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P. Mario Meneghini (8/1/1923 - 16/10/2005)


Thiene, 8 gennaio 1923

Thiene, 16 ottobre 2005


P. Mario Meneghini si è spento all'alba di domenica 16 ottobre nell'Ospedale di Thiene (Vi). Aveva 82 anni.

Da una quindicina di giorni era ricoverato nell'ospedale di Thiene per controlli e cure, dovuti a problemi di diabete. Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre è insorta, improvvi­sa ed imprevista, un'emorragia interna, che repentinamente lo ha condotto alla morte. Ora ci guarda e intercede per noi.

È morto e riposa dove era nato l'8 gennaio 1923 e dove è cresciuto e dove è stato educato cristianamente. Nella sua espansività e cordialità raccontava spesso episodi della sua vita familiare e del cristianesimo solido e sostanzioso imparato nella sua casa, con un ricordo particolare per la figura di suo padre.

È un dono della Provvidenza di Dio che la sua esistenza terrena si sia chiusa là, dove era cominciata e dove la sua vocazione di cristiano, di sacerdote e di religioso si è forma­ta.

P. Mario ha iniziato il suo cammino nella famiglia religiosa dei Giuseppini nel 1938 entrando in noviziato a Vigone ed emettendo un anno dopo la sua prima professione reli­giosa.

Il suo percorso formativo segue il tracciato di tutti i giuseppini di allora: dopo il novi­ziato a Vigone, lo scolasticato a Ponte di Piave, il magistero a Venezia e a Montecchio Maggiore, gli studi teologici a Viterbo, dove fu ordinato sacerdote il 12 marzo 1949.

Poi un servizio alla congregazione e ai giovani svolto prevalentemente nel Veneto: a Montecchio da giovane sacerdote, poi a Padova per una decina di anni dal 1953 al 1962, poi a Oderzo, come padre spirituale e insegnante di religione, poi a Vicenza dal 1969 al 1981 ; a Padova di nuovo, nella casa provinciale, poi a Conegliano fino al 2000, quando fu invitato a andare a Roma nella sede della Provincia Unita, ed egli accolse con gioia que­sta prospettiva, tanto che, quando nel 2004 gli fu proposto di tornare in Veneto, ne restò un po' dispiaciuto.

Entusiasmo e voglia di stare in mezzo alla gioventù hanno accompagnato P. Mario per tutta la sua vita: dagli anni giovanili del suo impegno zelante nell'Azione Cattolica, agli anni più recenti della sua attività nell'associazione ex allievi a livello regionale e nazionale.

Il superiore generale, P. Luigi Pierini, dalla Spagna dove si trovava, ha voluto farsi presente con un messaggio inviato a P. Mario Aldegani:

«Carissimo p. Mario.
Unisco un personale ricordo affettuoso e, a nome di tutta la congregazione, un rin­graziamento fraterno per il carissimo p. Mario Meneghini.
Testimone gioioso di una appartenenza alla nostra famiglia religiosa che per lui era veramente 'ben unita' e sorgente di santità.
Apostolo di comunione e di amicizia tra tutti coloro che sentivano amore per il Murialdo e nostalgia per i suoi insegnamenti.
Sempre giovane nello spirito e segno di speranza fiduciosa per i giovani che lo incon­travano sulla loro strada.
Resti per noi che lo ricordiamo nel suffragio e lo preghiamo, modello di semplicità e di prontezza nel servizio di Dio e dei fratelli.
Cordiali saluti,
p. Luigi Pierini, superiore generale»

P. Mario senz'altro ha vissuto ogni attimo della sua vicenda umana dentro il cuore e la provvidenza di Dio, e il suo naturale ottimismo, il suo impegno a cercare di incorag­giare tutti e sempre e di far vedere comunque il bene e il prevalere della luce sulle ombre del quotidiano, riposava certo dentro questa certezza di fede: "Nessuno vive per sé stesso e nessuno muore per se stesso. Perché se viviamo, viviamo per il Signore, se moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, apparteniamo al Signore".

"Appartenere al Signore" è una certezza che sostiene nel vivere e che accompagna nel morire; che squarcia le nebbie e i chiaroscuri della vita e che illumina di una luce potentissima il passaggio, umanamente oscuro, della morte.

Credo che P. Mario, che sapeva di appartenere al Signore, sia vissuto e sia morto den­tro questa luce.

Penso che prima di tutto questo dobbiamo ricordare e imparare da lui.

L'episodio evangelico della risurrezione di Lazzaro ci ricorda sempre che Gesù è capace di vincere la morte non solo per sé ma anche per tutti i suoi amici: per P. Mario e per tutti noi. È una pagina del Vangelo dove c'è la rappresentazione del dolore, umana­mente comprensibile, quando una persona cara ci lascia, ma anche l'annuncio del nostro vero destino, del senso che ci appartiene: ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata. Ma questa pagina ci dice anche qualcosa che illustra una caratteristica della personalità e della vita di P. Mario, che vogliamo ricordare e custodire come una preziosa eredità.

Betania, la casa di Lazzaro, di Marta e di Maria, è la casa dell'amicizia e dell'ospi­talità. È il luogo delle relazioni aperte e cordiali: Gesù visse la dimensione dell'amicizia come una qualità che caratterizzò intensamente la vita di Gesù. E caratterizzò profonda­mente anche la vita di P. Mario.

È una sottolineatura che ci fa bene e che spiega il suo impegno a seguire persone e vicende, ad interessarsi degli ex allievi e della vita delle associazioni: era la passione per il Murialdo e il suo carisma, che andava comunicato e condiviso, ed era il desiderio di allargare sempre più l'onda dell'amicizia, che, come la fede, è una luce anch'essa che illu­mina i nostri giorni.

Caro don Mario, la famiglia religiosa che tanto hai amato ha iniziato la stagione del capitolo con due punti di riferimento che ritrova nella tua vita come una partitura già splendidamente interpretata: la Famiglia del Murialdo, dentro cui si dilata e si fa più ricca ed intensa la nostra appartenenza e si rinsaldano i nostri vincoli di amicizia, ancorandosi a ragioni di fede e di impegno cristiano e la voglia di "levare lo sguardo" perché i campi già biondeggiano per la mietitura, di dare cioè un volto e un nome al tanto bene che c'è in mezzo a noi e intorno a noi, come testimoni di Cristo Risorto speranza del mondo.

Dal cielo veglia e continua ad amare questa Famiglia del Murialdo che cresce e si consolida dentro la più grande famiglia di Dio e aiutaci a levare lo sguardo e a renderci capaci con la lettura fiduciosa e positiva del presente delle persone e delle cose di lavora­re insieme per un futuro più bello e più santo.

Nel testamento di P. Mario c'è scritto "desidererei, sempre nel limite del possibile, essere sepolto nel cimitero di Thiene, assieme ai cari confratelli che ho conosciuto e con cui ho lavorato, e vicino ai miei familiari". È bello per noi realizzare questo suo desiderio che nasce da un intenso amore alle sue due famiglie: la congregazione e i suoi parenti.

p. Ferruccio Cavaggioni
sup.
prov. veneta




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