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p. Giovanni Battista De Angeli (07/10/1919 - 05/10/2009)



* Vicenza       -  7 ottobre 1919

† Viterbo        - 5 ottobre 2009


La mattina del 5 ottobre 2009 il Signore ha chiamato a Sé p. Giovanni De Angeli, giuseppino del Murialdo, della comunità dell''Istituto San Pietro di Viterbo.

Gli ultimi mesi della sua vita sono stati segnati dalla malattia, caratterizzata da una progressiva confusione mentale e da grande sofferenza. Venuta meno, in poco tempo, la sua autosufficienza, fu accudito per qualche settimana in comunità da un'assistente familiare, finché non divenne necessario il ricovero all'ospedale di Belcolle prima, e poi nella casa di cura "Villa Immacolata" dei PP. Camilliani di Viterbo, fino al giorno della sua morte.

Il suo impegno nel sociale, la facilità e la qualità delle relazioni stabilite durante i tanti anni di parroco delle Farine e di permanenza nella città di Viterbo, la simpatia, la semplicità e la bontà che sempre l'hanno caratterizzato furono ben corrisposte durante questi ultimi mesi di malattia con cure ed attenzioni squisite da parte del personale medico, con visite continue di amici, confratelli e parenti e tante espressioni di aperta riconoscenza e di affetto, fino al momento dell'estremo saluto nella sua amata chiesa di "San Pietro".

Qui il 6 ottobre si sono svolti i funerali, cui ha partecipato una folta assemblea composta da oltre trenta sacerdoti diocesani - il Vescovo di Viterbo, nella impossibilità di essere presente, ha inviato un messaggio tramite il Vicario diocesano - e giuseppini, da numerosi studenti dell'Istituto Teologico "San Pietro" e da tante persone di ogni età.

Presiedeva la celebrazione il padre generale, p. Mario Aldegani, che all'omelia così ha ricordato p. Giovanni.

          

         Fratelli e sorelle,

                      salutiamo oggi, con questa celebrazione eucaristica che ci immerge nel mistero della morte e risurrezione di Gesù, il nostro p. Giovanni de Angeli.

Un saluto che gli diamo in questa chiesa che è stata la sua da più di trent'anni, in mezzo alla gente che lo ha conosciuto ed amato.

È un saluto pieno di fede e pieno di affetto.

Pieno di fede perché siamo credenti e sappiamo che la morte spezza certi legami fra le persone, quelli legati ai nostri sensi, quelli legati al tempo ed allo spazio, ma ne lascia intatti altri, quelli che ci affratellano per sempre e per sempre ci fanno vivere nel mistero di Dio, di cui Gesù ci ha rivelato il volto paterno e misericordioso.

Pieno di affetto - e la prova è la presenza di tutti voi che siete qui - perché p. Giovanni è un sacerdote che sapeva voler bene e che si è fatto voler bene.

La sua storia è semplice da raccontare.

Nato a Vicenza, nel 1919, da una famiglia molto credente e a cui è sempre rimasto molto legato. Il ricordo di sua mamma era uno dei discorsi che tornavano spesso sulle sue labbra, anche in questi ultimi anni della sua vita.

I suoi genitori gli hanno insegnato la strada per il Patronato Leone XIII, dove stavano i Giuseppini del Murialdo e lo hanno iscritto alla scuola elementare del Patronato: così i Giuseppini li ha visti all'opera sin da bambino ed è così che il Signore ha seminato in lui la vocazione sacerdotale e religiosa, nell'incontro con questi religiosi che stavano nel cortile con i ragazzi, che insegnavano nelle scuole, che facevano i preti ma in un modo un po' speciale.

È stato facile, forse quasi naturale per lui, passare dall'essere alunno del patronato di Vicenza all'essere aspirante, poi postulante a Montecchio e quindi novizio a Vigone.

Quando, all'inizio del Noviziato, gli chiesero di mettere per scritto: "Perché ti vuoi fare giuseppino?", scrisse, molto semplicemente: "Per santificarmi e per salvare la gioventù",

Studiò la teologia negli anni difficili della seconda guerra mondiale, un po' a Viterbo un po' in Veneto e fu ordinato sacerdote a Vicenza, il 29 giugno 1946.

Poi... al lavoro "per santificarsi e per salvare la gioventù": a Montecchio fino al 1950 ed a Venezia come viceparroco dal 1950 al 1952.

Inizia subito la fase matura della sua vita, quella delle responsabilità, soprattutto pastorali, perché da allora tutta la sua vita si è svolta fra Vicenza, Padova e Viterbo.

Al Patronato di Vicenza, che fu la culla della sua vocazione, ritornò come direttore nel 1952 e vi restò sino al 1957; poi andò a Padova come direttore e come parroco: più di vent'anni, dal 1952 al 1973; un'esperienza indimenticabile per lui ed anche per i parrocchiani della parrocchia Pio X.

Gli altri 30 e più anni della sua vita sono stati per questa terra e per questa gente: per l'Istituto San Pietro, per la Parrocchia delle Farine, per la Chiesa Viterbese.

Padova e Vicenza sempre sono rimaste nel suo cuore, ma ormai Viterbo era la sua terra e la sua casa: è giusto che qui abbia il suo riposo.

Che prete è stato don Giovanni?

È importante rintracciare nelle pieghe del racconto della sua vita qualche elemento essenziale del suo modo di intendere e vivere il sacerdozio giuseppino, perché può essere particolarmente illuminante ed edificante per noi mettere in rilevo questi aspetti in questo anno sacerdotale.

Potrei dire, per stare alle letture della liturgia del giorno che abbiamo appena ascoltato, un po' Giona, un po' Marta, un po' Maria.

Un po' Giona, che va a convertire Ninive la grande città e la percorre da cima a fondo annunciando la necessità del ritorno a Dio, per quanto è stato pieno di zelo il suo essere sacerdote.

Voi lo sapete che don Giovanni i fedeli lui non stava ad aspettarli in chiesa, ma li andava a cercare, a raccogliere se necessario e sapete quanto la sua parola era sempre un parola buona, da sacerdote, un annuncio vivo della misericordia di Dio.

È stato un po' anche come Marta, affaccendato in molte cose: il suo passo sempre veloce... correva più che camminare, perché aveva sempre mille cose da fare!

Come Marta però anche nella premura di farsi tutto a tutti per accogliere e per mettere tutti a suo agio, per dire una parola buona, per incoraggiare.

Chi lo ha conosciuto non può non ricordare, sorridendo, le due parole per lui più consuete: "Caro, caro... ". Parole magari convenzionali, ma che dicevano della sua capacità di voler bene, della sua voglia di mettersi a disposizione, della sua capacità di entrare in relazione con le persone. Un prete quindi con un gran cuore!

Infine è stato, certamente, un po' e soprattutto come Maria, come deve esser ogni prete che voglia della sua vocazione sostenere la fedeltà e assaporare la profonda grazia e bellezza: inginocchiato davanti al suo Maestro per ascoltarne la Parola e per favi riposare il cuore. Un esempio in questo, soprattutto per noi sacerdoti: se non c'è questo profondo rapporto, questa amicizia profonda con il Maestro, le doti umane, pur belle, non lasciano traccia di Gesù nei cuori e non hanno il calore che conforta l'anima e la luce che illumina il cammino.

Ringraziamo il Signore per il bene che p. Giovanni ha fatto in mezzo a noi, come sacerdote dal cuore buono, come pastore secondo il cuore di Cristo.

E anche con uno spirito ottimista e sorridente. In uno degli ultimi incontri che ho avuto con lui e che ricordo moto bene, mi ha ringraziato per aver riportato qui a San Pietro i giovani studenti di teologia, provenienti da tutto il mondo: mi ha detto, illuminandosi nel viso, che si sentiva ringiovanito da queste presenze.

Ora che vivi nella perenne giovinezza di Dio e per sempre sorridi con lui, io te li affido, questi giovani, questa comunità, questa gente che hai amato, perché continui ad amarli e a vegliare su di loro.

Affido te al Signore e alla Vergine Maria che è venuta a prenderti quasi alla vigilia del tuo novantesimo compleanno, perché quel giorno, che è domani, tu fossi già nella vita che non finisce mai.

E ti dico, caro don Giovanni, un commosso, sincero GRAZIE per tutti quelli che sono qui e per i molti di più che hai incoraggiato, che hai fatto sorridere e sperare.

Riposa in pace.




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