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P. Nicola Sanson (24/3/1927-12/9/2000)


Sarcedo (VI) 24 marzo 1927

Modena 12 settembre 2000



Alle ore 6.00 nella camera allestita ad infermeria all'Istituto Sacro Cuore di Modena, assistito dai confratelli, è deceduto P. NICOLA SANSON di anni 73.

Il male che l'aveva aggredito nei primi di luglio in maniera devastante, non gli ha dato tregua. Contemporaneamente il suo Spirito si è andato affinando e si é preparato al gran­de passo.

Il giorno dopo, 13 settembre alle ore 11.00, nella chiesa parrocchiale di S. Antonio nella Cittadella (MO), si sono celebrati i funerali, presieduti all'Arcivescovo di Modena-Nonantola, Mons. Benito Cochi con un gesto di attenzione molto apprezzato, e concelebrati da una sessantina di sacerdoti, tra confratelli giuseppini e membri del clero locale, davanti ai parenti e agli alunni dell'Istituto Sacro Cuore. Subito dopo la salma, per desiderio dei congiunti, è stata trasferita a Madonetta di Sarcedo (VI), dove all'indomani una nuova concelebrazione ha raccolto ancora molti sacerdoti e moltissimi fedeli della comunità parrocchiale.

L'ultimo incontro che ho avuto con D. Nicola, il 14 agosto scorso, nella camera dell'o­spedale, è stato il più bell'incontro che ho avuto con lui. Prima si parlava sempre di pro­blemi, di difficoltà, di progetti. In quell'occasione D. Nicola ha parlato di sé: con toni di serenità, con espressioni di benevolenza e dì comprensione nei confronti di confratelli, di comunità, della congregazione che mai prima aveva esternato così. Pareva che vedesse la sua vita e tutta la storia già da un'altra dimensione. Ne sono uscito edificato e commosso, e gliel'ho detto: il letto dell'ospedale e l'immobilità imposta dagli aghi nelle vene, non gli hanno impedito di mostrarsi come il D. Nicola dei tempi migliori, pronto alla battuta, capa­ce di un'ironia intelligente e spassosa assieme ad una coscienza lucida della situazione in cui si trovava. Ne abbiamo parlato apertamente, anzi è stato lui ad entrare in argomento, con espressioni di accettazione della volontà di Dio e di disponibilità a "bere il calice" che mi hanno sorpreso. Il tutto detto senza posa, anzi alternato da battute spiritose, quasi che volesse, in un momento supremo, far riemergere quella sua natura un po' scanzonata che lo ha reso in tanti anni e per tante persone un amico caro, ed una compagnia ricercata.Ed allora come non convincerci, se ce ne fosse bisogno, che alla fine quello che conta e che rende grande una persona è proprio come essa sa morire, come sa entrare nella sto­ria, assumendone con coscienza e disponibilità tutti gli ingredienti di gioie e di dolori, di successi e di sconfitte, di relazioni fraterne e di conflittualità? Nessuna meraviglia che anche D. Nicola abbia avuto le sue paure, forse anche le sue ribellioni iniziali. È legittimo che uno ricerchi la solitudine, anche per attrezzarsi ad affrontare il combattimento che, unico tra tutti, va condotto in solitudine. O meglio, per trovare compagnia e sostegno in Uno che ha sperimentato, prima di lui l'atroce solitudine: così non siete stati capaci di vegliare un 'ora sola con me (Mt 26, 40). E più ancora: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato (Mtl5,34)? Ce l'aveva accanto al letto, nel comodino della stanza: lo face­va vedere agli amici in gran segreto: l'Eucaristia, sua compagnia e sua forza.

"Siate pronti... siate svegli... tenetevi pronti... " ha risuonato il Vangelo del suo funera­le. Non tanto per lui ormai, quanto per tutti noi, a cui è dato ancora tempo per stare svegli o per dormire, per prepararci o per distrarci, per incamminarci verso un traguardo e per sederci ai margini...

D. Nicola ha avuto poco tempo di preparazione immediata, ed anche questo, per lui come per tutti, non sarebbe valso gran che, se prima non ci fosse stato un lungo tirocinio di preparazione che era iniziato con la professione religiosa, si era espresso in gesti di ser­vizio e l'aveva introdotto, quasi naturalmente, nel tempo della malattia come "tempo favo­revole" e occasione di purificazione. Gli deve essere bruciata tra le mani quella busta con­tenente la sentenza, che tuttavia aveva letto, interpretato e capito molto bene. Ora si trattava di lottare, di non scoraggiarsi, di ricorrere alle risorse umane che lo avevano sem­pre sostenuto, fino a quando anche queste si stavano dimostrando impotenti e lui ha avuto il dono di accorgersene per potersi gettare finalmente nelle braccia di Dio e per intuire che "se il suo uomo esteriore si andava disfacendo, quello interiore sì rinnovava di giorno in giorno" (2Cor 4,16).

D. Nicola era all'Istituto Sacro Cuore con mansioni di amministratore, dal settembre 1995. Ma vi era stato ancora, per dieci anni, dal 1976 al 1986 come insegnante. Nel 1995 vi giungeva dal Brandolini di Oderzo, dove era rimasto dal 1986 al 1995, sempre come economo, e prima a Mirano dal 1973 al 1976.

Quello di economo è stato il compito in cui la Congregazione gli ha chiesto di espri­mere il suo servizio, ed è stato anche l'ambito attraverso il quale lui ha manifestato il suo amore e il suo senso di appartenenza. Noi giuseppini lo ricordiamo come un esponente di una generazione di economi tutto fare, dalle mille attenzioni e preoccupazioni, sempre sulla breccia che si fanno carico di tutto: dalle spese spicciole ed ordinarie, ai progetti di ristrutturazioni e di adeguamenti. Non senza momenti di conflittualità, né sfoghi di di­sagio, peraltro sempre detti con estrema franchezza, quando si accorgeva che attorno a sé, secondo lui, non tutti e non allo stesso modo si adottava un tenore di vita austero e labo­rioso. Come non ha fatto mistero con nessuno di certe sue insofferenze circa taluni orien­tamenti che si stavano prendendo e che secondo lui non andavano nel verso del rinnova­mento, che pure auspicava con sincerità e passione.

Ma D. Nicola non è stato sempre e solo economo, sarebbe riduttivo ricordarlo solo così. Lo troviamo infatti direttore del patronato San Gaetano di Thiene dal 1970 al 1973, e del patronato Leone XIII di Vicenza dal 1964 al 1970. E prima era stato insegnante ed assistente dei giovani di Azione Cattolica sia al patronato del Santo a Padova (1962-63) e di San Gaetano di Thiene (1963-64). Sacerdote novello, dal 1955 al 1961 aveva lavorato a Padova nel patronato del Santo. Una breve parentesi ad Albuquerque (USA), aveva dovuto interrompersi per motivi di salute.

Ovunque a disposizione dei ragazzi, nella scuola o nell'assistenza, e in appoggio ai confratelli, mediante la solerte attenzione alle necessità quotidiane e la cura vigilante al buon funzionamento delle strutture.

Era nato a Sarcedo (VI) il 24.03.1927. Aveva fatto il noviziato a Vigone (TO) nell'an­no 1945-46, la professione perpetua ad Oderzo nel 1951, dopo aver compiuto gli studi di filosofia a Ponte di Piave e il tirocinio sempre a Oderzo. L'ordinazione sacerdotale è del 1955. Al paese stavano pensando alla festa per i suoi 45 anni di sacerdozio.

È bello ed edificante ripercorrere la sua vita a partire proprio dagli ultimi tre mesi che coincidono con quelli della malattia; e trovarvi la chiave per entrare nei suoi segreti, nelle sue attese, nella sua spiritualità e capire anche i suoi sfoghi. Allora quel tratto di vita, quel pezzo di strada, può diventare il momento della verità: quella di Dio s'intende, cioè la verità con cui Dio giudica la vita e la storia delle persone, passata, quasi per rivelazione e filtrata dalla croce, nella mente di D. Nicola. Allora tutto può cambiare... e stava cam­biando veramente in lui: criteri di giudizio e punti di riferimento. Che ora sta indicando a noi, suoi fratelli.

Lo ricorderemo con i suffragi di Regola: sarà memoria della sua esperienza e ricono­scenza per tanto bene ricevuto.

Padova, 18 settembre 2000

p. Agostino Cornale superiore provincia veneta


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