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Lettera enciclica "Quamquam pluries"


QUAMQUAM PLURIES

Lettera enciclica di papa Leone XIII

Abbiamo già più volte ordinato che si facessero in tutto il mondo speciali preghiere e si raccomandassero sempre più insistentemente a Dio gli interessi della Chiesa cattolica, ma a nessuno deve far meraviglia se riteniamo di dover ancora insistere nel ricordare a tutti questo dovere.

Nelle difficoltà, soprattutto quando sembra che il potere delle tenebre possa usare ogni mezzo contro il cristianesimo, la Chiesa è solita invocare con suppliche Dio, (che l'ha voluta e la difende), con fervore e perseveranza sempre maggiore, ricorrendo anche all’intercessione dei santi, soprattutto dell'augusta Vergine Madre di Dio, nel patrocinio dei quali spera di trovare aiuto. Il frutto delle devote preghiere e della fiducia riposta nella bontà divina prima o poi si manifesta.

Venerabili Fratelli, conoscete bene i tempi che corrono: non sono certo meno drammatici di quelli che il cristianesimo ha dovuto affrontare in passato. Infatti vediamo che la fede, principio di tutte le virtù cristiane, è morta in moltissimi uomini; la carità è venuta meno; la gioventù cresce con idee e costumi depravati; la Chiesa di Cristo è combattuta da ogni parte con violenza e perfidia; contro l'azione del Papa si fa un'opposizione feroce; le stesse fondamenta della religione sono corrose con sfrontatezza sempre maggiore.

Non occorre denunciare a parole, tanto è chiaro, fino a che punto si sia scivolati in basso in questi ultimi tempi e quanto si stia ancora facendo su questa linea.

In questa situazione pericolosa e miserevole, le difficoltà sono superiori a quanto possono fare le forze dell'uomo. Non resta quindi che implorare la potenza di Dio per superarle.

Per questo motivo abbiamo ritenuto necessario esortare la pietà del popolo cristiano perché si implori con maggiore fervore e costanza l'aiuto di Dio onnipotente. In occasione del mese di ottobre, che abbiamo già dedicato alla Vergine del Rosario, vi esortiamo vivamente a celebrare quest'anno tutto il mese con la massima devozione, pietà e frequenza.

Sappiamo che Dio ci ha preparato un rifugio sicuro nella materna bontà della Vergine e siamo certi che le speranze riposte in lei non saranno deluse. La Vergine ha protetto la Chiesa innumerevoli volte, in circostanze drammatiche: dobbiamo avere fiducia che interverrà anche ora dimostrando la sua potenza e la sua grazia, a patto che ricorriamo a lei con preghiere umili e costanti. E se dovremo pregare più a lungo, siamo anche certi che ci assisterà in modo ancora più straordinario.

Ma abbiamo anche, venerabili Fratelli, un’altra intenzione, che speriamo ci aiutiate a realizzare diligentemente, come siete soliti fare. Crediamo che Dio si mostri più favorevole alle preghiere e venga in aiuto alla sua Chiesa più prontamente e con maggiore larghezza quanto più numerosi sono quelli che lo pregano. Siamo quindi convinti che è quanto mai opportuno che il popolo cristiano prenda l'abitudine di implorare con devozione particolare e con animo fiducioso, insieme alla Vergine Madre di Dio anche il suo castissimo sposo san Giuseppe. Abbiamo anche buoni motivi di pensare che ciò sia molto gradito alla stessa Vergine.

È la prima volta che affrontiamo pubblicamente questo argomento. Sappiamo però che la pietà popolare non solo è favorevole al culto di s. Giuseppe, ma lo ha sviluppato per conto proprio. I romani Pontefici in passato si erano già impegnati a promuoverlo ed estenderlo gradatamente, fino a fargli raggiungere lo sviluppo notevole che riscontriamo in questi ultimi anni, soprattutto dopo che il nostro predecessore di felice memoria, Pio IX, sollecitato da moltissimi Vescovi, ha dichiarato il santissimo Patriarca patrono della Chiesa cattolica.

Ma è assai importante che il culto di s. Giuseppe metta radici profonde nel costume cattolico e nelle istituzioni; per questo vogliamo incoraggiare il popolo cristiano anche con la nostra voce e con la nostra autorità.

Le ragioni per le quali san Giuseppe è stato nominato patrono speciale della Chiesa e per le quali la Chiesa, a sua volta, si aspetta moltissimo dalla sua protezione, vanno indicate nel fatto che egli fu sposo di Maria e fu ritenuto padre di Gesù Cristo. Da qui derivò a lui tutta la grandezza, la grazia, la santità e la gloria. Certamente, la dignità di Madre di Dio è tanto sublime che nulla vi può essere di più grande. Ma poiché Giuseppe e Maria furono legati da un vincolo coniugale, non c'è dubbio che egli si avvicinò come nessun altro a quell'altissima dignità che rende la Madre di Dio tanto superiore a tutte le creature. La vita coniugale è l'unione e la forma di amicizia superiore ad ogni altra, poiché per propria natura comporta lo scambio dei beni; perciò se Dio ha dato Giuseppe come sposo alla Vergine, non solo glielo ha dato come compagno di vita, testimone della sua verginità, garante della sua onestà, ma lo ha reso anche partecipe della sua eccelsa grandezza in forza del patto coniugale.

Così, tra tutti i santi, Giuseppe occupa un posto unico anche per la straordinaria dignità che Dio gli ha conferito di essere il custode del figlio suo e di esserne da tutti ritenuto il padre. In conseguenza di questa sua posizione, il Verbo di Dio si sottomise umilmente a Giuseppe, obbedì alle sue parole e gli rese quell’onore che i figli sono tenuti a dare al proprio padre.

Da questa duplice dignità derivavano quei doveri che per natura incombono ai padri di famiglia. In quanto capo della sacra famiglia, Giuseppe ne fu anche il custode e il difensore legittimo e naturale. Per tutta la sua vita egli si mantenne fedele ai doveri e alle incombenze che Dio gli aveva affidato.

Giuseppe si impegnò a proteggere con sommo amore e con vigilanza quotidiana la sposa e il figlio divino. Con il proprio lavoro procurò loro ogni giorno il cibo e il necessario alla vita. Quando la loro vita fu in pericolo a causa dell'invidia del re Erode, li salvò portandoli in un rifugio sicuro. Fu compagno inseparabile della Vergine e di Gesù, assistendoli col suo aiuto nei disagi dei viaggi e nelle difficoltà dell'esilio.

Ma la casa divina, che Giuseppe dirigeva con l'autorità di un vero padre, era la culla della Chiesa nascente. La Vergine santissima, in quanto madre di Gesù Cristo, è anche madre di tutti i cristiani, poiché li ha come generati in mezzo ai dolori atroci del Redentore sul Calvario. Gesù Cristo stesso è come il primogenito dei cristiani, che sono diventati suoi fratelli per adozione e per redenzione.

È per questi motivi che il beatissimo Patriarca considera come affidata a sé in modo speciale la moltitudine dei cristiani, dai quali è costituita la Chiesa; questa famiglia numerosissima sparsa in tutto il mondo sulla quale egli gode di un'autorità quasi paterna in quanto sposo di Maria e padre di Gesù Cristo. È dunque sommamente conveniente e degno di san Giuseppe che egli oggi difende e protegge la Chiesa di Cristo col suo celeste patrocinio, come era solito fare durante la vita con la sua santità nei confronti della famiglia di Nazaret, in ogni circostanza.

Queste affermazioni, Venerabili Fratelli, trovano una conferma, come ben sapete, nell’opinione di non pochi Padri della Chiesa. In accordo con la sacra liturgia, essi hanno letto nell’antico Giuseppe, figlio del patriarca Giacobbe, l’anticipazione della persona e della missione affidata al nostro Santo, e negli onori che quello ricevette, hanno visto la grandezza del futuro custode della divina famiglia.

Entrambi hanno ricevuto lo stesso nome, ricco di significati, ma sapete bene che tra loro vi sono ancora altri punti di contatto molto rilevanti. In primo luogo, l'antico Giuseppe si guadagnò la benevolenza singolare e la stima del suo padrone. Grazie a Giuseppe, al quale era stata affidata il governo della casa, tutti gli affari del padrone riuscivano nel migliore dei modi. Per ordine del faraone inoltre, governò su tutto il regno con poteri assoluti. E quando la cattiva stagione causò raccolti scarsi e carestia, egli provvide alle necessità degli Egiziani e dei popoli vicini con tanta intelligenza che il faraone ordinò di chiamarlo salvatore del mondo.

Così nell’antico Patriarca possiamo scorgere la figura del nostro santo. Il primo fu motivo di prosperità e di benessere per la casa del suo padrone e poi per tutto il regno; il secondo, che è stato destinato a custodire il popolo cristiano, deve essere ritenuto difensore e protettore della Chiesa, che costituisce la vera casa del Signore e il regno di Dio sulla terra.

Tutti i cristiani, di qualunque condizione o stato, hanno un buon motivo di affidarsi completamente all’amorosa protezione di san Giuseppe. I padri di famiglia trovano in Giuseppe il più sublime modello di vigilanza e attenzione paterna; i coniugi trovano in lui un perfetto esemplare di amore, di concordia e di fedeltà coniugale; i vergini hanno in lui un esempio e una protezione dell'integrità verginale. I nati da famiglie nobili, guardando la figura di Giuseppe, imparino a mantenere la loro dignità anche se sono decaduti. I ricchi cerchino di capire quali sono i beni che devono essere desiderati e raccolti.

I proletari, gli operai, coloro che non hanno ricchezze, devono ricorrere a Giuseppe quasi per un diritto loro proprio e imparare da lui quello che devono imitare. Egli, infatti, sebbene di sangue reale, unito in matrimonio con la più santa e straordinaria delle donne, ritenuto padre del figlio di Dio, tuttavia passò la sua esistenza nel lavoro e con le mani e le capacità di un buon artigiano procurò il necessario alla vita per i suoi familiari.

Dobbiamo dunque riconoscere che non è vergognosa la condizione di vita di quelli che socialmente non contano nulla. Nessun lavoro, anche manuale, è indecoroso. Anzi, può diventare titolo di nobiltà, se esercitato con dignità.

Giuseppe, accontentandosi del poco che aveva, sopportò con animo tranquillo e forte le privazioni legate inseparabilmente a un modo di vita molto modesto. Imitava in ciò l’esempio di suo figlio, che pur essendo il padrone di tutte le cose accettò di presentarsi come uno schiavo e scelse volontariamente di vivere in povertà estrema.

Animati da queste riflessioni, i poveri e quelli che si guadagnano da vivere con il lavoro delle proprie mani, devono sentirsi incoraggiati e spinti a valutare rettamente le cose. Non va contro la giustizia che essi possano sollevarsi dall’indigenza e migliorare il proprio tenore di vita; ma non è ragionevole né giusto sovvertire un ordine stabilito dalla provvidenza di Dio. Usare poi la violenza e tentare di cambiare le cose mediante sommosse e tumulti di piazza è un progetto pazzesco che quasi sempre produce danni più gravi di quelli che voleva eliminare. Perciò i più deboli socialmente, se hanno intelligenza, non si fidino delle promesse di gente che li spinge alla rivolta; ma si rivolgano agli esempi e alla protezione, di s0n Giuseppe, come anche alla materna carità della Chiesa, che si prende cura della loro condizione con interessamento sempre crescente.

Venerabili Fratelli, Noi ci attendiamo moltissimo dalla vostra autorità e dal vostro zelo di vescovi. Siamo anche sicuri che le persone buone e pie faranno spontaneamente molto più di quanto Noi abbiamo comandato. Pertanto decretiamo che durante tutto il mese di Ottobre alla recita del Rosario, che abbiamo già prescritta altre volte, si aggiunga la preghiera a san Giuseppe, che vi viene spedita insieme a questa Enciclica. Questa predica deve essere osservata ogni anno, in perpetuo. A coloro che reciteranno devotamente la preghiera alla quale abbiamo fatto cenno, concediamo ogni volta l’indulgenza di sette anni e di altrettante quarantene.

È anche utile e molto lodevole, consacrare il mese di Marzo in onore del santo Patriarca con pratiche di pietà quotidiane, come si usa già fare in molti luoghi. Dove non si può introdurre facilmente questa pratica, è auspicabile che prima della sua festa si celebri almeno un triduo di preghiere nella chiesa principale di ogni città.

Nei paesi dove il 19 marzo, giorno consacrato a San Giuseppe, non è considerato festa di precetto, raccomandiamo a tutti i fedeli di fare il possibile per santificarlo almeno privatamente, come se fosse un giorno festivo, in onore del celeste Patrono.

E intanto, Venerabili Fratelli, a Voi, al Clero e al vostro popolo, di tutto cuore impartiamo nel Signore l’Apostolica Benedizione, come auspicio dei doni celesti e segno della Nostra benevolenza.

Dato in Roma presso S. Pietro il giorno 15 agosto del 1889, anno duodecimo del Nostro Pontificato.

Leone PP. XIII



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