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O.Bertolotto: Tu lo chiameri Gesù


da: AA.VV., San Giuseppe: sposo - padre - educatore, Centro Studi san Giuseppe LEM, Roma, 1996




«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito santo. Essa partorità un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,20-21).

In questi due versetti l’evangelista Matteo sintetizza la tua grande missione, il mistero di cui tu, Giuseppe, sei stato «servo» in tutta la tua vita! Permettimi dunque di rileggere quanto il vangelo ci dice a tuo riguardo, e di parlarti, come in una conversazione familiare, giacché tu sei per me, suora Murialdina di San Giuseppe, «modello», «titolare» e «patrono».

Servo del mistero di Cristo

Il Padre volle la partecipazione della natura umana in Maria donandoci il Verbo: «Quando venne la pienezza del tempo. Dio mandò il suo figlio, nato da donna, nato sotto la Iegge...» (Gal 4,4), ma se ne rivendicò la paternità: il seme della VITA NUOVA non poteva venire solamente dalla pianta dell’umanità. SARÀ OPERA DELLO SPIRITO SANTO.

Tuttavia, appena il Verbo incarnato cominciò ad apparire tra noi, il Signore ti ha voluto come suo prezioso collaboratore e ti ha posto accanto a Maria, affidandoti i suoi più preziosi tesori.

San Matteo ci descrive il tuo travaglio interiore: «... prima che andassero a vivere insieme, Maria – la tua promessa sposa – si trovò incinta per opera dello Spirito santo» (Mt 1,18). E ti chiama «giusto» (cf. Mt 1,19) perché, pur non conoscendo l’origine della maternità di Maria ti sei rifiutato di esporla al disonore. Ti sei ritirato di fronte a Dio, rinunciando ai tuoi progetti. La giustizia che hai manifestato in questa ua decisione è un anticipo di quella che Gesù insegnerà nel discorso della montagna quando ci inviterà a non giudicare dalle apparenze, a rispettare il prossimo amandolo come noi stessi.

Il tuo agire verrà descritto come un modello di comportamento davvero umano, retto, non precipitoso. Un esempio di adesione più allo spirito che alla lettera della legge perché di questa non hai accettato un’interpretazione legalista, fredda, senza amore. Sei stato giusto, cioè onesto, fedele, buono.

Tu avevi completa stima e fiducia di Maria, la amavi teneramente, desideravi vivere insieme con lei, condividere con lei la tua vita. Avevi fatto un progetto e ora sembrava che tutto crollasse. Non capivi. Però ti sei fidato, ti sei abbandonato, e il Signore è intervenuto per rassicurarti che in questo piano meraviglioso, che superava infinitamente la tua immaginazione, tu avevi un posto importante, insostituibile: quello di introdurre il Figlio di Dio nella generazione umana. Sei stato escluso dalla sua maternità perché era una maternità unica, ma non sei stato escluso nè da lei, nè dal frutto del suo grembo.

Ecco che un angelo ti apparve in sogno: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere...» (Mt 1,20). E ti ha dato un compito speciale: «Tu lo chiamerai Gesù» (Mt 1,21). Dio ti ha fatto sapere che aveva bisogno di te. Ti ha dato il potere di introdurre legalmente il bambino nella discendenza di Davide. Verrà così designato come «figlio di Davide».

Penso di poter immaginare il tuo stato d’animo per quello che il Signore, anche oggi, chiede a noi di vivere. È difficile stare ad aspettare che il Signore riveli il suo piano... I tempi di Dio non sono i nostri... La tentazione è sempre quella di «forzare» la decisione anche se gli elementi non sono ancora chiari... Questa attesa nel buio, fidandosi solamente dell’amore di Dio che certo interverrà al momento opportuno, è dura, eppure – tu ce lo dimostri! – è l’unica «saggezza» umana di fronte a Dio. È l’attesa nel silenzio adorante!

Grazie, Giuseppe, del tuo insegnamento. Tu sei il santo dalla «insondabile vita interiore» come ebbe a definirti il papa Paolo VI.

Com’è stata grande la tua missione, Giuseppe! Sei stato chiamato a proteggere Maria e Gesù dai rischi di una maternità verginale. Sei stato chiamato a dare a Gesù il diritto di inserirsi nella successione delle generazioni di Abramo e Davide. Sei stato chiamato a imporre il nome al figlio nel contesto della circoncisione, così che il bambino acquistasse una sua personalità, entrasse nel popolo di Dio ufficialmente, partecipe d’ora innanzi dei diritti e doveri di un figlio di Abramo, di un autentico israelita, depositario delle promesse divine.

«Destatosi dal sonno fece come gli aveva ordinato l’angelo e prese con sè Maria, sua sposa» (Mt 1,24).


Obbediente

Venne poi il tempo del censimento e tu, con la tua sposa incinta, hai affrontato il lungo viaggio da Nazaret a Betlemme per «farti iscrivere là, essendo della casa e della famiglia di Davide» (Lc 2,5).

Hai voluto sottoporti alle leggi civili ed ecclesiastiche del tuo tempo. Hai affrontato il lungo viaggio e avevi... cento motivi per non andarci! Motivi dettati dal tuo amore sponsale: come posso costringere Maria ormai vicina al parto a fare un viaggio così disagevole?... Motivi dettati dal tuo amore paterno verso Gesù che stava per nascere... Come vivremo? Troverò lavoro? Dove alloggeremo? E per quanto tempo? E invece hai obbedito, ti sei fidato di Dio.

Sembra di sentir riecheggiare le parole che dirà Gesù invitandoci alla fiducia nella provvidenza del Padre: «Guardate gli uccelli del cielo... guardate i gigli del campo, non seminano, non mietono, eppure il padre vostro celeste li nutre... Non valete voi più di loro?» (Lc 12,22 ss). E tu lo hai vissuto con quella fede nella Provvidenza che fa sembrare tutto così semplice, ma chiede un profondo abbandono e una totale fiducia in Colui che ci ama e si prende cura di noi.

Come mi sei di esempio in questo tuo accogliere ogni avvenimento come manifestazione della volontà di Dio che conduce ogni cosa! E san Leonardo Murialdo guardava a te come modello di obbedienza e ancora oggi ci invita a «fare quello che Dio vuole e come lui lo vuole» perché in questo «consiste la nostra santificazione».


Povero

In quella notte quando «si compirono per lei i giorni del parto e diede alla luce il suo figlio primogenito» (Lc 2,6-7) la gioia e la delicata premura verso la tua sposa e il bambino saranno state certo grandissime, ma quale sofferenza avrai provato nel non poter accogliere il re del cielo e della terra in modo più degno... È stato «deposto in una mangiatoia perché non c’era posto nell’albergo...» (Lc 2,7).

Gli avevi però preparato l’ambiente più congeniale alla sua natura di Verbo svuotato della sua gloria: la povertà. Un’umile povertà che avrebbe suscitato un giorno nei concittadini disprezzo e scandalo a suo riguardo. «Non è egli forse il figlio del carpentiere? Da dove gli vengono dunque queste cose? E si scandalizzavano per causa sua» (Mt 13,55-56).

Notte di prodigi, la notte della nascita di Gesù. Schiere di angeli annunciavano ai pastori la lieta notizia: «Oggi è nato, nella città di Davide, un salvatore che è il Cristo Signore» (Lc 2,10) e una moltitudine cantava: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama»... (Lc 2,14).

I pastori hanno riconosciuto il segno... «un bambino avvolto in fasce giaceva in una mangiatoia» (Lc 2,16). Vi hanno riferito ciò che avevano udito dagli angeli e se ne sono andati felici. «Tutti si stupivano delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, conservava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,18-19). E tu, insieme con lei, contemplavi le meraviglie di Dio che superavano infinitamente i vostri pensieri!

«Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre» (Lc 2,21).

Quel giorno, quando al tempio, insieme a Maria, offrivi una coppia di tortore per riscattare il vostro primogenito – primogenito di ogni creatura! – con quale trepidazione avrai ascoltato le parole del vecchio Simeone: «Ora lascia, Signore che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza... luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2,29). Con Maria, ti sei meravigliato delle parole che si dicevano del figlio $pena nato, ma posso immaginare cosa sarà passato nel tuo cuore quando hai sentito che, rivolgendosi alla tua amatissima sposa, disse: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele... E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35). Chissà come si sono impresse nella tua memoria quelle parole! Gesù veniva chiamato «segno di contraddizione» (Lc 2,34). Il mistero di Cristo comincia a lasciar trasparire qualche barlume dell’abisso della sua profondità!


Casto

E che dire del tuo amore verso la vergine Maria? L’amore più puro che sia mai stato dato di vivere sulla terra! Nel vangelo vieni chiamato più volte sposo: «Giacobbe generò Giuseppe lo sposo di Maria» (Mt 1,16); «Giuseppe suo sposo che era giusto e non voleva ripudiarla» (Mt 1,19); «Maria tua sposa» (Mt 1,20); «Prese con sè Maria, la sua sposa» (Mt 1,24); «Andarono dunque a farsi registrare insieme con Maria sua sposa che era incinta» (Lc 2,5).

Tutto quello che è amore sponsale tu l’hai avuto nei confronti di Maria: i pensieri, i sentimenti, le attenzioni, l’aiuto reciproco. Tu hai amato la tua sposa come nessun sposo ha mai amato la sua sposa! Ma non l’hai voluta per te perché era la madre di Gesù, la madre di Dio. Non potevi e non volevi prenderla per te, ma l’amavi con tutto te stesso e Maria ricambiava il tuo amore con tutta la dolcezza, la delicatezza, la tenerezza della sua femminilità. Ma non ti voleva per sè perché lei era di Dio come tu eri di Dio. In tal modo il vostro amore intensissimo, sponsale, era donazione totale per Gesù e per tutti.

Quanto ho da imparare da te e da Maria nel vivere la mia consacrazione! Fammi comprendere che la castità è una pienezza di amore che non vuole prendere per sè e diventa dono totale a servizio del prossimo, con infinita tenerezza, con amabilità, con perseverante impegno, specialmente verso i più poveri e chi non è amato da nessuno.


Uomo di fede

Dopo qualche tempo dalla nascita di Gesù, ti vedo ancora a Betlemme. Magari avevi trovato lavoro... e forse pensavi di fermarti là. In modo del tutto inaspettato ecco che arrivano i magi – nuova rivelazione del mistero del figlio di Dio nei singolari doni! – e subito dopo un angelo ti apparve in sogno: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo» (Mt 2,13).

Come è possibile questo? Il re cerca di uccidere il bambino? Perché tanta violenza?

Ma tu, non hai tergiversato... «Giuseppe destatosi prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto»... (Mt 2,14).

Posso immaginare lo stupore di Maria nel sentirsi svegliare di notte: Dobbiamo fuggire... un angelo in sogno mi ha avvertito che Erode cerca il bambino per ucciderlo.

Un nuovo disagio, il viaggio, il bambino piccolo, i pericoli, in paese straniero... Dover cercare lavoro... casa... Chissà come sarete stati accolti!

È il dramma dei profughi, degli emigrati...

Il vangelo, con poche parole, tratteggia quello che lungo i secoli sarà il dramma dei rifugiati. «Spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini» (Fil 2,7).

Dopo la morte di Erode nuovamente un sogno ti indica la volontà di Dio: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese di Israele» (Mt 2,20). Ecco la tua puntuale obbedienza: «Alzatosi prese con sé il bambino e sua madre ed entrò nel paese di Israele» (Mt 2,21). Ancora un dubbio: Se c’è Archelao al posto di suo padre, sarà opportuno ritornare a Betlemme? Hai avuto paura di andarvi e un angelo ti ha avvertito in sogno di ritornare in Galilea e a Nazaret hai posto la dimora della tua famiglia. «Sarà chiamato nazareno» (Mt 2,23).

Il vangelo completa: «Fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui» (Lc 2,39-40).

Uomo di fede! Per noi ora il progetto di Dio come descritto nel vangelo è chiaro, ma per te non era così. Hai dovuto avanzare nell’oscurità della fede, insieme alla tua amatissima sposa. «La vita di fede è un camminare con Dio attraverso tutto ciò che lo nasconde. Tutto viene da Dio, dunque tutto va bene. L’uomo semplice, animato dalla fede, è contento di tutto; trova che niente gli manca e che niente è superfluo». Insegnami a vivere con questo spirito di fede tra le difficoltà quotidiane!


Un pellegrinaggio «unico»

Gesù aveva ormai dodici anni quando sei andato, insieme con Maria, in pellegrinaggio a Gerusalemme in occasione della Pasqua. Questo era un viaggio speciale perché Gesù veniva riconosciuto «adulto» nella comunità ebraica. Egli rimase a Gerusalemme a vostra insaputa e voi, con angoscia, lo avete cercato ritrovandolo dopo tre giorni.

«Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Queste parole di tuo figlio adolescente ti saranno rimaste scolpite nel cuore per tutta la vita! Hai dovuto ricominciare a capire, giorno dopo giorno, cosa potesse significare essere padre del Messia... «Essi non compresero le sue parole» (Lc 2,50).

Era troppo alto il mistero per poterlo comprendere! Dio ti chiedeva solamente di viverlo...

«Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso...» (Lc 2,51). Com’è grande il mistero di questa «sottomissione» di Gesù a te e a Maria! Risento l’eco delle parole che il Maestro dirà più tardi alle folle: «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,50).


Vita a Nazaret

Nazaret era un povero paese della Galilea dove scarseggiavano le piogge, era arretrata la tecnica agricola, sul territorio si abbattevano improvvise e gravi le carestie. La gente era sottoposta al pagamento di tasse esorbitanti a causa del dominio dei romani.

E tu, Giuseppe, con la tua famiglia, vivevi come tutti gli abitanti di Nazaret. Andavi a cercarti il lavoro, lo facevi a casa o a casa dei clienti. Glielo portavi... andavi a cercare il legno che ti serviva... il ferro... andavi al mercato... avevi la tua bottega con gli arnesi che ti servivano. Aggiustavi i tuoi utensili e quelli degli altri quando si rompevano... al sabato andavi alla sinagoga ad ascoltare la spiegazione della Scrittura.

E anche Maria viveva come tutte le donne di Nazaret... andava al pozzo ad attingere acqua... cucinava... tesseva... lavava. E magari, insieme, facevate visita ai vostri amici, ai parenti, li invitavate a pranzo o cena... partecipavate alle gioie e ai lutti del paese. Vivevate l’ordinarietà, e la provvisorietà... con un cuore grande!

Noi abbiamo in te un modello anche per «fare il bene, ma farlo bene». Tutto quello che veniva fatto da te e nella tua famiglia, era fatto bene e con amore.

Tu sei stato chiamato a velare la grandezza di Gesù, figlio di Dio. Ne hai nascosto la sapienza. Infatti Gesù apprendeva da te. Ne hai occultato la concezione verginale. Solo tu e Maria eravate partecipi del segreto. Hai avuto il compito che è quello della Chiesa nel mondo. Come la Chiesa futura, insieme a Gesù e con Gesù, hai sofferto la persecuzione, insieme a lui e con lui hai vissuto nel lavoro, nella povertà, nel disagio. Sei divenuto il modello vivo sul quale il Padre che è nei cieli ha voluto plasmare il suo stesso figlio fatto uomo.


Maestro di preghiera

Al papà ebreo spettava l’educazione dei figli alla preghiera. Tu hai

quindi insegnato a Gesù a pregare, lo hai accompagnato alla sinagoga

tutti i sabati e al tempio di Gerusalemme una volta all’anno. Hai introdotto Gesù ai grandiosi riti di Gerusalemme come a quelli più familiari della sinagoga di Nazaret.

È stato da te che Gesù ha cominciato ad apprendere quel tono di preghiera così semplice e solenne così confidente e augusto che echeggia nel Padre nostro.

Tu Giuseppe, sei stato ad un tempo maestro e discepolo di Gesù. Gli hai offerto i gesti e le formule perché potesse intrecciare con il Padre un dialogo pienamente umano.

Il vangelo ci fa conoscere Gesù in preghiera: si ritirava in luoghi solitari, nei momenti più impegnativi della vita passava la notte in preghiera, partecipava alle funzioni della sinagoga, zelava la santità del tempio, pronunciava formule di benedizione prima di prendere il cibo o si effondeva in ammirazione del Padre.

E all’inizio di questa preghiera ci sei stato tu, Giuseppe. Hai insegnato a lui le numerose preghiere che costellavano la giornata del pio israelita.

Chissà quante volte hai preso sulle tue ginocchia Gesù e gli hai insegnato a congiungere le mani oppure a distendere le braccia, ad inchinarsi, a ripetere le formule tradizionali: «Ascolta Israele, il Signore è il tuo Dio, il Signore è uno solo...» (Dt 6,4 ss).

Il Verbo di Dio, la Parola eterna, si poneva a servizio dell’uomo imparando le parole dell’uomo. E tu sei stato chiamato ad essere il suo maestro.

Certamente tante volte avrai contemplato il tuo figlio in preghiera. Con la tua sposa e con Gesù avrai gustato il silenzio mentre contemplavate insieme la natura, o durante le occupazioni giornaliere, o nei momenti dedicati alla meditazione dopo la lettura del libro sacro...

Nella mia immaginazione ti vedo al sabato quando, con Gesù e Maria, ti recavi alla sinagoga. Dopo esservi lavate le mani all’ingresso, mentre Maria si avviava al posto assegnato alle donne, tu con Gesù vi confondevate con la massa degli uomini. La funzione sacra iniziava con la preghiera di lode per i grandi benefici di Dio. Il lettore li annunciava e l’assemblea rispondeva in coro «eterno sarà il suo amore per noi» (Sl 135). Poi la comunità recitava la preghiera «Ascolta Israele...» alla quale seguivano le letture sacre con i commenti dei dottori della legge. Confusi tra il popolo ascoltavate la parola di Dio e il senso segreto di quelle parole si rivelavano a poco a poco al vostro cuore che era allenato a custodire la parola.

Anche il pasto familiare diventava un atto liturgico ed era particolarmente solenne nelle feste di pasqua. Quello spezzare il pane, quel rendere grazie, erano gli atti che Gesù aveva visto ripetere tante volte da te, Giuseppe. E non sarai proprio stato tu a insegnargli i preparativi per la festa solenne di Pasqua, come leggiamo nel vangelo? (cf. Lc 28,8-13).

Accompagnandoti nel lavoro di ogni giorno, Gesù è stato introdotto a quella visione religiosa del mondo che nel vangelo avrebbe poi raggiunto le vette più alte e meravigliose.

Tra le mille scene della vita paesana, che poi con tanta vivacità appariranno nelle parabole, Gesù cresceva e maturava in un ambiente sano e sereno, naturale e robusto, pregno del senso religioso della vita e della natura.


Papà

Il Vangelo di Luca ti nomina come padre e chiama te e la tua sposa «genitori» di Gesù: «mentre i genitori di Gesù vi portavano il bambino per adempiere la legge» (Lc 2,27); «il padre e la madre si stupivano delle cose che si dicevano di lui» (Lc 2,33); «i suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme» (Lc 2,41); «il fanciullo rimase a Gerusalemme senza che i suoi genitori se ne accorgessero» (Lc 2,43); «ecco tuo padre ed io angosciati ti cercavamo» (Lc 2,48).

Tu non hai generato Gesù, ma hai avuto il dono della paternità in modo pieno. Hai avuto tutto l’amore, tutta la tenerezza, le premure del papà. Hai avuto un compito infinitamente grande e ti sei impegnato a farlo bene. Hai fatto da padre tenerissimo al figlio di Dio. Ti sei fidato di Dio e hai risposto con la totalità della tua vita al suo amore.

Hai avuto la gioia di essere chiamato da Gesù con lo stesso nome che più tardi avrebbe dato al Padre dei cieli: «Abbà», papà.

Così a Nazaret Gesù è diventato, di giorno in giorno, adulto. Egli che sarebbe stato modello ed esempio universale per tutte le generazioni, ha avuto in te, Giuseppe, un modello.

La tenacia e la fermezza con cui affrontò il suo compito nel mondo, la dedizione al prossimo, l’amore al lavoro, l’umiltà e la mansuetudine con cui avanzava in mezzo all’odio e all’orgoglio degli uomini, il silenzio di cui volle circondata la sua persona e la sua preghiera, tutto confermava in Gesù qualche tratto di san Giuseppe. Tutto manifestava che egli era il figlio di Giuseppe.

Naturalmente quel figlio e discepolo diveniva a sua volta maestro ed esempio per te, Giuseppe, con un crescendo che si commisurava alla sua età.


Il progetto di Dio

L’annuncio dell’angelo a te, Giuseppe, contiene in sintesi, sia la tua missione paterna, sia quella del messia nascituro. «Tu lo chiamerai Gesù, egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). San Matteo indica nel peccato la radice di tutti i mali dell’uomo e perciò l’opera di salvezza nella sua totalità.

Tu lo chiamerai Gesù. Imponendo il nome ti riconoscevi padre del messia e nello stesso tempo manifestavi che quel figlio era già donato, era già di tutti.

Mettevi il tuo contributo al piano misericordioso del Padre che per salvare gli uomini sacrificava il Figlio, disposto a servire umilmente la divina vocazione del figlio, primo tra quei genitori del regno che sanno rinunciare ai loro progetti per lasciare che i figli chiamati da Dio servano a Lui solo con cuore indiviso; primo tra quei genitori che sanno credere alla vocazione dei figli e vedono a poco a poco Dio affermare la sua regalità nella loro famiglia.

Sei stato chiamato tu, l’uomo del silenzio, a dire la grande parola, a imporre al Figlio di Dio il NOME CHE È AL DI SOPRA DI OGNI ALTRO NOME.

Il salmista aveva detto: «Lo costituirò mio primogenito, stabilirò per sempre la sua discendenza» (Sl 88,27-30). Ora la promessa era divenuta realtà. Era il nome dell’annuncio e del compimento della salvezza.

Da quel remoto angolo di Palestina, il NOME cominciò la sua corsa. Sarebbe stato amato come nessun altro: apostoli, martiri, confessori, vergini, avrebbero dato la vita per Lui.

Nel nome di Gesù saranno rimessi i peccati (cf. 1 Gv 12), ogni azione degli discepoli sarà vivificata dalla potenza del Nome (cf. Col 3,17), ogni loro preghiera prenderà forza da quel nome che li tiene raccolti nell’unità (cf. Mt 18,20) e le sofferenze che dovranno affrontare per il Nome si trasformeranno in beatitudine (cf. 1 Pt 4,14). Infine sarà l’invocazione del Nome che li salverà (cf. Rom 10,13), perché quello è il Nome che è al di sopra di ogni altro nome (Fil 2,9-10); ogni potenza terrena o celeste si prostrerà a Lui.

Abbiamo bisogno di non dimenticare mai l’unico autentico NOME DELLA SALVEZZA E tu, Giuseppe, continua a ripeterlo pazientemente su ciascuno di noi per renderci consapevoli della nostra realtà e della nostra meta ultima. Tu che sei stato il servo del mistero di Cristo, dagli inizi a Nazaret fino al compimento, quando Dio sarà tutto in tutti per l’eternità.

Scelto per servire l’uomo in cui abita corporalmente la pienezza della divinità hai avuto dal Padre un cuore capace di restare adorante e silenzioso nell’adempimento del tuo sublime ministero. Ti prego per tutti i sacerdoti, per coloro che sono chiamati ad essere amministratori dei beni di Dio, per coloro che battezzano e formano i nuovi cristiani seminando generosamente la parola del Padre.

La vita della Chiesa testimonia la tua presenza sul cammino del popolo di Dio. Tu non sei soltanto invocato nelle difficoltà di ordine materiale. Il tuo servizio più prezioso è tutto interiore e sono proprio le anime attratte alla vita interiore a scoprirlo più facilmente.

Ogni battezzato è chiamato a vivere il silenzio come condizione per poter percepire la bellezza e grandezza di Dio. È nel silenzio che possiamo accogliere la Parola che salva.

Il nome di Gesù, deposto in noi nel battesimo è la nostra ricchezza, perché in Lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio (Col 2,3).

Chi accoglie il Nome si troverà immerso nel suo infinito amore e sarà gioia senza fine, per sempre!


Bibliografia:

1) Carmelitane Scalze di Valmadonna, Giuseppe l’uomo della grande parola, Edizioni Joseph, Asti, 1984.

2) Umberto Lovato, S. Giuseppe un personaggio da riscoprire, Edizioni Paoline, 1991.

3) Jean Radermakers, Lettura Pastorale del vangelo di Matteo, EDB, 1986.

4) Andrea Tessarolo, Lezionario meditato, volume III, EDB, 1983.

5) Aldo Marengo, Il carisma di san Leonardo Murialdo, corso di Esercizi spirituali alle suore Murialdine, anno 1989. Dattiloscritto.

6) Vita di fede a cura di Giuseppe Fossati, anno murialdino 1990-91.

7) La Sacra Bibbia, edizione ufficiale della CEI.

8) Congregazione Suore Murialdine di San Giuseppe, La Regola di Vita, 1982.



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