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P. Giuseppe Guderzo (24/9/1914 - 10/12/2005)


Montecchio Maggiore (VI), 24 settembre 1914

Venezia, 10 dicembre 2005


La mattina del 10 dicembre alle ore 03.00, all'Ospedale Fatebenefratelli di Venezia, P. Giuseppe Guderzo è tornato alla casa del Padre, a 91 anni.

Lunedì mattina, 10 ottobre, in chiesa della Madonna dell'Orto, mentre si recava a celebrare la S. Messa, è caduto e si è fratturato il femore. All'Ospedale Civile è stato ope­rato e poi, il 18 di ottobre, è stato portato al Fatebenefratelli, a poca distanza dalla Parrocchia, per la riabilitazione.

Questo fatto, però, ha rotto quell'equilibrio instabile di salute che da qualche tempo lo accompagnava.

E non si è più ripreso.

"Se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno... Quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, rice­veremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani d'uomo, nei cieli" (2Cor 4,14-5,1).

In questa affermazione della Parola di Dio sta il senso di tutta la nostra vita, il senso di tutta la lunga vita di d. Giuseppe: la morte, evento ineludibile, non è però il senso fina­le del nostro vivere, il traguardo definitivo della nostra storia, più o meno lunga che possa essere; un destino inevitabile al quale rassegnarsi; un decreto divino da accettare; una con­danna,...

Noi non siamo per la morte, ma per l'eternità! La morte dei giusti è un ingresso nella pace, nel riposo eterno, nella luce senza fine. "Beati coloro che muoiono nel Signore! Si riposino ormai dalle loro fatiche" (Ap 14,13). E credo che d. Giuseppe abbia avuto tutto il diritto a questo riposo.

Una vita lunga la sua iniziata nel 1914 il 24 settembre a Montecchio Maggiore (VI), all'ombra quasi del nostro istituto e proseguita con il normale curriculo di studi di ogni seminarista giuseppino di quel tempo: noviziato a Vigone (TO) a cavallo tra il 1932 e il 1933, gli studi a Ponte di Piave grazie ai quali nel 1936 diventa maestro e poi gli studi di teologia a Viterbo (La Quercia) dove viene ordinato sacerdote il 19 giugno 1943: 62 anni di sacerdozio! Di qui i tanti luoghi che hanno visto la presenza di questo giovane sacer­dote. Li elenco soltanto: Vascon (43-45), Montecchio Magg. (45-46), Modena (46-50), Treviso (50-52), Riva del Garda (52-54), Padova (54-59), ancora Riva del Garda (60-62) un ritorno causato anche dalla precarietà della salute, Conegliano (62-65), per approdare infine, nel 65, a Venezia - Madonna dell'Orto da cui non si sarebbe più mosso: 40 anni di presenza!

Senza voler addentrarmi nei ruoli da d. Giuseppe ricoperti nei vari luoghi, un aspet­to mi pare poter evidenziare da questo freddo elenco di località: la disponibilità. Sofferta, vi assicuro che è stata sofferta. Non era l'uomo inquieto che non trovava pace in nessun luogo o che si stancava facilmente di un posto e quindi chiedeva di cambiare. Non ha mai chiesto niente, ha sempre subito, cercando nella fede le motivazioni al suo "esodo", alla sua itineranza. Poi il Signore gli ha tolto questa sofferenza e lo ha radicato stabilmente a Venezia: un premio al suo peregrinare?

Era piuttosto un uomo che si metteva alla prova, che si misurava, con se stesso e con gli altri, piuttosto propenso a cercare di superare i limiti, i confini...

Ma al di là dei suoi percorsi materiali, d. Giuseppe contemporaneamente cammina­va e accompagnava anche sui sentieri della fede, dello spirito, che sono poi i sentieri che conducono alla santità cui ognuno di noi è quotidianamente chiamato.

"Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a Dio graditi". Ecco l'impegno: essere a Dio graditi, impegno personale e impegno comunitario, cioè impegno soprattutto del sacerdote che aiuta a rialzarsi, che incoraggia, che esorta, che dona la grazia. 62 anni spesi per realizzare e aiutare a realizzare questo impegno: essere graditi a Dio.

Nel vangelo Gesù promette: "In verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita".

In queste righe sono enunciati altri due percorsi fatti da d. Giuseppe nella sua vita, due percorsi che ogni cristiano cerca di fare nella sua vita:
- ascoltare la Parola,
- credere al Padre.

Ascoltare significa ascoltare con il cuore e mettere in pratica. E l'ascolto con il cuore lo si fa studiando la parola per conoscerla il più a fondo possibile e pregandola. Il sacer­dote lo deve fare per sé e deve aiutare i fedeli a farlo: innamorarsi e far innamorare della Parola di Dio.

E poi la fede che va riconfermata ogni giorno nella celebrazione dell'eucaristia innanzitutto, ma poi nel dono della grazia attraverso tutti i sacramenti.

Ecco la vita del sacerdote. Ecco la vita di d. Giuseppe: prete che alimenta la sua vita interiore per essere a servizio della vita interiore di ognuno.

Il tutto in un contesto di mitezza e umiltà: vero compagno di viaggio per chi lo cer­cava.

Nel 60° anno del suo sacerdozio, nei vari momenti di festa, il suo pensiero andava spesso ai "bilanci" della sua vita che sentiva essere verso il traguardo. Annotava qua e là qualche pensiero, penso per poterlo leggere in modo spedito. Alcuni sono finiti anche tra le mie mani. Ve ne voglio leggere due presi da un testo di Courtois ma che ritengo cer­casse di fare suoi:

"Altri hanno predicato i terrori della morte. Tu predica le gioie".

E questo un po' più complesso, ma altrettanto consolante:

"La morte sarà più che una partenza un arrivo, con più ricongiungimenti che non separazioni. Sarà un trovarmi nella luce, nella tenerezza, nell'amore di Dio Trinità. Lo vedrò così com'è. Saluterò la Vergine piena di gloria, riconoscente per il suo atteggia­mento materno sempre avuto verso di me. Potrò unirmi al mio angelo custode, ai miei amici, alle persone care, mia mamma, ... Ritroverò tutte le anime che ho generato e rige­nerato nello Spirito, consolate e aiutate e riconciliate.

Quando giungerà l'ora dell'incontro con il Signore, capirò fino a qual punto è pre­ziosa la morte dei suoi servi, i sacerdoti, quando viene unita alla sua".

Noi siamo ora qui per unire questa vita, la vita di d. Giuseppe, alla morte di Cristo e farne così il sacrifìcio che ha vinto la morte e ha ridato la vita, la vita eterna, al mondo intero.

P Ferruccio Cavaggioni Sup. Prov. Veneta



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