Questo titolo è un modo un po’ originale di tradurre una raccomandazione di San Paolo ai cristiani nella lettera ai Colossesi “Irremovibili nella speranza”. (Col 1,23)
La Pasqua è un principio di speranza piantato nel cuore dell’uomo e del mondo, che nulla e nessuno può più strappare.
Qualcuno ha scritto che il nostro è il tempo del “generale sacrilegio”.
L’uomo cerca la speranza come ossigeno necessario per il respiro dell’ anima, ma il fiato pare sempre più corto.
Noi però sappiamo di vivere e di essere immersi nel “tempo pasquale”, quando la speranza ha un volto e un nome: Gesù Cristo.
Come credenti nella Pasqua, siamo indissolubilmente legati alla Speranza.
Al di là delle nostre povere speranze: queste si formulano dicendo: Io spero che… Quella, invece, dicendo semplicemente: Io spero.
Guardando la realtà con gli occhi stessi del Risorto, noi non possiamo che essere persone di speranza, perché vediamo tutto quello che è in noi e intorno a noi ricco di fermenti pasquali.
È sul positivo che si costruisce, non sulle macerie ossessivamente scavate dai profeti di sventura di turno.
Papa Giovanni XXIII così dichiarava all’inizio del Concilio Vaticano II: “A noi sembra di dover dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo. Nel presente momento storico, la Provvidenza ci sta conducendo a un nuovo ordine di rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più al di là della loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento di disegni superiori ed inattesi”.
Parole attualissime.
La storia, in definitiva, non è negli artigli dei lupi, ma nelle mani della Provvidenza. Che interviene. Certo, con i suoi tempi, che non corrispondono agli orari dei nostri orologi. Il terzo giorno, tuttavia, viene.
Possiamo percorrere il deserto della vita, certi che ci sono ancora abbastanza cisterne per sopravvivere alla siccità.
Possiamo camminare nella notte del pensiero, sicuri che ci sono abbastanza stelle per vincere la cecità figlia del buio.
Possiamo passare tra la folla assorta, capaci di avvertire il più piccolo gesto d’amore e di non soccombere all’indifferenza.
Possiamo attraversare la morte, le morti e uscirne, sorprendentemente, definitivamente vivi.
Irremovibili nella speranza.
Buona Pasqua!
p. Mario Aldegani
padre generale
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