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"Posso farti una domanda?" - Ma perchè devo andare a Messa?


Chi di noi genitori, educatori, sacerdoti non si è mai sentito rivolgere questa domanda? In genere sono gli adolescenti o addirittura i preadolescenti del “dopo-cresima” a porre questo interrogativo, che ne porta in sé tanti altri. Chi rivolge questa domanda probabilmente non ha vissuto la messa come gioia, ma come noia; ha trovato nella messa tanti riti e non tanta vita.

Devo? La dimensione del dovere collegata con la fede è alquanto problematica. Gesù offre la salvezza, invita alla festa, chiama. La logica del precetto dovrebbe essere superata da tempo: presentiamo ancora la fede come un insieme di doveri? Certo, il senso del dovere è un aspetto educativo da recuperare, ma la messa è un dono da accogliere, non un obbligo esteriore; dovrebbe essere una festa, non una tassa. Resta da chiederci come le nostre celebrazioni riescono ad essere festose, interpellanti, un dono per i nostri giovani. E se facessimo, almeno in alcune parrocchie, una messa celebrata proprio per i giovani e adatta ai giovani?

Sempre? Che parolona! Se poi a pronunciarla è un adolescente che va a messa a Natale e Pasqua (se va bene…) quel “sempre” suona alquanto stonato. Fa riflettere però sul senso del tempo nella nostra vita odierna: accelerato, consumato, pieno di tante cose, soprattutto per i giovani. Riflettendo in molte classi delle scuole superiori sul tempo libero, molti dicono di averne troppo poco! Eppure stanno ore al computer e al telefonino, o davanti allo specchio; hanno ogni giorno allenamenti sportivi e, forse, dedicano un po’ di tempo anche allo studio. Tutto sacro, tranne il tempo per la propria interiorità, la propria spiritualità, la propria fede. E quindi la domenica non è più il giorno del Signore, ma il giorno del sonno, per recuperare le ore piccole delle sacre feste del sabato sera; o il giorno delle gite al mare o in montagna; forse il giorno per recuperare i compiti non fatti in settimana. Così il “sempre” diventa “mai” o quasi mai. E del tempo ce n’è sempre meno, perché a forza di consumarlo non ce lo ritroviamo più. Meno male che c’è la messa del sabato sera, così qualcuno più coraggioso ci va prima di uscire con gli amici. E se facessimo una messa in orari più adatti ai giovani?

Andare a Messa? Già l’espressione in sé è infelice. E poi quale giovane tra messa e festa sceglie messa? Tra messa e sport non sceglie lo sport? Le dimensioni della fede non sembrano ambiti da giovani di oggi. Nella nostra società e cultura occidentale, così votata al benessere e all’apparenza, l’età giovanile sembra più età di esplorazione, di spensieratezza, di divertimento e non di gioia vera. Andare a messa invece vuol dire stare in silenzio, vuol dire ascoltare, pensare, pregare, porsi degli interrogativi che obbligano a rivedere le proprie priorità. Vuol dire riconoscere che non sono “IO” il centro del mondo, ma all’io devo aggiungere una “D” e trovare Dio, aggiungere una “N” e trovare il Noi della comunità di cui faccio parte e di tutta la comunità umana. E se invece che essere noi ad andare a messa, fosse la messa che viene incontro a noi?

Perché? Dicono che sia la domanda più tipica dell’essere umano, che pensa, che ricerca i significati del fare, del vivere, dell’esistere. E questo se lo chiedono anche i giovani, anche quelli attenti solo al look, anche quelli inebetiti da tante sostanze e da tante illusioni. Tutti prima o poi se lo chiedono. Già, prima o poi: meglio prima che poi, perché poi potrebbe essere tardi. Ma il prima è questione di cultura, è questione di educazione. E se riprendessimo tutti a educarci alle domande, più che cercare risposte illusorie? E se invece di solo informare, accumulare, consumare… cercassimo soprattutto di educare, ricercare, contemplare? Forse la domanda del titolo potrebbe allora diventare: Perché non invitiamo tutti alla festa della Vita e della Gioia senza fine?

p. Massimo Rocchi




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