In occasione dell’incontro internazionale (maggio 2012) sulla famiglia a Milano voglio ricordare una coppia di sposi dei quali è stata introdotta la causa di beatificazione: Giovanni Gheddo (1900-1942) e Rosetta Franzi (1902-1934).
Si conobbero a Crova dove Rosetta era insegnante elementare, mentre Giovanni era di Tronzano Vercellese, dove i due sposi andarono ad abitare una volta celebrato il matrimonio il 16 giugno 1928. La prima notte di nozze la passarono in preghiera presso il santuario della Madonna di Oropa. Ebbero tre figli: Piero (sacerdote del PIME e noto scrittore, sua la frase del titolo), Francesco e Mario.
Rosetta morì di parto gemellare e di polmonite.
Il marito Giovanni, già vedovo e con tre figli da far crescere, fu inviato in Russia, probabilmente per punire il suo antifascismo. Partì per il fronte russo della seconda guerra mondiale il 10 luglio 1942. Hanno ricordato i testimoni: “Era sereno e disse alla sorella Emma: «Non piangere, stai allegra, il Signore decide per noi e ci vuole bene». Era tranquillo: «Lasciate che io vada a difendere la nostra santa religione», rispose ai figli Mario e Francesco alla stazione di Santhià alle loro tremolanti domande: «Tu ci lasci, ma quando ritornerai? E perché vai così lontano?». Una risposta “folle” la sua… folle come l’amore che aveva per Dio, come la santità che visse insieme alla moglie Rosetta.
Parte lasciando certezze: l’amore per la consorte, tale e quale il primo giorno di fidanzamento e il primo giorno di nozze; l’amore per i figli Piero, Francesco, Mario; l’amore per la madre e le sorelle, l’amore per la sua terra. Parte con la fede in Dio per la quale sa donare tutto. Una fede semplice e matura, genuina e forte quella di Rosetta e Giovanni, una fede così grande e potente, che permette di vivere quei legami che né dolore, né morte possono sciogliere”.
Secondo una testimonianza di un reduce dalla campagna di Russia, Giovanni muore per non aver voluto abbandonare degli italiani feriti. Al suo giovane commilitone, disse: «Vai via tu che sei giovane; io la mia vita l’ho già vissuta». E’ stato dato per disperso.
E’ stato scritto di loro: «Rosetta e Giovanni vissero in perfetta comunione di intenti, conducendo una vita di preghiera e di lavoro, dove la Messa ed il santo Rosario erano i due perni della loro quotidianità. Riconobbero il Cristo, ne parlarono alla luce, lo annunciarono sui tetti e persero la vita per Lui. Questi santi genitori hanno affidato in maniera univoca la propria esistenza al Signore, lasciando che Lui solo agisse, senza lasciarsi distrarre dalle cose del mondo. Hanno creduto senza aver visto e hanno donato se stessi per ritrovarsi nella gloria di Dio. In vita hanno arricchito la vita della propria famiglia e della popolazione di Tronzano Vercellese. Post mortem arricchiscono tutte le persone e le famiglie che vengono a conoscenza della loro unione straordinaria, del loro esempio di virtù. Vigilanti come sentinelle, Rosetta e Giovanni hanno seguito nel cuore, nella mente e nelle azioni ciò che insegna san Paolo: «State dunque ben fermi , cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio» (Ef 6,15-17)».
Il figlio padre Piero Gheddo ricorda: « Mons. Enrico Masseroni, arcivescovo di Vercelli, comunicandomi la sua decisione di iniziare la causa di canonizzazione, mi ha detto fra l’altro: «La cosa mi interessa molto e la metto nelle mani di Dio. Io stesso ho avuto un papà straordinario e considero la causa di beatificazione del tuo esemplare, perché rappresenta una schiera di uomini dell’Azione cattolica. Anche mio papà aveva fatto la guerra. E mi fa piacere che le figure di tuo padre e di tua madre vengano additate come modello in un tempo come il nostro in cui manchiamo di modelli, un tempo di «aurea mediocrità». Anch’io sono dell’avviso che la chiamata di tutti alla santità dev’essere documentata con esempi concreti. Ricordiamo e onoriamo i tuoi genitori per ricordarne tanti, tantissimi altri».
p.Tullio Locatelli
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