
Le narrazioni evangeliche di Maria e Giuseppe e del Redentore Cristo Gesù hanno stupito in ogni tempo l’umanità, inducendo frequentemente innumerevoli eccellenti artisti a farsene loro stessi espositori e quindi raccontandole, mediante ingegno e operosità, ognuno a modo proprio, secondo una individuale capacità e ottica, in base ad una personale, tutta propria sensibilità. In questo ambito si colloca anche Franco Murer, che del “sacro” è stato di continuo fervente cultore, ora effigiando sulla tela e ora modellando nel bronzo le proprie ideazioni di carattere divino, per cui oggi le opere da lui realizzate, con al loro interno siffatto spirito, sono davvero tante.
Ultima, in ordine di tempo, è l’originale Fontana di San Giuseppe, posta in mezzo al rigoglioso verde dei giardini vaticani, là dove, giustamente, la quiete induce maggiormente l’animo a più viva attenzione per le cose del Cielo. Si, perché essa costituisce, con le sue diverse raffigurazioni, non solo un perenne inno a fatti registrati storicamente e quindi facenti parte integrante della continua strabiliante vicenda umana, ma anche un anelito a sfere celesti, ad una eternità carica di gloria senza fine. Di vita infatti è emblema l’acqua che, oltre a costituire parte essenziale della conformazione fisica dell’uomo, rappresenta enorme porzione del pianeta, dell’ambiente in cui egli stesso vive e vi si trova ad operare, a realizzare sotto ogni diverso aspetto la propria esistenza. Acqua limpida e pura, convogliata da gorgoglianti zampilli in duplice grandiosa vasca, su cui si infrangono di giorno i raggi del sole e di notte vi si specchiano le tremule stelle del cielo.


E con tutt’intorno ancora la stupenda serie – sei – di pannelli con raffigurati i momenti più salienti e significativi della famiglia per antonomasia di Nazareth, con i fatti che hanno reso immortale nel tempo la vita di casa di un artigiano falegname, della sua dolce sposa, del loro, anche se per Giuseppe solo in veste putativa, adorato figlio, destinato dall’Eterno a morire sulla croce per redimere l’intera umanità.
Nel realizzare quest’opera Franco Murer ha avuto presenti, fondamentalmente, alcuni brevi versetti della Bibbia, là dove Giuseppe è paragonato ad una vite feconda, una vite che è particolarmente florida in virtù della località in cui si trova, ovvero della sua vicinanza ad una fonte che la rende rigogliosa, a tal punto anzi da abbarbicarsi con i suoi tralci sui vicini muri (Genesi, 49,22). Ed ha egli inoltre guardato con scrupolosa attenzione ai Vangeli nonché a quelli apocrifi, fonte sempre doviziosa di notizie sul padre terreno di Gesù e sullo stesso suo figlio, fintantoché almeno Giuseppe visse.
Paolo Tieto