* San Pellegrino - Bergamo
24 aprile 1932
† Santa Margherita Ligure - Genova
10 marzo 2009
Nella mattinata del 10 marzo 2009, primo giorno della novena di san Giuseppe, il Signore ha chiamato a sé
fr. Vittorio Dadda,
colpito improvvisamente da un infarto cardiaco, nella comunità di Santa Margherita Ligure. Avrebbe compiuto 77 anni il mese prossimo.
"Servo buono e fedele" (Mt 25, 21 )
Pensando a fratel Vittorio mi è subito venuta in mente la parabola dei talenti (cf Mt 25, 14-30). Essa ci ricorda che non siamo uguali tra di noi perché a ciascuno è stata data una quantità differente di talenti. Tale differenza non crea però un giudizio più positivo su chi ne ha avuti di più e un giudizio negativo su chi ne ha avuti di meno. Non siamo buoni o cattivi, di serie "A" o di serie "B", in base ai talenti ricevuti. Difatti il padrone al suo ritorno rivolge a tutti la stessa domanda e per tutti ha pronto il medesimo premio o castigo. Pochi o tanti che siano i talenti, rimane per tutti la responsabilità di metterli a servizio, di farli fruttificare: su questo viene espresso un giudizio.
Credo che fratel Vittorio non possa meritare la condanna riservata al servo "fannullone" (cf Mt 25, 26 ), anzi qualcuno in comunità, specie nei tempi migliori della sua vita, ha affermato: "Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo!". In questi ultimi anni invece gli si raccomandava di stare un poco fermo, di riposarsi un poco, viste le sue condizioni di salute. Ma fratel Vittorio non era fatto per fermarsi, anzi gli sembrava lunga la domenica, perché giorno di sospensione dal lavoro.
Il lavoro è sembrata essere la parola giusta che ha definito la sua vita: in tipografia, per casa, in giardino, nell'organizzare l'attività per i ragazzi; non c'era fatica che lo fermasse, in queste varie attività qualche volta coinvolgeva altri, più laici che confratelli. Lo si sentiva borbottare mentre sistemava il magazzino, spostava un armadio, puliva il giardino. A chi lo aiutava era generoso nelle spiegazioni, abbondante nei ricordi, puntuale nei consigli... Alle volte qualche espressione colorita, non proprio una giaculatoria, rinvigoriva l'attenzione di tutti e segnava la ripresa del lavoro in atto, nonostante le difficoltà.
Un confratello ha detto che fratel Vittorio aveva un "cuore d'oro". Quelli che l'hanno conosciuto hanno fatto esperienza della sua generosità, del suo mettersi a servizio. "Hai bisogno di qualcosa?", era la sua prima espressione verso un ospite in casa, per un confratello appena arrivato in comunità. Se poi in casa qualcuno era ammalato o comunque bisognoso di aiuto, fratel Vittorio non faceva mancare la sua presenza e la sua assistenza. In momenti come questi, al di là della scorza alle volte rude e burbera, si scopriva un cuore generoso ed altruista. A fratel Vittorio non bastava una stanza o un semplice magazzino, visto che raccoglieva di tutto e che tutto gli sembrava importante e da non sprecare. Lo faceva per una certa educazione ricevuta, anche per quello stile di operaio che vuole servirsi di tutto per risparmiare. Lo faceva anche per i poveri, per avere sempre qualcosa da dare: vestiti, mobili, qualsiasi cosa che fosse richiesta in base ad un bisogno.
I confratelli imparavano presto che con fratel Vittorio si poteva diventare amici e chiedergli qualsiasi cosa. Certo non sono mancate difficoltà: qualche irruenza, qualche sfogo e qualche impazienza di troppo potevano capitare, ma non era capace di tenere il muso.
Il dolore fisico e morale ha spesso attraversato la sua esistenza, mettendolo alla prova e certo facendogli guadagnare meriti per il paradiso. Soffriva quando si sentiva non capito, non accolto per quello che poteva dare ed essere. Aveva una stima grande dell'amicizia e per questo era felice quando riusciva a costruire legami seri e profondi; ne abbiamo avuto una buona testimonianza in occasione della sua morte.
Dovunque sia passato ha lasciato un bel ricordo della sua cordialità, del suo buonumore, della sua amicizia, del suo star-bene-insieme... della sua generosità.
È morto in piedi, in movimento, senza dover essere servito, come temeva...: è morto come ha sognato.
Una vita con i Giuseppini del Murialdo
Era nato il 24 aprile 1932 a San Pellegrino Terme (Bergamo).
Rimasto orfano del papà, giunse all'Orfanotrofio Maschile in via Santa Lucia a Bergamo, dove aveva avuto i primi contatti con la congregazione dei Giuseppini del Murialdo: qui cominciò come tipografo e fece il suo periodo di postulato e da qui, nell'ottobre del 1950, passò a Vigone per l'anno di noviziato.
Professo nel 1951, si legò definitivamente alla congregazione con i voti perpetui emessi a Vigone nel 1957.
In occasione della rinnovazione dei voti, viene sempre presentato come "affezionato alla casa e alla congregazione". In una relazione si legge: "Ragazzone e pieno di vita com'è, si lascia trasportare dal gioco del calcio".
Esercitò la sua professione di tipografo prima a Pinerolo, dal 1951 al 1958; poi un anno a Bergamo; fu quindi responsabile della legatoria del Collegio Artigianelli di Torino dal 1959 al 1970 ed ancora un anno, sempre in tipografia, a Pinerolo.
E, dopo "il lavoro", i ragazzi, la sua "squadra", ricco di entusiasmo, di energia e di inventiva. Non gli mancavano la fantasia e la creatività: con fratel Vittorio ci si poteva aspettare sempre qualche avventura. E non sono mancate.
Dal 1971 diviene l'"uomo dell'opera": colui che sapeva vedere e provvedere alle necessità manutentive della casa, con un'intraprendenza, inventiva, manualità e costanza davvero uniche. Servizievole. Nonostante gli incidenti, le operazioni alle gambe [tre per ogni gamba] e le stampelle: mai fermo.
Questo nella parrocchia di Milano fino al 1990; poi a Rivoli, fino al 2000; tre anni alla parrocchia della Salute; quindi, non più in forze come avrebbe voluto, lui che pretendeva da sé senza misura, a Sommariva Bosco ed infine, dal 2005, a S. Margherita Ligure.
Un "passaggio" veloce
Come ogni mattina, anche il 10 marzo, fratel Vittorio si era recato nella chiesa parrocchiale di Santa Margherita Ligure per la messa quotidiana. Al momento della comunione si trovò ad essere l'ultimo della fila e il sacerdote celebrante diede a lui le ultime quattro particole rimaste nella pisside. Quindi prima di tornare a casa si recò dal barbiere per il taglio dei capelli. Giunto a casa, si era fermato a scambiare due parole con alcuni ospiti che erano in partenza.
Poco dopo nell'entrare in casa dalla porta che dà sul giardino, fratel Vittorio si è sentito male: un forte dolore al petto, segno di un infarto che in pochi secondi ha stroncato la sua vita. I confratelli, subito accorsi, hanno chiamato il 118, ma non c'è stato più nulla da fare.
I funerali sono stati celebrati il giorno 12 marzo; al mattino nella basilica di Santa Margherita Ligure e nel pomeriggio nella cappella dell'opera Giuseppina di Valbrembo. Vi hanno partecipato confratelli, parenti, ex-allievi e amici di fratel Vittorio. Ora egli riposa nel cimitero di Paladina nella tomba di congregazione.
Nelle celebrazione dei suoi funerali è risuonata ancora una volta la parola di San Paolo che ci parla di "una vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo" (1 Cor 15, 56). Abbiamo pregato insieme perché di questa vittoria possa godere il nostro fratello Vittorio; abbiamo pregato anche per noi perché non perdiamo la memoria di questa vittoria ma perché essa sia fonte della nostra speranza.
Come Provincia Italiana stiamo celebrando un anno della vocazione: a fratel Vittorio chiediamo di intercedere per nuove vocazioni specie alla vita religiosa, perché la nostra famiglia si arricchisca di nuovi "religiosi fratelli".
p. Tullio Locatelli
superiore provinciale
Roma 10 aprile 2009