indicate risposte concrete· alle principali sfide educative del territorio (come ad esempio «la cultura di morte e violenza», «l'ingiustizia sociale», il «relativismo morale» ....);

-vengano stabilite linee operative per la formazione di operatori laici di pastorale giovanile, quali ad esempio: investire in persone e mezzi economici, promuovere incontri e scuole di formazione con itinerari sistematici, creare sussidi per la realizzazione di cammini formativi;

-impiegare a tempo pieno, dove le esigenze lo richiedono, operatori laici di pastorale giovanile, da noi adeguatamente preparati.

d. Per quanto riguarda l'emarginazione da droga, Aids, prostituzione minorile, ecc..., rispondiamo in quanto amici, fratelli e padri, facendoci carico del problema non tanto attraverso la creazione di strutture nostre, quanto piuttosto sensibilizzando la società e le pubbliche istituzioni a dare risposte adeguate e interagendo con le realtà che operano in questi ambienti.

4.5.3. A livello centrale

Il consiglio generale formi un gruppo di studio internazionale che porti a termine le Linee di pastorale giuseppina, promuova una riflessione sistematica sulla pastorale giovanile, elabori sussidi e favorisca l'interscambio delle esperienze di pastorale giovanile.





Linee di Pastorale Giuseppina (1996) .pdf (2,0 Mb)

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