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Regola 2007: Direttorio




DIRETTORIO




VITA CONSACRATA

1.- I confratelli approfondiscano costantemente la conoscenza della vita e del carisma del Murialdo, la storia della congregazione e la sua tradizione, in modo da incarnare nella propria spiritualità, nell’apostolato e in tutta la vita quello stile giuseppino che è il loro modo specifico di essere religiosi nella Chiesa1.

2.- Secondo la tradizione della congregazione, i confratelli vestono in forma modesta e dignitosa, come richiede la loro consacrazione a Dio e la loro missione di educatori2. I confratelli chierici si attengano, per l’abito, alle norme stabilite dalla conferenza episcopale e alle legittime consuetudini locali3.


VITA POVERA

3.- Le comunità e le province della congregazione diano esempio di povertà collettiva mettendo generosamente in comune i loro beni, ricordando che la congregazione è un’unica famiglia4.

A questo scopo ogni comunità e ogni provincia contribuiscano con generosità al fondo comunione dei beni, istituito in ogni provincia e nell’amministrazione centrale.

4.- I confratelli ricerchino una vita sobria e diano prova di povertà nel vitto, nel vestito, nella suppellettile5, nell’uso dei mezzi, nei viaggi, nei divertimenti e nelle abitudini personali; sappiano accettare volentieri i disagi della vita e rinunciare a quelle possibilità di consumo che non costituiscono una vera esigenza6.

Evitino ogni spreco ed ogni spesa superflua; si interessino dei problemi economici della comunità ed abbiano cura degli ambienti e delle cose di uso comune7.

Rendano conto ogni mese al direttore del denaro ricevuto e amministrato8.

5.- I superiori provvedano il necessario ai confratelli; con spirito di servizio esortino e vigilino perché la vita della comunità e dei singoli sia veramente da poveri, richiamando con umiltà e coraggio coloro che mancassero9.

6.- Il novizio che possiede dei beni, prima della professione deve cederne l’amministrazione a persona di sua fiducia, disponendo liberamente con atto legale dell’uso e dell’usufrutto in favore di chiunque egli voglia, ma non potrà disporne per il suo uso personale. Può invece destinare l’usufrutto ad incremento del proprio patrimonio. Similmente deve procedere il confratello che avesse ricevuto dei beni dopo la professione.

All’età stabilita dalla legge civile, o in ogni caso prima della professione perpetua, ogni confratello deve disporre liberamente, con testamento valido anche civilmente, dei suoi beni10.

7.- Con l’autorizzazione del superiore maggiore, i professi possono mutare la cessione e le disposizioni relative ai propri beni e cambiare il proprio testamento. Ugualmente possono compiere quegli atti di proprietà che sono prescritti dalle leggi civili, con l’autorizzazione, in casi urgenti, del solo direttore11.

Tutti i documenti relativi agli atti giuridici connessi con il voto di povertà saranno conservati nell’archivio della provincia.

8.- Ai confratelli che lasciano la congregazione o che vengono dimessi, si devono restituire i beni patrimoniali ai quali avessero rinunciato in favore della congregazione, sempre che ne facciano domanda per scritto.


VITA CASTA

9.- I superiori facciano in modo che la vita di pietà, lo studio, il lavoro, l’apostolato e tutte le attività dei confratelli consentano loro di sentirsi realizzati come persone consacrate a Dio.

Ogni confratello, tuttavia, ricordi che la propria realizzazione non si fonda primariamente su valori umani, ma nella risposta alla vocazione giuseppina e nell’adesione alla volontà di Dio.

10.- La fedeltà alla castità consacrata esige serena ed assidua vigilanza su se stessi.

I confratelli la custodiscano con una vita che non accondiscenda alle inclinazioni della natura umana, quali la ricerca delle comodità o la libertà dei sensi.

Valorizzino poi quei mezzi umani che favoriscono la serenità psicologica, come la sobrietà, la distensione, l’esercizio fisico, il lavoro gioioso e il riposo conveniente. Sviluppino le doti del cuore, quali l’amicizia, la benevolenza, la pazienza, la discrezione e la gentilezza del tratto.

Inoltre, nel loro apostolato i confratelli sappiano difendersi con sincerità e decisione da quelle inclinazioni del sentimento e da quelle relazioni affettive che contraddicono la scelta fatta.


VITA OBBEDIENTE

11.- I confratelli sappiano scoprire la volontà di Dio nelle situazioni concrete di ogni giorno, nelle disposizioni dei superiori, nei trasferimenti anche come segno di povertà e di spirito di famiglia, come pure nel cambio di ufficio, con la disponibilità di chi è consapevole che la vita è sempre guidata paternamente da Dio che vuole il nostro bene, anche se chiede il sacrificio.

12.- Il dialogo tra i superiori e i confratelli sia espressione della comune ricerca della volontà di Dio, di compartecipazione e di unione nella congregazione.

Quando nel discernimento comune ci fossero divergenze di valutazioni tra i singoli confratelli o tra le comunità e i superiori ai diversi livelli, senza sfiducia né chiusure si prosegua il dialogo fraterno.

Tentate tutte le vie suggerite dalla buona volontà, i confratelli accettino la disposizione data con fiducioso abbandono a Dio Padre, ricordando che, in forza del voto, la decisione finale spetta al superiore, la cui presenza e il cui riconoscimento sono indispensabili nella vita religiosa.

Il ricorso ad un’autorità superiore potrà offrire nuove possibilità di soluzione12.

13.- Solo i superiori maggiori possono comandare con l’intenzione esplicita di vincolare in forza del voto; lo faranno, tuttavia, con prudenza e quando lo richieda qualche grave ragione. In tali casi la decisione formale verrà data per scritto.


VITA COMUNITARIA

14.- I confratelli amino la propria comunità e siano lieti di stare insieme nella fedeltà alle esigenze della vita comune. Pertanto, non si assentino e non dimorino fuori casa se non per giusti motivi e sempre con l’autorizzazione del direttore13.

15.- Lo spirito di famiglia faciliterà le relazioni tra i confratelli e aiuterà a praticare quelle virtù che tanto contribuiscono ad una vita comunitaria serena, quali la sincerità d’animo, la costanza e la fedeltà agli impegni, l’amore alla giustizia, la reciproca stima e fiducia, la lealtà, la discrezione, il rispetto dell’opinione e della personalità altrui e la gentilezza del tratto14.

16.- Particolare aiuto per la crescita dello spirito di famiglia è dato, nella vita comunitaria, dall’incontro dei fratelli intorno alla stessa mensa, dai momenti di distensione e dalla celebrazione delle varie ricorrenze personali, di comunità e di congregazione15.

17.- La serenità della vita comunitaria è favorita anche da un orario conveniente, che deve essere osservato da tutti come un preciso impegno di carità, e da una saggia organizzazione che assicuri ad ogni confratello tempi di preghiera, di lavoro, di studio e di sollievo.

18.- Le comunità siano aperte ad una sincera e cordiale ospitalità, specialmente verso i confratelli16.

Tuttavia, per meglio rispondere alle esigenze della vita religiosa, nelle case vi sia una parte destinata esclusivamente ai confratelli dove sia garantito un ambiente di raccoglimento e di silenzio. Ad essa non abbiano accesso altre persone se non per giusti motivi17.

19.- I confratelli anziani e ammalati siano seguiti spiritualmente e preparati, quando è il momento, all’incontro con il Signore18.

20.- Per sostenere la vita religiosa giuseppina, il direttore animerà fortemente e soavemente la vita spirituale ed apostolica dei confratelli19, favorirà la carità fraterna20 e il discernimento comunitario. A tale scopo si servirà dei frequenti incontri comunitari e, in particolare, della conferenza spirituale settimanale21.

È suo dovere anche conoscere i confratelli singolarmente, attraverso il dialogo personale, perché tutti siano valorizzati e resi corresponsabili nella vita e nella missione della comunità. Avrà, poi, parole di aiuto e di incoraggiamento per i deboli e saprà correggere chi mancasse22.

Favorirà, inoltre, fraterne relazioni e concreta collaborazione con le comunità vicine.

21.- I confratelli riconosceranno nel direttore l’aiuto e la guida per la loro vita religiosa comunitaria e personale. Per questo volentieri condivideranno le gioie e le difficoltà del suo servizio e avranno con lui cordiale amicizia, apertura d’animo e docile disponibilità23.

22.- Il direttore partecipi e faccia partecipare i confratelli alle gioie e ai dolori di ciascuno; si preoccupi della loro salute e delle loro necessità e si interessi dei loro familiari.

In particolari circostanze o ricorrenze venga celebrata la santa messa secondo le intenzioni dei singoli confratelli. Il direttore sappia prevenire questo loro desiderio.

23.- I confratelli ricordino spesso al Signore i loro fratelli defunti con preghiere di suffragio; in particolare, si celebrino in ogni comunità:

- almeno due sante messe per ciascun confratello o novizio defunto;

- una santa messa ogni mese per tutti i defunti della congregazione;

- una santa messa alla morte dei familiari dei confratelli della comunità;

- una santa messa ogni anno per i benefattori defunti.

Nel mese di novembre ogni sacerdote celebri una santa messa per tutti i defunti della congregazione24.

In casi particolari, i superiori maggiori possono prescrivere speciali suffragi per alcuni confratelli.

24.- I confratelli defunti vengano sepolti possibilmente in tombe della congregazione, tenute con decoro e semplicità e frequentemente visitate; di essi si conservi l’elenco e una breve memoria in ogni comunità.

25.- Il confratello giuseppino, che ha lasciato la propria famiglia per seguire Cristo, conserva integro l’affetto per i suoi familiari e potrà fare loro visita secondo il Regolamento provinciale25.

Riconoscendo nei familiari dei confratelli i principali benefattori, la congregazione manterrà sempre con loro rapporti di amicizia e, tramite il superiore provinciale, procurerà di aiutarli qualora essi si trovassero in difficoltà economiche26.


VITA DI PREGHIERA

26.- La celebrazione dell’Eucaristia sia preceduta e seguita da una conveniente preghiera personale27.

Per quanto possibile, si favorisca nella comunità la concelebrazione, che esprime e rinsalda il vincolo di carità fra i confratelli.

27.- Nelle comunità si cerchi di celebrare insieme le lodi e i vespri, che sono le ore principali dell’ufficio divino. I confratelli chierici, in forza del mandato ricevuto dalla Chiesa, sono obbligati a recitare ogni giorno la Liturgia delle ore28.

28.- Nello spirito di conversione hanno il loro valore le penitenze sia personali che comunitarie. Queste ultime potranno essere determinate dalla comunità e dai superiori maggiori con il consenso dei rispettivi consigli29.

29.- Ogni mese i confratelli faranno il ritiro spirituale e ogni anno, per la durata di almeno sei giorni, gli esercizi spirituali, al termine dei quali la rinnovazione della consacrazione religiosa sarà l’espressione più significativa della volontà di conversione interiore.

30.- I confratelli dedichino ogni giorno almeno mezz’ora per la meditazione e un tempo conveniente per la lettura spirituale30.

31.- Ogni comunità si riunisca quotidianamente per almeno mezz’ora di preghiera31. In essa, secondo la tradizione, si valorizzino frequentemente le devozioni all’Eucaristia, alla Passione del Signore e al Sacro Cuore, espressioni dell’amore infinito e misericordioso di Dio, alla Vergine Maria, a san Giuseppe e a san Leonardo Murialdo. Inoltre, siano temi per la preghiera l’abbandono alla Provvidenza, il compimento della volontà di Dio, le virtù dell’umiltà e della carità. Raccomandino al Signore anche i giovani32, i benefattori e tutti coloro che partecipano al carisma del Fondatore.

Le modalità di questo e di altri incontri di preghiera comunitaria siano programmate insieme e opportunamente verificate.

32.- I confratelli esprimano la devozione alla Vergine Immacolata con le forme raccomandate dalla tradizione cristiana e dalla congregazione, in particolare con la recita quotidiana del rosario33.

33.- I confratelli onorino e invochino spesso san Giuseppe, in particolare il mercoledì, giorno a lui dedicato34. In tale giorno si celebri in ogni comunità una messa per le necessità della congregazione35.

34.- Durante il corso dell’anno si distinguano le feste di san Giuseppe, della Vergine Immacolata, del Sacro Cuore e di san Leonardo Murialdo con solennità e conveniente preparazione36.

Venga ricordata con particolari preghiere la ricorrenza dei patroni della congregazione: gli Angeli Custodi, san Luigi Gonzaga, san Girolamo Emiliani, san Giuseppe Calasanzio, san Filippo Neri, san Francesco Saverio, san Vincenzo de’ Paoli, san Giovanni Battista de la Salle, san Giovanni Bosco, santa Teresa di Gesù e san Pio X37.

Sia data anche la dovuta importanza alle devozioni proprie dei luoghi dove è presente la congregazione.


VITA APOSTOLICA

35.- La congregazione potrà attuare il suo apostolato specifico attraverso istituzioni diverse, quali gli oratori, le case famiglia, le colonie agricole, gli istituti di rieducazione, i convitti, le scuole, le opere per orfani, i centri giovanili, sociali e di preparazione al lavoro, le missioni e le parrocchie. Queste ultime saranno situate in zone popolari, che offrono un adeguato campo di servizio alla gioventù più bisognosa38.

I criteri che verificano la validità delle istituzioni giuseppine sono la dedizione costante alla gioventù povera, l’utilità per l’ambiente e la chiesa locale, la testimonianza di un servizio cristiano, l’attualità ed efficacia dei metodi educativi, la collaborazione con i laici e, normalmente, anche la sufficienza economica.

36.- La congregazione potrà aprirsi ad iniziative rispondenti al proprio carisma anche al di fuori delle istituzioni proprie, sempre nel rispetto delle esigenze della vita comunitaria e della programmazione39.

Singoli confratelli possono avere doni personali e particolari intuizioni in relazione a nuove necessità apostoliche. Le iniziative corrispondenti trovano la loro legittimità nell’approvazione dei superiori. In tal caso la comunità ne accompagni la verifica e l’attuazione40.

37.- Nella formazione spirituale dei giovani sarà tenuta presente in modo particolare la fondamentale importanza che ha, per la loro maturazione cristiana, la celebrazione cosciente dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia41 e l’aiuto di un consigliere spirituale.

Nella catechesi e nella preghiera si valorizzino adeguatamente i tempi liturgici e si dia la dovuta importanza alla devozione al Sacro Cuore, alla Vergine Immacolata, a san Giuseppe e a san Leonardo Murialdo, celebrando con particolare preparazione e solennità le loro feste42.

38.- I confratelli sappiano vivere con i giovani momenti particolari di preghiera e di riflessione, quali gli esercizi spirituali, i ritiri, gli incontri e altre forme adatte al loro grado di maturità. Inoltre, i giovani potranno essere invitati ad alcuni momenti di preghiera della comunità e i confratelli cercheranno occasioni per pregare con loro43.

39.- Le attività ricreative, sportive e culturali, i mass media, specie la stampa, sono di grande aiuto per la formazione dei giovani44. Sull’esempio del Murialdo, i confratelli sappiano giovarsene nell’opera educativa, rendendo capaci i giovani di prudente discernimento e di senso di responsabilità.


FAMIGLIA DEL MURIALDO

40.- La ricchezza del carisma del Murialdo si manifesta in pienezza quando si concretizza nei diversi modi di vivere la vita cristiana e fa maturare una comunione di vocazioni. I confratelli sentono un vincolo spirituale che li costituisce in Famiglia del Murialdo con tutti coloro che, pur in stati di vita diversi, hanno ricevuto, insieme con loro, il dono dato da Dio al Fondatore.

41- I confratelli, considerandosi i primi depositari di un carisma che è dono dello Spirito alla Chiesa per l’utilità comune, alla luce dell’ecclesiologia di comunione sentono rafforzata la loro identità all’interno della più vasta realtà spirituale denominata Famiglia del Murialdo in cui si dilata il carisma del Fondatore.

42.- La congregazione riconosce soprattutto nella congregazione sorella delle Suore Murialdine di san Giuseppe, anch’esse impegnate nella missione apostolica affidata da san Leonardo Murialdo ai suoi discepoli, una testimonianza del suo spirito nella Chiesa.

Nel rispetto della loro autonomia, i confratelli siano disponibili a prestare loro servizio spirituale e promuovere vocazioni per la loro congregazione. Siano aperti alla mutua collaborazione nella pastorale giovanile vocazionale, nella formazione e nelle attività di apostolato.

43.- Nell’ambito della Famiglia del Murialdo acquistano particolare significato le aggregazioni di persone consacrate o le associazioni di fedeli laici che si ispirano a san Leonardo Murialdo.

La congregazione, consapevole che ogni cristiano è chiamato a rispondere alla propria vocazione battesimale nel servizio apostolico, riconosce particolarmente quei laici che, attraverso un cammino di formazione e l’impegno di una più stretta appartenenza, giungono a partecipare per vocazione e nel modo loro proprio alla spiritualità del Murialdo45.

44.- La congregazione riconosce inoltre nei collaboratori, negli amici ed ex allievi, nei benefattori e nelle mamme apostoliche una presenza e una testimonianza significativa della sua missione educativa. Essi, infatti, condividono l’apostolato della comunità religiosa, aiutano i giovani ad inserirsi nella società e diffondono la stima per l’opera.

45.- In ogni opera si favorisca l’istituzione dell’associazione amici ed ex allievi e se ne affidi l’assistenza religiosa e la formazione cristiana ad un confratello. Conoscendo, infatti, lo spirito giuseppino, essi possono partecipare con identità di scopi e maggiore efficacia all’apostolato e alla vita dell’opera e della congregazione.

Tale associazione potrà darsi statuti propri ai vari livelli.

46.- Gli aggregati trovano espressi i loro diritti e doveri in un apposito regolamento, promulgato dal superiore generale col suo consiglio. In esso sono indicati i criteri di discernimento e la convenzione da stipulare con la congregazione stessa.


FORMAZIONE

47.- I confratelli, per la loro continua formazione, valorizzeranno anzitutto la direzione spirituale, un serio studio personale e ciò che offre la comunità, come il dialogo personale con il direttore, le conferenze settimanali, i ritiri ed esercizi spirituali e gli incontri comunitari. Inoltre, sapranno trarre profitto dalla partecipazione a corsi di aggiornamento, convegni, settimane di studio ed esperienze, organizzati sia all’interno che all’esterno della congregazione46.

48.- Ogni confratello si impegni a far crescere nelle opere un clima di intensa vita cristiana e a promuovere associazioni e gruppi caratterizzati da un forte impegno di preghiera e di apostolato, condizioni favorevoli per il sorgere delle vocazioni.

Secondo la tradizione, i confratelli accoglieranno e accompagneranno con speciale attenzione i giovani aperti a una prospettiva di vita consacrata e sacerdotale47.

Nel suo ministero ogni confratello presenti ai giovani la vocazione giuseppina come una concreta possibilità di impegno per la promozione umana e di collaborazione al progresso del Regno di Dio. A questa opera siano interessati i genitori, gli insegnanti, gli educatori e l’associazione delle mamme apostoliche.

49.- Alla promozione vocazionale siano destinati più specificamente alcuni confratelli che avranno anche il compito di coordinare la pastorale delle comunità in questo settore.

50.- Il cammino formativo dei confratelli, dal postulato alla professione perpetua e agli ordini, è delineato più particolarmente nel documento Linee di formazione giuseppina e da un apposito regolamento degli studi, tenendo presenti le dimensioni morale, religiosa, intellettuale e pastorale48.

51.- Il postulato ha normalmente la durata di sei mesi e deve svolgersi possibilmente in una casa apposita o in una comunità adeguata per questa esperienza.

Esso ha lo scopo di aiutare i candidati a chiarificare la propria vocazione soprattutto nella preghiera e nella vita di comunità e offre alla congregazione l’opportunità di conoscerli e di valutarne l’attitudine alla vita giuseppina.

52.- Spetta al superiore provinciale accertarsi che il postulante abbia tutti i requisiti previsti dal diritto comune49 e, con il consenso del suo consiglio, ammetterlo al noviziato, tenendo presente la relazione della comunità riguardante la sua maturità umana e spirituale ed altre eventuali indicazioni circa la sua idoneità.

53.- Possono essere ammessi al noviziato quei giovani che, oltre aver compiuto diciassette anni, hanno salute, indole adatta, sufficiente istruzione e maturità per intraprendere liberamente la vita in congregazione.

54.- Il noviziato ha inizio con l’iscrizione nell’apposito registro.

Il rito di iniziazione potrà essere celebrato qualche giorno dopo l’ingresso.

Per la validità del noviziato si richiedono dodici mesi di permanenza nella sede appositamente designata.

L’assenza continua o interrotta che superi complessivamente i tre mesi rende invalido il noviziato; quella, invece, che superi i quindici giorni deve essere supplita.

55.- Nel primo periodo del noviziato vi sia un corso di esercizi spirituali. La loro organizzazione e la loro durata siano adattate alle esigenze e al grado di maturazione dei novizi.

56.- Il maestro dei novizi deve essere uomo di preghiera e di buona preparazione dottrinale, aperto alla mentalità dei giovani e ai problemi contemporanei, distinto per amore alla Chiesa e alla congregazione.

Egli è nominato dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio e il nullaosta del superiore generale col suo consiglio.

Periodicamente informerà per scritto il superiore provinciale su ciascun novizio.

57.- La formazione dottrinale e pratica dei novizi sia perfezionata con la guida di persone qualificate, attraverso studi di Sacra Scrittura, liturgia, teologia della vita religiosa, teologia spirituale, carisma giuseppino, storia e Regola della congregazione, come pure affrontando i problemi propri dell’età e della psicologia dei novizi stessi.

Per assicurare il raggiungimento di tali obiettivi, i novizi non siano occupati in studi o incarichi non direttamente finalizzati alla loro specifica formazione.

58.- Durante l’anno di noviziato vi siano opportune esperienze di attività educativa e apostolica tra i giovani, allo scopo di far conoscere concretamente ai novizi la vocazione giuseppina, saggiarne le attitudini e prepararli gradualmente alla vita futura.

59.- Il superiore provinciale può autorizzare la comunità dei novizi a trasferirsi, durante determinati periodi, in altra casa della congregazione da lui designata, per provvedere in maniera più idonea a talune esigenze della formazione50.

60.- Il tirocinio potrà essere prolungato oltre i due anni o ridotto in casi eccezionali.

Durante questo periodo potranno essere fatti studi in vista del conseguimento di titoli accademici secondo le necessità della congregazione e delle province, ma sempre garantendo l’esperienza e gli obiettivi propri di questa tappa formativa.

61.- Prima di iniziare gli studi più propriamente teologici, o comunque prima della professione perpetua, i confratelli devono dichiarare se intendono accedere al sacerdozio.

Spetta al superiore provinciale accettare tale scelta e risolvere eventuali situazioni di incertezza.

I confratelli laici potranno ricevere i ministeri secondo le norme della Chiesa.

62.- Le comunità di formazione saranno animate dalla Parola di Dio, incentrate nell’Eucaristia e sostenute dalla carità. In esse sarà particolarmente curata la formazione religiosa nello spirito del carisma giuseppino, armonizzando, con l’impegno e le esigenze della vita comunitaria e dello studio, un graduale inserimento nell’attività pastorale giovanile in rapporto continuo con la vita della congregazione.

Anche le vacanze annuali saranno vissute in questa prospettiva apostolica.

63.- Spetta al superiore provinciale, con il consenso del suo consiglio, ammettere alla prima professione, alla rinnovazione dei voti, ai ministeri e, con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio, alla professione perpetua e agli ordini.

Il superiore provinciale, con il consenso del suo consiglio, potrà prolungare, anche su richiesta del confratello, il periodo della professione temporanea, ma in modo che il tempo dei voti temporanei non superi i nove anni51.

La professione perpetua deve essere emessa sempre prima del diaconato.

64.- La domanda di ammissione alla professione temporanea e perpetua, ai ministeri e agli ordini, deve essere accompagnata dalla dichiarazione dell’avvenuta direzione spirituale e dalla relazione sul candidato approvata dal consiglio di famiglia.

65.- La professione religiosa sia fatta alla presenza dei confratelli e se ne scriva l’atto che deve essere firmato dal superiore maggiore o dal suo delegato, da due testimoni e dal vovente.

66.- I voti temporanei sono emessi per un anno e vengono rinnovati alla loro scadenza52. Tale rinnovazione sia possibilmente preceduta dal corso annuale degli esercizi spirituali o da altra specifica forma di preparazione.

67.- Tra le varie sedi della formazione si stabilisca un costante coordinamento per meglio assicurare la crescita vocazionale. A questo scopo vengano attuati periodici incontri tra i responsabili.

68.- Se particolari circostanze lo richiedono, le singole province, con l’autorizzazione del superiore generale col suo consiglio, potranno scegliere uno speciale ordinamento di studi e di formazione assicurando sempre un’adeguata caratterizzazione religiosa e giuseppina.

69.- Durante il periodo propriamente formativo, come pure durante tutta la vita, i confratelli considerino la direzione spirituale mezzo indispensabile per discernere e per attuare sempre meglio la volontà di Dio e le esigenze della vita consacrata, per chiarire problemi e per avere l’aiuto necessario alla propria maturazione e alla fedeltà alla chiamata di Dio53.

Potranno trovare questa guida spirituale nel proprio confessore o in altro sacerdote liberamente scelto.

70.- La formazione proceda armonicamente con accentuazioni diverse secondo le fasi dello sviluppo e sia sempre adeguata alla realtà psicologica e sociale dei candidati; si fondi sulla loro collaborazione personale, valorizzando le loro doti e inclinazioni e, nello stesso tempo, aprendoli alla disponibilità e alla rinuncia richieste dalle esigenze della vita consacrata e dell’apostolato giuseppino.


GOVERNO

71.- La casa religiosa è eretta dal superiore provinciale con il voto deliberativo del suo consiglio e il nullaosta del superiore generale con il suo consiglio, previo consenso del vescovo diocesano. Essa viene soppressa dal superiore generale con il voto deliberativo del suo consiglio, udito o su proposta del superiore provinciale con il suo consiglio, dopo aver consultato il vescovo diocesano.

72.- Nell’erigere la casa religiosa i superiori si preoccuperanno che lo scopo dell’attività o dell’opera sia conforme al carisma della congregazione e risponda alle esigenze della chiesa locale; che il numero e le forze dei confratelli siano proporzionati al lavoro da svolgere; che non manchino le condizioni per vivere la loro consacrazione e i mezzi per il loro sostentamento e il loro apostolato.

73.- Nel caso, da ritenersi eccezionale e per un tempo determinato, in cui il numero dei confratelli sia inferiore a tre, questi vengono collegati giuridicamente ad una comunità istituita o dipenderanno direttamente dal superiore provinciale. I loro diritti e doveri saranno determinati dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio.

74.- Il direttore deve aver emesso la professione perpetua nella congregazione da almeno tre anni. Egli resta in carica tre anni; udita la comunità, può essere nominato per un secondo triennio e, nella medesima casa, se occorre, anche per un terzo triennio.

Durante il suo servizio il direttore può essere nominato e trasferito alla direzione di un’altra casa; così pure può essere esonerato dal superiore generale con il consenso del suo consiglio, udito il superiore provinciale col suo consiglio.

In casi particolari, su proposta del superiore provinciale col suo consiglio, il superiore generale, con il consenso del suo consiglio espresso con votazione segreta, può nominare un direttore “ad tempus”. Tale nomina potrà durare per il tempo massimo di un anno.

75.- Il direttore guidi la comunità precedendola con l’esempio e l’osservanza regolare.

Risieda costantemente nella sua casa e non se ne allontani senza una giusta causa, e solo per breve tempo54.

I suoi impegni siano tali da non compromettere il suo servizio fondamentale verso i confratelli.

Il direttore non abbia l’incarico di economo della casa, se non lo richiede la necessità55.

76.- Sarà sua preoccupazione mantenere ad un buon livello culturale la comunità stimolandola ad un continuo aggiornamento. Favorirà la partecipazione dei confratelli a convegni e incontri di studio.

77.- Il direttore procuri che sia tenuto in ordine l’archivio, aggiornata la biblioteca e che venga redatto il diario della casa. A tale scopo, ove è possibile, affiderà questi compiti a confratelli incaricati.

Procuri che l’inventario sia aggiornato, specialmente dove occorre distinguere i beni della congregazione da quelli di altri enti, o quando la comunità presta la sua opera in casa non propria o comunque amministrata da altri.

78.- Il direttore informerà frequentemente il superiore provinciale della vita della comunità; ogni sei mesi gli sottoporrà il rendiconto finanziario approvato dal consiglio di famiglia; ogni anno, insieme con la comunità e secondo le indicazioni avute dal superiore generale, redigerà la relazione morale che, discussa e firmata da tutti i confratelli, sarà quindi inviata al consiglio provinciale.

79.- Nelle comunità tutti i confratelli professi fanno parte del consiglio di famiglia. Esso è presieduto dal direttore.

Nelle comunità numerose, con il nullaosta del superiore provinciale col suo consiglio, si può costituire un consiglio di famiglia ristretto, presieduto dal direttore e composto dal vicedirettore, dall’economo e da almeno altri due membri, eletti dalla comunità tra i confratelli professi di voti perpetui. Esso ha la durata di un anno.

La richiesta della costituzione del consiglio di famiglia ristretto di norma viene fatta dalla comunità a maggioranza assoluta; in casi particolari, tale consiglio e la determinazione delle sue competenze possono essere stabiliti dal superiore provinciale con il suo consiglio, udita la comunità interessata.

Il direttore porterà a conoscenza dei confratelli che non fanno parte del consiglio di famiglia ristretto un sommario delle conclusioni.

80.- Nelle comunità di formazione costituite da confratelli professi, la composizione e le competenze del consiglio di famiglia saranno determinate dal superiore maggiore competente in accordo con la direzione della comunità, eventualmente derogando a quanto prescritto all’art. 79 e con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio.

81.- Il consiglio di famiglia si riunisce almeno una volta al mese; l’ordine del giorno sia comunicato in anticipo ai confratelli.

82.- Il parere del consiglio di famiglia, che si esprime col voto consultivo, deve essere udito per le cose di rilievo che riguardano la comunità.

83.- Il consenso del consiglio di famiglia, che si esprime col voto deliberativo, deve essere chiesto dal direttore per i seguenti atti:

1.- presentazione dei postulanti all’ammissione al noviziato;

2.- presentazione dei confratelli all’ammissione ai voti temporanei o perpetui, ai ministeri e agli ordini con i seguenti documenti: la loro domanda, la relazione della comunità e la dichiarazione della avvenuta direzione spirituale; in tal caso saranno presenti alla discussione, e avranno diritto di voto, solo i professi di voti perpetui, esclusi i candidati;

3.- applicazione delle direttive del capitolo e del superiore provinciale col suo consiglio sulla programmazione della casa;

4.- verifica e aggiornamento dell’attività dell’opera;

5.- approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi della casa;

6.- approvazione di progetti e atti amministrativi soggetti ad autorizzazione, in conformità con le disposizioni emanate dal capitolo generale e con quelle vigenti in ambito provinciale;

7.- altri casi determinati dal capitolo provinciale o dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio.

84.- I verbali delle riunioni del consiglio di famiglia siano redatti dal segretario, firmati dai consiglieri e conservati nell’archivio.

85.- Nel segno della comune responsabilità carismatica tra confratelli e laici, si favorisca nell’opera giuseppina la costituzione del consiglio dell’opera, così come descritto nell’apposito regolamento che ne determina anche competenze e modalità.

86.- Il vicedirettore è eletto dalla comunità con il nullaosta del superiore provinciale col suo consiglio. Resta in carica un anno e può essere rieletto.

87.- L’economo è indicato dalla comunità e nominato dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio e deve essere professo di voti perpetui; resta in carica un anno e può essere confermato.

88.- L’economo deve rendere conto della sua gestione al consiglio di famiglia almeno una volta al mese e sottoporgli, per l’approvazione, i progetti e i preventivi delle spese soggette ad autorizzazione, come pure i bilanci semestrali e annuali.

Sia disponibile e caritatevole verso i confratelli.

89.- Per costituire una provincia religiosasi richiede un numero di almeno cinque case e di quaranta confratelli.

90.- Le case molto lontane o quelle dei paesi di missione, se non è possibile stabilire tra loro una provincia o un organismo similare, saranno alle dirette dipendenze del superiore generale.

91.- La consultazione dei confratelli della provincia per la nomina del superiore provinciale e del suo consiglio viene effettuata secondo il Regolamento provinciale.

92.- È compito del superiore provinciale coordinare le iniziative e le attività sul piano provinciale e favorire nuove esperienze di apostolato. Le une e le altre siano in armonia con il carisma della congregazione, rispondano effettivamente alle necessità del territorio e siano conformi alle direttive della competente autorità ecclesiastica.

93.- Il superiore provinciale, per conservare l’unità di carisma e la comunione con tutta la congregazione, si servirà di adeguate forme di comunicazione, di partecipazione e di corresponsabilità, quali le visite, le consulte e gli incontri personali.

94.- Il superiore provinciale informi frequentemente il superiore generale della situazione della provincia e ogni anno gli renda conto del suo stato morale ed economico con relazione sottoscritta dai consiglieri.

95.- Il superiore provinciale non può esercitare l’ufficio di economo provinciale; solo per grave motivo quello di direttore56.

96.- Egli non può assentarsi dalla provincia oltre quindici giorni senza l’autorizzazione del superiore generale57.

97.- Le competenze riservate personalmente al superiore provinciale sono le seguenti:

1.- essere rappresentante legale della provincia nel caso in cui essa abbia la personalità giuridica anche nell’ambito civile;

2.- trasferire confratelli da una comunità all’altra nell’ambito della provincia;

3.- autorizzare viaggi fuori provincia, anche all’estero, per studi, apostolato o visite a familiari;

4.- organizzare gli studi dei confratelli per il conseguimento dei titoli accademici;

5.- provvedere alla specializzazione dei confratelli addetti alle case di formazione;

6.- prorogare il tempo del noviziato per casi singoli e, udito il suo consiglio, dimettere per giusta causa un novizio;

7.- dispensare per breve tempo, in casi particolari, singoli confratelli e anche singole comunità dall’osservanza di qualche prescrizione disciplinare della Regola;

8.- convocare la consulta provinciale (cfr. D. 105) e il capitolo provinciale ordinario (cfr. D. 108);

9.- autorizzare atti amministrativi e disporre fino alla somma stabilita dal superiore generale con il consenso del suo consiglio;

10.- compiere atti di giurisdizione che gli competono a norma del diritto comune;

11.- dare l’autorizzazione per la pubblicazione di scritti di carattere dottrinale e per la direzione e collaborazione a giornali e periodici.

98.- I membri del consiglio provinciale

devono essere professi di voti perpetui da almeno cinque anni. Il vicario deve essere anche sacerdote. Restano in carica tre anni e possono essere confermati.

99.- Il consiglio provinciale si raduna almeno una volta al mese. È convocato e presieduto dal superiore provinciale o, se questi fosse impedito o assente, dal vicario provinciale.

Tutti i consiglieri devono essere convocati. Per la validità delle adunanze del consiglio deve essere presente la maggioranza dei membri. Per le votazioni ci si regoli in analogia con D. 132 133.

100.- Per promuovere e coordinare le varie attività e per favorire la corresponsabilità, il governo provinciale potrà servirsi di alcune commissioni riguardanti la vita e la missione della congregazione.

101.- I consiglieri, e quei confratelli che potranno essere chiamati al consiglio provinciale, sono tenuti al segreto sugli affari trattati e dichiarati soggetti a tale vincolo dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio.

102.-Il consenso del consiglio provinciale, che si esprime col voto deliberativo, deve essere chiesto dal superiore provinciale per i seguenti atti:

a.- in rapporto a nuove fondazioni

1.- costituire delegazioni, con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio (cfr. C. 97);

2.- costituire case e istituire comunità, con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio e proporne al superiore generale rispettivamente la chiusura o la soppressione a norma del diritto comune (cfr. C. 79; D. 71).

3.- stabilire o trasferire la sede provinciale, con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio.

b.- in rapporto agli uffici

4.- nominare il segretario provinciale (cfr. D. 104);

5.- determinare le modalità per la consultazione da attuare in ordine alla nomina dei direttori (cfr. C. 80);

6.- nominare i direttori (cfr. C. 80), i parroci, i maestri dei novizi (cfr. D. 56) e dei confratelli professi temporanei; trasferire i direttori alla direzione di un’altra casa della provincia (cfr. D. 74); sempre con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio;

7.- proporre al superiore generale l’esonero dei direttori (cfr. D. 74);

8.- proporre al superiore generale la nomina di un direttore “ad tempus” (cfr. D. 74);

9.- dare il nullaosta alla elezione del vicedirettore e nominare l’economo di ciascuna comunità (cfr. D. 86 87);

10.- determinare il segreto sugli affari trattati in consiglio (cfr. D. 101).

c.- in rapporto ai capitoli e alle consulte:

11.- stabilire il luogo e la data d’inizio del capitolo provinciale;

12.- convocare il capitolo provinciale straordinario, con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio (cfr. D. 106);

13.- giudicare la legittimità dell’assenza dei membri del capitolo provinciale e convocare i supplenti (cfr. D. 110);

14.- invitare dei periti al capitolo provinciale;

15.- approvare la relazione morale ed economica da presentare al capitolo provinciale;

16.- nominare l’ufficio di segreteria del capitolo provinciale;

17.- raggruppare comunità per il capitolo locale (cfr. C. 85);

18.- stabilire l’ordine del giorno per i capitoli locali;

19.- nominare gli esperti della consulta provinciale (cfr. D. 105).

d.- in rapporto all’amministrazione dei beni:

20.- autorizzare atti di amministrazione straordinaria, secondo le norme fissate dal superiore generale con il consenso del suo consiglio (cfr. D. 150);

21.- determinare i contributi delle comunità, udite le medesime (cfr. D. 155);

22.- approvare il rendiconto amministrativo dell’economo provinciale (cfr. D. 157);

23.-esaminare e approvare i bilanci economici presentati dagli economi delle comunità;

24.- stabilire convenzioni con l’autorità ecclesiastica o civile o con enti amministrativi, con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio.

e.- in rapporto alle persone e alle comunità:

25.- approvare la relazione morale annuale delle singole comunità e della provincia, dainviareal superiore generale;

26.- determinare diritti e doveri dei confratelli nel caso previsto in D. 73;

27.- dare il nullaosta per la costituzione del consiglio ristretto nelle comunità (cfr. D. 79);

28.- dare direttive per la programmazione nelle comunità (cfr. D. 83/3);

29.- determinare quegli altri casi per i quali è richiesto il consenso dei consigli locali (cfr. D. 83/7);

30.- ammettere i postulanti al noviziato (cfr. D. 52);

31.- ammettere i novizi alla prima professione (cfr. D. 63);

32.- ammettere alla rinnovazione dei voti temporanei (cfr. D. 63);

33.- prolungare o ridurre il periodo del tirocinio (cfr. D. 60);

34.- prolungare il periodo della professione temporanea (cfr. D. 63);

35.- ammettere alla professione perpetua, con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio (cfr. D. 63);

36.- ammettere ai ministeri (cfr. D. 63);

37.- ammettere al diaconato e al presbiterato e dare le lettere dimissorie, con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio (cfr. D. 63);

38.- stabilire penitenze comunitarie (cfr. D. 28);

39.- autorizzare i confratelli a vivere fuori della casa della congregazione per giusta causa fino ad un anno e anche oltre, per motivi di salute, di studio o di apostolato a nome della congregazione;

40.- procedere a norma del diritto comune nel caso di dimissione di un confratello, salve le competenze del consiglio generale (cfr. D. 130/6).

103.-L’economo provinciale normalmente deve risiedere nella sede del superiore provinciale e non può essere direttore di una comunità se non per grave motivo.

104 Il segretario provinciale viene nominato dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio tra i membri del consiglio stesso. Spetta a lui redigere i verbali delle sedute e conservare nell’archivio provinciale tutti i documenti e gli atti concernenti la storia e l’amministrazione della provincia. Non gli è lecito consegnare ad altri scritti e documenti dell’archivio senza l’autorizzazione del superiore provinciale.

Inoltre è suo ufficio scrivere e redigere, per ordine e a nome del superiore provinciale e del suo consiglio, le lettere ufficiali e tutti gli atti che riguardano gli affari della provincia.

105.- La consulta provinciale è organo sussidiario del consiglio provinciale a carattere consultivo e informativo.

Essa è costituita, oltre che dal superiore provinciale con il suo consiglio, da tutti i direttori delle case della provincia e da confratelli esperti in determinati settori, nominati di volta in volta dallo stesso superiore provinciale con il consenso del suo consiglio.

Essa viene convocata ordinariamente una volta all’anno dal superiore provinciale.

106.- Il capitolo provinciale ordinario viene convocato:

a.- ogni sei anni in ordine alla celebrazione del capitolo generale ordinario e si svolge in due fasi: una che immediatamente lo precede e una che immediatamente lo segue;

b.- a metà sessennio, se previsto dal Regolamento provinciale.

Il capitolo provinciale straordinario è convocato nei seguenti casi:

c.- quando viene indetto il capitolo generale straordinario;

d.- quando è richiesto dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio e il nullaosta del superiore generale col suo consiglio;

e.- quando lo richiede la maggior parte delle comunità della provincia, con decisione presa a maggioranza assoluta di tutti i confratelli aventi diritto di voce attiva in ciascuna comunità.

107.- Se non è stabilito il capitolo provinciale a metà sessennio, il Regolamento provinciale preveda una consulta speciale che abbia lo scopo di verificare la programmazione pastorale ed amministrativa e promuovere ulteriori iniziative in attuazione del capitolo.

108.-Il capitolo provinciale è convocato dal superiore provinciale; qualora egli ne fosse impedito, è convocato dal suo vicario e, in assenza di questi, dal consigliere più anziano di professione.

109.- Al capitolo provinciale partecipano a titolo di ufficio:

a.- il superiore provinciale;

b.- i consiglieri provinciali.

Partecipano a titolo di elezione:

c.- i delegati eletti secondo il Regolamento provinciale, in numero superiore ai membri per titolo di ufficio.

Il numero dei delegati eletti sia tale da assicurare adeguatamente la rappresentanza dei confratelli.

110.- I membri per titolo di ufficio e i delegati hanno non solo il diritto ma anche l’obbligo di partecipare al capitolo. Spetta al superiore provinciale, con il consenso del suo consiglio, giudicare la legittimità dell’assenza per la quale si richiede sempre una causa grave e convocare i supplenti.

111.- Il capitolo provinciale ordinato al capitolo generale ha una seconda fase immediatamente dopo la celebrazione di questo; essa è destinata a programmare a livello provinciale l’attuazione delle deliberazioni del capitolo generale.

La partecipazione dei membri a questa fase si attua secondo quanto indicato nel Regolamento dei capitoli.

112.- La viceprovincia viene eretta quando la distanza, il numero di case, la scarsità di personale o qualche altra ragione sconsigliano di costituire una nuova provincia.

Per la sua costituzione si richiede il numero di almeno tre case e quindici confratelli.

113.- A ciascuna viceprovincia viene preposto un superiore della viceprovincia, che ha potestà equiparata a quella del superiore provinciale ed è considerato superiore maggiore.

Nel governo egli è coadiuvato da un consiglio composto dal vicario, dall’economo e da un altro consigliere, se previsto dal Regolamento della viceprovincia. Il superiore della viceprovincia e i suoi consiglieri hanno le stesse facoltà del superiore provinciale e del suo consiglio, salvi quei limiti e riserve espressamente fissati nel decreto di costituzione della viceprovincia.

114.-Il superiore della viceprovincia e i suoi consiglieri sono nominati dal superiore generale con il consenso del suo consiglio previa consultazione analoga a quella prescritta per la nomina del provinciale e del suo consiglio. I requisiti per la nomina e la durata in carica seguono le norme stabilite per il governo provinciale.

115.-Le province, viceprovince e organismi similari, che hanno elementi o interessi comuni (geografici, storici, linguistici, pastorali, ecc..) possono essere raggruppati in una maggiore unità di coordinamento e di governo, per decisione del superiore generale col consenso del suo consiglio, presa a seguito di consultazioni con le realtà territoriali interessate. L’organismo così formato sarà governato da un superiore maggiore o da un consigliere generale le cui competenze saranno precisate dal superiore generale con il consenso del suo consiglio nel decreto di costituzione e di nomina.

116.- Il trasferimento di un confratello da una provincia in un’altra è stabile quando è dichiarato tale con documento scritto. Il trasferimento temporaneo non toglie il confratello dall’organico cui appartiene. Egli espleta però il suo diritto di voto attivo e passivo nel luogo dove temporaneamente risiede e solo per la comunità e provincia in cui risiede.

117.- Del trasferimento interprovinciale dei confratelli sarà data comunicazione dal superiore generale mediante lettera al confratello interessato e ai superiori maggiori competenti.

118.- Il confratello, che per propria domanda o iniziativa vive fuori della comunità senza legittimo incarico da parte della congregazione, non ha voce né attiva né passiva, né viene computato nell’organico della provincia durante la permanenza fuori della comunità, anche se giuridicamente continua ad appartenere alla congregazione.

119.- Il superiore generale risiede nella casa generalizia che non può trasferire stabilmente altrove senza il consenso del suo consiglio.

120.- Il superiore generale non può essere insieme superiore locale o provinciale.

121.- È compito del superiore generale visitare la congregazione allo scopo di promuovere il bene dei confratelli, la loro comunione di vita fraterna e il loro apostolato. Una visita a tutta la congregazione sia fatta almeno ogni tre anni. Tale compito potrà essere assolto anche da delegati.

122.- È dovere del superiore generale curare che i documenti della Sede Apostolica riguardanti i religiosi vengano ben conosciuti, studiati ed attuati58.

123.- Il superiore generale vigili accuratamente sull’amministrazione dei beni temporali, senza però sostituirsi negli uffici spettanti agli economi.

124.- Il superiore generale può trasferire i confratelli, avvertito il superiore maggiore competente, da una in altra provincia od organismo similare e tenerne qualcuno alle sue dirette dipendenze.

125.- Il superiore generale, con il consenso del suo consiglio, può riservare a sé e al su consiglio, in casi speciali, alcune facoltà spettanti ai superiori provinciali e ai loro consigli, purché questi ne siano preavvisati.

126.- Il consiglio generale è eletto dal capitolo generale con distinti scrutini e con il seguente ordine:

a.- il consigliere vicario generale;

b.- il consigliere economo generale;

c.- altri consiglieri generali in numero non superiore a quattro.

127.- Per svolgere adeguatamente la loro funzione, i membri del consiglio generale dovranno conoscere la congregazione e i confratelli e informarsi sulla situazione della congregazione nei diversi ambienti. Per questo si serviranno di opportuni mezzi, in particolare, della visita alle province e alle comunità e della conferenza interprovinciale.

128.- I consiglieri generali risiedano possibilmente nella casa generalizia e non si affidino ad essi uffici che impediscano l’esercizio della loro carica. Il loro particolare compito di animazione e coordinamento riguarderà soprattutto la formazione e l’apostolato giuseppino.

129.- Il consiglio generale si raduna almeno una volta al mese. Esso è convocato e presieduto dal superiore generale o a norma dell’art. 108 delle Costituzioni dal vicario generale. Tutti i consiglieri devono essere convocati.

Per la validità delle adunanze del consiglio generale deve essere presente la maggioranza dei membri.

130.- Il superiore generale e il suo consiglio hanno voto collegiale nei seguenti casi:

1.- per deporre un consigliere, se per qualche grave causa fosse necessario e sempre con la conferma della Sede Apostolica;

2.- per sostituire un consigliere fino al successivo capitolo generale, nel caso suddetto, o in caso di morte, o di perpetuo impedimento o di rinunzia;

3.- per eleggere un nuovo vicario generale nel caso di cui all’art. 108 delle Costituzioni;

4.- per interpretare le norme, i decreti e altri documenti emanati dal capitolo, e, in forma puramente dichiarativa, la stessa Regola: queste interpretazioni valgono solo fino al successivo capitolo generale;

5.- per convocare il capitolo generale straordinario;

6.- per dimettere un confratello professo, a norma del diritto comune59.

131.- Il consenso del consiglio generale, che si esprime col voto deliberativo, deve essere chiesto dal superiore generale per i seguenti atti:

a.- in rapporto all’ordinamento giuridico:

1.- approvare nuove esperienze concernenti la vita religiosa e apostolica dei confratelli, proposte dai capitoli provinciali;

2.- autorizzare un ordinamento speciale del corso degli studi nelle province (cfr. D. 68);

3.- riservare, in casi speciali, al superiore generale e al suo consiglio alcune facoltà spettanti ai superiori provinciali e loro consigli purché questi ne siano preavvisati (cfr. D. 125);

4.- decidere nei casi in cui, dalle disposizioni canoniche o dalla Regola, è richiesto il consenso del consiglio generale;

5.- determinare il segreto sugli affari trattati in consiglio (cfr. D. 134);

6.- dispensare dalle prescrizioni del Direttorio eccetto quelle di diritto comune (cfr. C. 122).

b.- in rapporto alle fondazioni:

7.- costituire o sopprimere province (cfr. C.87), viceprovince (cfr. C. 96), delegazioni (cfr. C. 97), raggrupparle (cfr. D.115), o mutarne le circoscrizioni; dare il nullaosta per la costituzione di delegazioni provinciali (cfr. C. 97);

8.- costituire o sopprimere sedi di noviziato (cfr. D. 54); riservare alla dipendenza immediata del superiore generale qualche casa specialmente di carattere interprovinciale; dare il nullaosta per l’apertura di case e l’istituzione di comunità, deciderne rispettivamente la chiusura o la soppressione (cfr. C. 79; D. 71);

9.- trasferire stabilmente la sede del superiore generale e del suo consiglio;

10.- dare il nullaosta per il trasferimento delle sedi provinciali (cfr. D. 102/3).

c.- in rapporto agli uffici:

11.- nominare i visitatori generali;

12.- nominare il segretario generale, quando non è membro del consiglio (cfr. C. 105), il procuratore generale (cfr. C. 111) e il postulatore generale;

13.- nominare il superiore provinciale e i membri del consiglio provinciale, previa consultazione dei confratelli (cfr. C.89, 91), ed eventualmente deporli;

14.- nominare il superiore della viceprovincia e i suoi consiglieri, previa consultazione dei confratelli (cfr. D. 114);

15.- dare il nullaosta per la nomina dei maestri dei novizi e dei confratelli professi temporanei (cfr. D. 102/6), come pure per la designazione degli insegnanti nelle sedi di formazione interprovinciali;

16.- dare il nullaosta per la nomina dei direttori (cfr. C. 80) e per il loro eventuale trasferimento alla direzione di altra casa della congregazione (cfr. D. 74); dare il nullaosta per la nomina dei parroci (cfr. D. 102/6); esonerare i direttori dal loro ufficio, udito il rispettivo consiglio provinciale (cfr. D. 74);

17.- nominare un direttore “ad tempus”, con votazione segreta (cfr. D. 74);

18.- dare il nullaosta per l’istituzione del consiglio di famiglia nelle comunità di formazione costituite da confratelli studenti (cfr. D. 80).

d.- in rapporto ai capitoli e alle conferenze interprovinciali:

19.- stabilire il luogo e la data d’inizio del capitolo generale;

20.- nominare la commissione preparatoria al capitolo generale e stabilirne le competenze;

21.- compilare la lista per l’elezione dei delegati laici al capitolo generale e determinarne il tempo e le modalità (cfr. C. 116/b);

22.- giudicare la legittimità dell’assenza dei membri del capitolo generale e convocare i supplenti (cfr. C. 117);

23.- invitare dei periti al capitolo generale;

24.- approvare la relazione morale ed economica sullo stato della congregazione da presentare al capitolo generale;

25.- nominare l’ufficio di segreteria del capitolo generale;

26.- dare il nullaosta per la convocazione del capitolo provinciale straordinario (cfr. D. 106/d);

27.- approvare le deliberazioni dei capitoli provinciali e i Regolamenti provinciali;

28.- convocare la conferenza interprovinciale e stabilire gli argomenti che richiedono il voto deliberativo (cfr. D. 136).

e..- in rapporto all’amministrazione dei beni:

29.- stabilire le cifre massime per gli atti di amministrazione straordinaria del superiore provinciale da solo o con il consenso del suo consiglio (cfr. D. 150);

30.- determinare i contributi delle province alla casa generalizia, udite le medesime (cfr. D. 155);

31.- dare direttive per la determinazione dei contributi da fissarsi alle singole case da parte del superiore provinciale con il consenso del suo consiglio;

32.- approvare il rendiconto amministrativo dell’economo generale (cfr. D. 160);

33.- fare spese, alienare beni della congregazione, pignorarli, ipotecarli, affittarli, darli in enfiteusi, contrarre debiti, fino alla somma fissata dalla Sede Apostolica e in conformità con le disposizioni date e con i limiti posti dal capitolo generale (cfr. D. 144);

34.- concedere l’autorizzazione, alle province e alle case di procedere alle operazioni di cui al numero precedente, alle stesse condizioni (cfr. D. 144);

35.- tenendo fede alle disposizioni dei donatori, determinare quale percentuale del valore dei legati, donazioni o eredità, lasciati alle province o case, e del ricavato dalla vendita degli immobili di province o case debba andare a beneficio di tutta la congregazione (cfr. D. 162);

36.- trasferire, per causa grave, beni di una provincia in un’altra, di una casa in un’altra; come pure alienare o impiegare i beni di una provincia o di una casa che siano state soppresse, sentito il parere del rispettivo superiore provinciale col suo consiglio;

37.- stabilire convenzioni a nome della congregazione;

38.- dare il nullaosta per le convenzioni stabilite con l’autorità ecclesiastica o civile o con enti amministrativi dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio (cfr. D. 102/24).

f.- in rapporto alle persone:

39.- dare il nullaosta per l’ammissione alla professione perpetua (cfr. D. 63);

40.- dare il nullaosta per l’ammissione al diaconato e presbiterato (cfr. D. 63) e per la concessione delle lettere dimissorie (cfr. D. 102/37);

41.- stabilire penitenze comunitarie (cfr. D. 28);

42.- dispensare dai voti temporanei, a norma del diritto comune (cfr. CIC 688,2);

43.- concedere l’esclaustrazione fino a tre anni, a norma del diritto comune (cfr. CIC 686,1);

44.- riammettere in congregazione chi ne è legittimamente uscito, a norma del diritto comune (cfr. CIC 690,1; C. 73).

132.- Se nel decidere su simili affari i voti dei consiglieri generali risultassero in parità, la decisione ultima è lasciata al superiore generale.

133.-Nei casi in cui dal diritto comune o proprio è richiesto il consenso del consiglio, il superiore agisce invalidamente se non lo chiede o se agisce senza aver ottenuto il consenso della maggioranza assoluta dei consiglieri presenti.

Nei casi in cui è richiesto di udire il parere del consiglio, il superiore agisce invalidamente se non lo chiede; anche se resta libero di seguire il parere espresso, il superiore non se ne discosterà che per ragioni che spetta solo a lui valutare.

Il voto collegiale vincola tutti alla decisione espressa dalla votazione, sia essa positiva o negativa, così che l’autorità ne diviene semplicemente esecutrice60.

134.-I consiglieri, e quei confratelli che potranno essere chiamati al consiglio generale, sono tenuti al segreto sugli affari trattati e dichiarati soggetti a tale vincolo dal superiore generale con il consenso del suo consiglio.

135.-Spetta al segretario generale riporre e conservare nell’archivio vivo tutti i documenti e gli atti concernenti la storia e l’amministrazione della congregazione e anche gli atti della Sede Apostolica che la riguardano. Egli è anche responsabile dell’archivio storico della congregazione.

Non gli è lecito consegnare ad altri scritti e documenti dell’archivio senza l’autorizzazione del superiore generale.

136.- La conferenza interprovinciale è costituita dai superiori delle province e organismi similari insieme al superiore generale col suo consiglio. Essa è convocata ogni anno come organo sussidiario a carattere consultivo e informativo, ma anche con facoltà deliberativa su questioni stabilite dal superiore generale o proposte dalla maggioranza dei membri che la compongono.

137.- Fanno parte della curia generale il superiore generale, i suoi consiglieri e i confratelli scelti dal superiore generale per collaborare con i responsabili preposti ai vari uffici.

138.- Il visitatore generale deve essere sacerdote e professo di voti perpetui da almeno cinque anni. Egli è inviato dal superiore generale con delegazione speciale perché‚ come suo rappresentante e a suo nome, visiti le case della congregazione, si informi sull’osservanza religiosa ed eventualmente faccia opportuni richiami.

139.- La visita è ordinata al bene delle comunità e delle province e a ravvivare l’unità tra i membri della congregazione.

Il visitatore assolverà il suo compito con grande carità e prudenza. Impieghi tutto il tempo che è necessario per visitare le comunità e ascoltare i singoli confratelli. Esamini l’andamento della vita religiosa spirituale e disciplinare, correggendo e animando; verifichi le attività apostoliche e controlli l’archivio, i libri dei verbali e i registri.

140.- Il visitatore farà per scritto la relazione della propria visita; essa verrà conservata nell’archivio della congregazione.

In spirito di servizio e di fraterna comunione, egli porterà a conoscenza della comunità, e rispettivamente del consiglio per quanto riguarda l’intera provincia, le sue osservazioni e decisioni.

Compiuta la visita, cessano l’ufficio e l’autorità del visitatore.

141.- Per la costituzione, organizzazione e svolgimento del capitolo locale, provinciale e generale, si seguiranno le norme del Regolamento dei capitoli.


AMMINISTRAZIONE DEI BENI

142.-I superiori e gli amministratori precedano gli altri nella pratica della povertà, e, in spirito di servizio, amministrino con sollecitudine e rispetto i beni della comunità, anche nell’osservanza delle leggi civili, e provvedano con cura il necessario ai confratelli.

143.-I confratelli non possono esercitare attività commerciali e industriali, direttamente o indirettamente, in proprio o altrui profitto, senza l’autorizzazione dei superiori competenti e dell’autorità ecclesiastica.

144.-Per la validità di una alienazione e di qualsiasi altra operazione che diminuisca il patrimonio stabile della congregazione, si richiede l’autorizzazione scritta del superiore competente con il consenso del suo consiglio61.

Se poi si tratta di una operazione che superi la somma stabilita dalla Sede Apostolica o di donazioni votive fatte alla Chiesa o di cose preziose per arte o insigni per storia, occorre anche, per la validità dell’atto, l’autorizzazione della Sede Apostolica.

145.- Non si assumano obblighi non conformi allo spirito della congregazione; non si contraggano obbligazioni perpetue senza l’autorizzazione del superiore generale o provinciale; e questi la diano solo in casi eccezionali e con tutte le dovute cautele.

146.-Le attività e le officine di produzione e i negozi siano gestiti secondo le norme della tecnica amministrativa; si provveda pure al loro conveniente ammodernamento ed incremento; il profitto rimanente venga impiegato secondo i fini della congregazione.

147.-Si tenga in tutte le case lo stesso sistema di contabilità e in ogni provincia ed organismo similare un piano di conti comuni.

L’esercizio finanziario coincide di norma con l’anno solare.

148.- Nell’assumere l’ufficio, ogni economo riceva dal predecessore, alla presenza del superiore competente, la cassa, i libri di contabilità e l’inventario aggiornati e regolarmente firmati dal consiglio responsabile; il tutto corredato dai documenti di prova.

149.-Agli economi, come agli altri confratelli, sono proibite le seguenti operazioni a favore di terzi senza l’autorizzazione del superiore competente: dare e ricevere denaro a prestito, dare garanzie e assumere obbligazioni.

150.-Il superiore generale con il consenso del suo consiglio stabilisce le cifre massime per gli atti di amministrazione che sono lasciati alla competenza del superiore provinciale da solo o con il consenso del suo consiglio.

Il superiore provinciale con il consenso del suo consiglio determina i limiti degli atti di amministrazione che possono essere posti “pro actu” o complessivamente dai direttori, da soli o con il consenso del loro consiglio. Tali “pro actu” vanno sempre comunicati all’autorità superiore.

151.- Sono considerati atti di amministrazione straordinaria quelli per i quali si richiede una autorizzazione. La domanda per compiere tali atti deve essere accompagnata dai seguenti documenti:

1.- il verbale di approvazione del rispettivo consiglio;

2.- la situazione finanziaria ed economica aggiornata della casa;

3.- il preventivo di spesa;

4.- il piano di finanziamento e, soprattutto, di ammortamento;

5.- le eventuali piante planimetriche, se si tratta di costruzioni.

La domanda verrà presa in considerazione e sarà presentata in consiglio solo dopo che l’economo generale o provinciale avrà riscontrato che essa è corredata dei documenti richiesti, e sono stati versati tempestivamente i contributi stabiliti.

152.- Le modalità per altri atti di amministrazione soggetti ad autorizzazione (alienazioni, locazioni, servitù, ipoteche, transazioni, ecc.) saranno determinate dal superiore maggiore competente.

153.- Nella domanda per contrarre debiti od obbligazioni si devono specificare i debiti e le obbligazioni di cui è gravata fino a quel momento la congregazione, la provincia o la casa; altrimenti la facoltà ottenuta è nulla.

154.- Tutte le province e le singole case contribuiscano, in proporzione delle loro possibilità, alle spese generali e allo sviluppo della congregazione.

155.- Il superiore generale, con il consenso del suo consiglio, determina annualmente, udite le province, il contributo da versare all’amministrazione centrale, tenendo conto dello stato economico finanziario delle medesime.

Il superiore provinciale, con il consenso del suo consiglio, determina, alle stesse condizioni, i contributi delle case alla provincia.

156.- L’economo locale provveda alle spese ordinarie; tenga aggiornati i registri della contabilità e abbia cura di conservare in buono stato la casa e quanto ad essa appartiene.

Pratichi la carità e la giustizia verso il personale esterno, assicurando in merito tutti gli adempimenti di legge e stabilendo per ciascuno la dovuta retribuzione.

Sia in relazione con l’economo provinciale e a lui rimetta i rendiconti finanziari del primo semestre e annuali, approvati dal consiglio di famiglia.

157.- L’economo provinciale presenterà ogni semestre il rendiconto finanziario sottoponendo al superiore provinciale e agli altri consiglieri i registri per il controllo e la firma di approvazione. Inoltre invierà all’economo generale il preventivo e il consuntivo del bilancio annuale della provincia e delle singole case, entro i primi due mesi del nuovo anno finanziario.

Per effettuare i controlli amministrativi, almeno annuali, il superiore provinciale nominerà due revisori, i quali riferiranno per scritto sull’incarico avuto.

Il consiglio generale prenderà in esame i bilanci consuntivi e preventivi delle province e organismi similari, esprimendo una valutazione, chiedendo se necessario delle chiarificazioni e, se opportuno, offrendo alcune considerazioni specie sul preventivo.

158.-L’economo generale, oltre alla diretta gestione amministrativa dei beni immobili e mobili della congregazione, esercita un’azione di sorveglianza e di verifica sulla gestione amministrativa delle singole province e case; ne esamina i rendiconti; dà indicazioni e disposizioni per acquistare, conservare, alienare i capitali immobili e mobili e per tutto ciò che interessa la consistenza patrimoniale ed economica della congregazione, in conformità alla Regola e alle disposizioni del capitolo generale.

159.- L’economo generale conservi in modo sicuro quanto può avere un valore particolare: testamenti, titoli di proprietà, oggetti preziosi, ecc. Di tutto si tenga l’inventario costantemente aggiornato e debitamente firmato dal superiore generale, dal suo vicario e dall’economo generale.

160.- Al termine di ciascun semestre, l’economo generale renda conto di tutta la gestione amministrativa, presentando al superiore generale e agli altri consiglieri i registri per il controllo e la firma di approvazione.

Per effettuare i controlli amministrativi, almeno annuali, il superiore generale nominerà due revisori, i quali riferiranno per scritto sull’incarico avuto.

161.- Il superiore generale e provinciale non autorizzino debiti se non consta che si possano pagare gli interessi con i redditi ordinari e che il debito potrà venire estinto in tempo non troppo lungo secondo un razionale piano di ammortamento.

162.- Il superiore generale, con il consenso del suo consiglio, può determinare, nel rispetto della volontà dei donatori, quale percentuale del valore dei legati o eredità, lasciati alle province o case, e del ricavato della vendita di immobili di province o case, debba andare a beneficio di tutta la congregazione, previo accordo con le parti.

163.- Si portino annualmente a conoscenza dei direttori e dei provinciali, rispettivamente, i bilanci consuntivi e preventivi delle province e della congregazione.

164.- Il consiglio generale e i consigli provinciali favoriscano l’istituzione di consulte, formate da confratelli competenti e anche da esperti laici, per essere aiutati e consigliati nella soluzione di problemi amministrativi, nella preparazione e nell’esame di bilanci preventivi e consuntivi, nella formazione di piani di finanziamento e di investimento e nelle realizzazioni edilizie di particolare rilievo.

165.- Si preparino prontuari amministrativi e si tengano corsi di aggiornamento e perfezionamento di tecnica amministrativa per i confratelli economi, avvalendosi dell’aiuto di esperti anche non appartenenti alla congregazione.


CONOSCENZA E STUDIO DELLA REGOLA

166.- Ogni confratello abbia una copia delle Costituzioni e degli altri testi del diritto proprio. In particolare, mediti frequentemente le Costituzioni e il Direttorio.

Almeno una volta all’anno, siano oggetto di lettura e di riflessione comunitaria specialmente quelle parti della Regola che riguardano gli aspetti fondamentali della vita religiosa giuseppina.


Note



1 Cf. PC 2b; ET 11; MR 11

2 Cf. Regolam., 147-148; Dichiar., pp. 79-80

3 Cf. CIC 669,2; 284

4 Cf. PC 13

5 Cf. Regolam., 146, 149; Dichiar., pp. 74-75, 79-80; Dir. 1936, 235, 244-245, 273

6 Cf. ET 18

7 Cf. Dir. 1936, 128

8 Cf. Dir. 1936, 123

9 Cf. Cost. 1904, 47; Dir. 1936, 132

10 Cf. CIC 668,1

11 Cf. CIC 668,2

12 ET 25, 27-29

13Regolam., 156; Dir. 1936, 173; CIC 665,1

14 VFC 27

15Scritti, IV, p. 292; VFC 28

16 Cf. Regolam., 161; Dichiar., p. 14; Dir. 1936, 312

17 Cf. Dir. 1936, 276; CIC 667,1

18 Cf. Dir. 1936, 570

19 Cf. Regolam., 120; Dir. 1936, 559; Ep., III, 1069

20 Cf. Dir. 1936, 559; Cost. 1904, 201

21 Cf. Regolam., 140; Dichiar., pp. 56-58; Dir. 1936, 567; CIC 619

22 Cf. Dir. 1936, 560, 567; Cost. 1904, 202

23 Cf. Regolam., 120-121; Scritti, IV, p. 456

24 Cf. Dichiar., pp. 70-71

25Dir. 1936, 329

26 Cf. Dichiar., p. 15; Dir. 1936, 15, 335

27 Cf. Regolam., 29; Dichiar., p. 43; Dir. 1936, 492

28 Cf. CIC 276,3

29 Cf. Cost. 1904, 73

30 Cf. Regolam. 137; Dichiar., pp. 45-46; 55; Dir. 1936, 40-41, 49

31 Cf. Dir. 1936, 163

32 Cf. Regolam., 185

33 Cf. Ristr., 41; Dir. 1936, 62

34 Cf. Regolam., 138; Dichiar., p. 39; Dir. 1936, 73

35 Cf. Ristr., 14; Dichiar., p. 44; Dir. 1936, 494

36 Cf. Regolam., 7; Spieg. Ristr., p. 72; Dir. 1936, 99

37 Cf. Regolam., 8; Spieg. Ristr, pp. 73-81; Dir. 1936, 29, 100

38 Cf. Regolam., 10-11; Cost. 1923, 3; Il fine, p. 125.

39 Cf. Regolam., 97

40 cfr. MR 12

41 cfr. Regolam. , 181

42 Cf. Dir. 1936, 394-395

43 Cf. MR 25

44 Cf. Regolam., 173

45 Cf. CIC 677,2

46 Cf. PI 68, 71

47 Cf. Regolam., 189

48 Cf. CIC 659,2-3

49 Cf. CIC 642

50 Cf. CIC 647,3

51 Cf. CIC 657,2

52 Cf. CIC 607,2

53 Cf. Regolam., 136; PI 63; VFC 36; VC 70

54 Cf. CIC 629

55 Cf. CIC 636,1

56 Cf. CIC 636,1

57 Cf. CIC 629

58 Cf. CIC 592,2

59 Cf. CIC 694-701

60 Cf. CIC 127,1

61 Cf. CIC 638, 3; 1291



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