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"Vita della Chiesa" - La radice e il come dell'ed. cristiana.


(Segue dal numero precedente)

Gesù, il Maestro è il titolo del secondo capitolo del documento che presenta gli orientamenti pastorali per la Chiesa italiana. Gesù, che educa con la sua vita, richiama l’educatore al grande impegno di essere educatore in quanto testimone. Il modo con cui Gesù è Maestro è presentato come paradigma per l’educatore cristiano.

Gesù si mette ad insegnare alla folla molte cose, prima di compiere il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, secondo la narrazione di Marco al capitolo sesto. Gesù coglie nella folla un senso di smarrimento e il desiderio di sentire qualcosa di decisivo per la propria vita, qualcosa di ben più importante del pane materiale. C’è una parola da spezzare perché si colga il senso del miracolo, una parola da fare propria prima di essere pronti a ricevere il dono del pane. (cf nn. 17,18).

L’inizio del capitolo terzo, dal titolo Educare, cammino di relazione e di fiducia, ci dice come Gesù sappia educare costruendo una relazione ricca di fiducia. Tre sono i tempi del suo primo incontro con alcuni discepoli, secondo il vangelo di Giovanni al capitolo primo: suscitare e riconoscere un desiderio, fare una proposta coraggiosa, accettare la sfida. (cf Gv 1,39).

Dopo questo primo impatto Gesù è capace di sostenere i suoi discepoli in un cammino di perseveranza (cf Gv 6, 1-71), aiutandoli a capire che per imparare ad amare occorre accettare di essere amati (cf Gv 13,6). I brani evangelici riportano momenti di “crisi” nel rapporto tra Gesù e i suoi discepoli, momenti nei quali occorre prendere la decisione di continuare o meno lo stare con Gesù, accettandone fino in fondo la parola e l’azione.

Il fine di tutto il cammino, il compimento della relazione educativa tra Gesù e i suoi discepoli, è l’amore. La relazione va vissuta nell’amore perché chiede la piena disponibilità dell’educatore, un vivere secondo una familiarità confidente, fondata su una scelta di libertà e di gratuità dell’educatore e dell’educando.

L’esperienza del gruppo dei discepoli ci parla di una esperienza umana e spirituale insieme, per cui l’essere educati diventa un lasciarsi generare a nuova vita. Non è facile e nemmeno cosa spontanea. Per questo il documento ricorda la necessità del tempo (Dio educa il suo popolo lungo quaranta anni nel deserto), il coraggio (Dio sostiene nei momenti difficili, interviene anche in modo forte per correggere l’errore), la meta (Dio rimane fedele alla promessa come punto di arrivo di tutto il cammino). (cf nn. 27,28).

Il documento torna spesso sulla figura dell’educatore che si presenta con la credibilità del testimone, ricco di passione per l’educazione, capace di gestire i momenti alti della vita dei giovani, che sa dare senso ad ogni ambito della vita quotidiana. (cf nn. 29-33).

Su questa scia la Chiesa può presentare una storia di santità che si è espressa nell’evangelizzare educando: «Molte sono le figure esemplari – tra cui non pochi santi – che hanno fatto dell’impegno educativo la loro missione e hanno dato vita a iniziative singolari, parecchie delle quali mantengono ancora oggi la loro validità e sono un prezioso contributo al bene della società» (n. 34).

Come non sentire qui risuonare il nome del Murialdo e di tanti Giuseppini e laici che hanno costruito la storia della nostra congregazione e oggi realizzano la dimensione di servizio educativo della Famiglia del Murialdo? Nell’opera di questi grandi testimoni, ma non dimentichiamo i tanti che non fanno rumore e non vanno in prima pagina, i vescovi traggono le caratteristiche specifiche dell’azione educativa cristiana: «l’autorevolezza dell’educatore, la centralità della relazione personale, l’educazione come atto di amore, una visione di fede che dà fondamento e orizzonte alla ricerca di senso dei giovani, la formazione integrale della persona, la corresponsabilità per la costruzione del bene comune». (n. 34).

La preghiera conclusiva dice tra l’altro: «Maria, donna premurosa, destaci dall’indifferenza che ci rende stranieri a noi stessi. Donaci la passione che ci educa a cogliere il mistero dell’altro e ci pone a servizio della sua crescita. Liberaci dall’attivismo sterile, perché il nostro agire scaturisca da Cristo, unico Maestro». (n. 56).

p. Tullio Locatelli




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