È Natale ogni volta
che sorridi a un fratello e gli tendi la mano.
È Natale ogni volta
che rimani in silenzio per ascoltare l'altro.
È Natale ogni volta
che non accetti quei principi che relegano gli oppressi ai margini della società.
È Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano nella povertà fisica e spirituale.
È Natale ogni volta
che riconosci con umiltà i tuoi limiti e le tue debolezze.
È Natale ogni volta
che permetti al Signore di rinascere per donarlo agli altri.
(Madre Teresa di Calcutta)
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L’OBIETTIVO:
Questo nostro mondo ha bisogno di uomini e donne portatori di luce. Ha bisogno di giovani che accolgano la chiamata di Dio e si consacrino totalmente. Come Gesù, come Maria, come san Leonardo Murialdo. Per questo possiamo pregare, dobbiamo pregare. Ce l’ha chiesto il Signore: perché non ascoltarlo? Anche tu puoi farlo se vuoi prenderti a cuore le sorti del mondo. Insieme possiamo realizzare un sogno: una grande famiglia che nella preghiera bussa ininterrottamente al cuore di Dio.
LA PROPOSTA:
Ti proponiamo di impegnarti in un’ora di preghiera al mese per questo motivo. Ti può essere d’aiuto a mantenere l'impegno un piccolo sussidio di preghiera. Ricorda: non sarai solo, ma la tua voce si unirà a molti altri che aderiscono alla Famiglia del Murialdo: giovani, laici, mamme apostoliche, ex-allievi, collaboratori, murialdine e giuseppini…
L’IMPEGNO:
“Mi impegno, con la grazia di Dio, ad essere un filo di questa rete gettata nel mondo. Pregherò perché Dio mandi vocazioni alla sua Chiesa e al mondo, e in particolare alla Vita Consacrata e al Sacerdozio. Dalle ore …………. alle ore …………… di……………………… (giorno della settimana che si sceglie), della (sottolineare la settimana che si sceglie): PRIMA settimana del mese / SECONDA settimana del mese / TERZA settimana del mese / QUARTA settimana del mese.
PER INFORMAZIONI e ISCRIZIONI:
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PEZZI D’ALBANIA
Una mia amica, prima di partire, mi ha chiesto di portarle al ritorno un pezzo d’Albania. Dopo nove giorni sono ritornata nel mio paese, Rossano, con la valigia più pesante, piena di tanti “pezzi” d’Albania.
Le ho portato in dono lo smarrimento che ho provato appena varcata la frontiera a Durazzo. Erano le undici di sera, il viaggio era stato lungo, non immaginavo che per andare dall’altra parte dell’Adriatico ci volesse così tanto. Era tutto diverso, a partire dalla lingua con cui comunicavano le persone intorno a me, e per un attimo ho capito cosa provano gli stranieri alle prese con una nuova vita in un altro paese. Le ho portato l’acqua, quel tesoro azzurro che lasciamo scorrere a iosa dai rubinetti italiani e che in Albania viene trattato male; zampilla nelle fontane degli hotel riservati ai turisti di lusso, sgocciola appena nelle fontanelle dei quartieri più poveri.
In valigia ho messo tanti sorrisi, i sorrisi di tutti i bambini incontrati nei villaggi. Con loro non esistevano problemi di lingua o di differenze sociali, bastava mettere avanti un cuore puro e tanta voglia di giocare, e in un attimo si diventava amici. Ho visto tante realtà diverse nei vari villaggi rom in cui ho fatto servizio, però la bontà genuina e semplice era comune in tutti i bambini. Ricordo tutti i loro nomi, tutte le loro voci, tutti i loro occhi e mi fanno compagnia la sera prima di addormentarmi. In Italia ho importato scorte di accoglienza e ospitalità; in Albania dire che l’ospite è sacro è dire poco. Sanno come farti sentire a casa anche a km di distanza dalla vita di tutti i giorni, stanno attenti ad ogni movimento pur di non far mancare nulla, la soddisfazione più grande per loro e vedere l’altro sorridere e star bene.
Porto con me stanchezza e voglia di fare, perché quest’esperienza mi ha insegnato che non ci si può fermare mai, che c’è sempre bisogno di qualcosa, che la meta non si raggiunge mai, e forse è meglio così, perché mentre si cammina lo spettacolo della strada che corre insieme a te cambia ad ogni passo. Ho gli occhi carichi dello spettacolo del sole che diventa liquido a contatto con il mare che si può osservare ad Apollonia, del bianco candido delle pietre di Berat, dell’aspro colore delle montagne che sovrastano Kruja.
La mia mente è piena di allegria, della gioia che abbiamo provato nell’incontrare la comunità Giuseppina rumena durante il nostro soggiorno, dei momenti indimenticabili trascorsi in gruppo, delle sere passate a guardare le stelle, un cielo uguale a quello che avevamo lasciato in Italia, ma gonfio dei desideri che abbiamo lasciato volare lassù, delle speranze che nutriamo per le nostre vite e per la nostra Albania. Ma per tutte le cose che ho preso dal paese delle aquile ho voluto lasciare lì, nella stanza di Fier dove ho dormito, il mio cuore, troppo emozionato per poter venire via con me. Ritornerà in Italia quando dovrò affrontare esperienze altrettanto emozionanti. Al posto del mio piccolo cuore ho raccolto un’immagine, il ricordo della cattedrale più bella che abbia mai visto, a Durazzo, una chiesa costruita in mezzo al deserto di un paese che era stato privato del suo legame con la spiritualità e che adesso vuole rinascere.
Spero di aver contribuito anche io un minimo a questa rinascita, un passo minuscolo, ma pur sempre un passo, per un paese che mi ha cambiata.
Grazie, Albania!
Chiara Curia
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