• VITA CONSACRATA
1.- I confratelli della Congregazione di san Giuseppe rispondono all’amore di Dio donandosi totalmente a Lui, con l’impegno a vivere in modo radicale il Vangelo. Animati dalla carità che lo Spirito Santo infonde nel loro cuore, intendono seguire più da vicino Cristo povero, casto e obbediente, in una comunità di fratelli.
Essi si consacrano a Dio dedicandosi ai giovani poveri, abbandonati e maggiormente bisognosi di aiuto e di cristiana educazione.
2.- I confratelli manifestano la propria consacrazione a Dio nella Chiesa con la pubblica professione dei voti di povertà, castità e obbedienza, secondo il carisma della congregazione.
Così, liberi da ogni impedimento, vogliono vivere più intensamente la vocazione battesimale, testimoniando davanti agli uomini la vita nuova portata da Cristo.
3.- La vocazione religiosa giuseppina pone i confratelli, chierici e laici, al servizio della missione profetica ed evangelizzatrice della Chiesa per edificarla come corpo di Cristo.
Impegnando la propria vita per la gioventù più bisognosa, essi danno prova della forza trasformatrice del Vangelo per la promozione dell’uomo e per la costruzione di un mondo più giusto e più fraterno.
4.- Fedeli al carisma che lo Spirito ha donato al Murialdo, i confratelli vivono la propria vocazione con la certezza che Dio li ama in ogni istante, in modo infinito, gratuito, personale, tenero, soprattutto misericordioso, e che tutta la loro esistenza è guidata da Lui.
Essi esprimono questa convinzione abbandonandosi con fiducia alla Provvidenza del Padre nella continua ricerca e nella pronta attuazione della sua volontà.
5.- I confratelli riconoscono in san Giuseppe il loro modello e patrono.
Egli, nell’umiltà e nell’offerta totale di se stesso, educò e custodì il Figlio di Dio, vivendo per Lui e con Lui una vita ispirata a grande fiducia verso il Padre.
I confratelli saranno riconoscenti al Signore per essere stati scelti a continuare nella Chiesa il suo spirito e la sua missione.
6. Da san Giuseppe i confratelli impareranno soprattutto l’umiltà e la carità, virtù caratteristiche della congregazione.
L’umiltà li condurrà a trovare la gioia nella vita povera e nascosta. La carità li aiuterà a trasformare ogni comunità in una famiglia simile a quella di Nazaret; a donarsi con tutte le forze ai giovani bisognosi; a promuovere la pace e la concordia fra tutti coloro che collaborano per l’avvento del Regno di Dio.
• VITA POVERA
7. Coloro che entrano in congregazione entrano in una casa di poveri e, per amore di Gesù Cristo divenuto povero per noi, scelgono di condurre una vita di reale povertà.
Facendo voto di povertà evangelica, i confratelli testimoniano davanti agli uomini che Dio solo basta e si abbandonano fiduciosi alla sua Provvidenza paterna, ricchi della gioia e della pace della prima beatitudine.
8.- La comunità giuseppina, attenta alle condizioni dell’ambiente in cui opera, dà testimonianza di povertà con un’abitazione modesta, una vita semplice e sobria, una donazione assidua all’educazione dei giovani poveri e mettendo a servizio i beni che sono a sua disposizione.
Nell’uso dei mezzi richiesti dall’attività apostolica, eviterà ogni ricerca di prestigio, di lucro e di accumulazione di beni, ponendo la sua fiducia in Cristo e non nelle risorse umane.
Con questo stile di vita i confratelli partecipano allo sforzo di quanti promuovono nel mondo la giustizia, l’amore e la pace.
9.- Conservando nel loro cuore l’esempio di san Giuseppe, l’umile artigiano di Nazaret, i confratelli si impegnano in una vita laboriosa per guadagnarsi ogni giorno il pane con il sudore della fronte e per procurare i mezzi necessari alla vita e alla missione della comunità e della congregazione.
Condividendo il peso e le difficoltà del vivere quotidiano, essi si associano ai poveri che vivono della propria fatica e testimoniano agli uomini il senso umano e cristiano del lavoro.
10.- Ad imitazione dei primi discepoli che vivevano la comunione dei beni, ciascun confratello metta gioiosamente a servizio della comunità tutto ciò che ha e che riceve: le capacità personali, le esperienze, il tempo, i frutti del proprio lavoro, i doni e, se necessario, anche la salute perché è proprio del povero del Vangelo donare tutto per amore.
Le comunità e le province, con spirito fraterno e generosa solidarietà, condividano i beni a loro disposizione secondo le necessità della congregazione, della Chiesa e del mondo, specialmente dei poveri.
11.- Ogni confratello, responsabile della propria scelta di povertà, la viva con cuore libero nelle circostanze quotidiane.
Contento dell’essenziale, usi i beni senza attaccarvi il cuore, accetti le privazioni anche del necessario e sia disposto a soffrire i disagi del povero che non può permettersi ciò che ad altri è concesso.
12.- Con il voto di povertà i confratelli rinunciano al diritto di disporre e usare dei beni temporali senza l’autorizzazione dei superiori; questa però non li esime dall’essere poveri in concreto e nello spirito.
Qualunque cosa essi acquistino con la propria attività, o a nome della congregazione, l’acquistano per la congregazione. In particolare, appartengono alla comunità i frutti del loro lavoro, anche straordinario, i doni ricevuti o a motivo delle loro attività o per provvedere alle necessità personali, e quanto proviene ad essi da pensioni, sovvenzioni ed assicurazioni.
13.- I confratelli conservano il diritto di proprietà sui loro beni e la capacità di acquistarne altri, ma, in forza del voto, non possono amministrarli.
I confratelli professi di voti perpetui, con l’autorizzazione del superiore generale, potranno rinunciare per sempre ai loro beni, abbandonandosi alla divina Provvidenza e mettendosi così al servizio del Regno in modo più libero.
• VITA CASTA
14.- Chiamati da Dio a vivere l’amore nella castità consacrata, i confratelli accolgano con gratitudine questa vocazione come dono del Padre.
Sull’esempio di Cristo che volle rimanere vergine, essi si consacrano a Dio con cuore indiviso dedicandosi al servizio del prossimo, specialmente dei giovani, nello spirito del Vangelo.
15.- La castità consacrata accresce la capacità di amare Dio con tutto il cuore, senza incertezze, e di amare i confratelli e i giovani con piena libertà e disponibilità. Essa è sorgente di intimità con Dio, di fecondità apostolica e di quella gioia inesauribile che colma ogni solitudine.
16.- Fiduciosi nella beatitudine evangelica che lo Spirito ha loro rivelato, con il voto di castità i confratelli si donano totalmente a Dio nel celibato e si impegnano a vivere in perfetta continenza, evitando tutto ciò che è contrario alla pienezza di questo dono.
Vivendo senza compromessi e serenamente la loro consacrazione, essi vogliono divenire segno di speranza e annuncio di quella vita in cui si manifesterà pienamente la comunione con Dio.
Pertanto, i confratelli diano con tutto il loro comportamento una chiara testimonianza della propria appartenenza al Signore e vivano ogni incontro con il prossimo con la carità e il rispetto dovuti ai figli di Dio.
17.- Con la castità consacrata, i confratelli si rendono capaci di farsi tutto a tutti e di realizzare tra loro un’autentica vita di amicizia e di comunione.
Il vero amore fraterno nella comunità aiuta inoltre a vivere nella gioia la castità consacrata ed è un valido sostegno nei momenti di difficoltà.
18.- La fedeltà nell’amore a Cristo, che scaturisce dal voto di castità, esige un quotidiano sforzo perché esso tocca le inclinazioni più profonde dell’uomo.
Ogni confratello, confidando più nella grazia divina che nelle proprie forze, con servi integro il proprio cuore vivendo un’intensa amicizia con Cristo, meditando la sua Parola e accostandosi al sacramento della Riconciliazione come esperienza di continua conversione. Pratichi inoltre la mortificazione cristiana, valorizzi quei mezzi naturali che giovano alla salute fisica e alla serenità dell’animo e osservi la necessaria discrezione nell’uso degli strumenti di comunicazione sociale.
Riponga filiale fiducia nella Vergine Madre e in san Giuseppe, sposo e padre verginale.
• VITA OBBEDIENTE
19.- Cristo fu obbediente al Padre fino alla morte di croce.
È per seguire il suo esempio che i confratelli, con il voto di obbedienza, fanno offerta di se stessi a Dio consacrandogli totalmente la propria volontà.
20.- Come il Signore Gesù accettò amorosamente la volontà del Padre in ogni evento e attraverso ogni forma di mediazione, così i confratelli imparano dal suo esempio e dalla sua Parola a riconoscere la provvidente presenza di Dio in ogni circostanza.
Convinti che tutto viene da Dio e che ogni istante è come un inviato che dichiara la sua volontà, essi vogliono essere sempre pronti a fare quello che Dio vuole e come Egli lo vuole.
Allo stesso tempo si impegnano a ricercare continuamente nel loro agire la volontà del Padre, così da farne nutrimento di tutta la loro esistenza.
21.- Rinunciando volontariamente a decidere della propria vita in modo indipendente, i confratelli riconoscono la volontà di Dio soprattutto nel Vangelo, suprema norma per il consacrato, nel magistero della Chiesa, nella Regola e nelle decisioni dei superiori.
Intendono così vivere intensamente l’atteggiamento filiale che nasce dal battesimo, partecipare più liberamente all’opera di salvezza di Cristo e collaborare più direttamente all’edificazione del suo corpo che è la Chiesa.
22.- Con il voto di obbedienza i confratelli si impegnano a ritenere obbliganti e ad accogliere, come espressione della volontà di Dio, le decisioni dei superiori date in conformità alla Regola.
Secondo l’esortazione evangelica ad essere discepoli e non maestri, servi e non padroni, il servizio di autorità e l’obbedienza siano vissuti con fede in Dio, che tutto guida e sostiene, e con reciproca fiducia.
Sull’esempio di san Giuseppe, l’uomo giusto, i confratelli vivano l’obbedienza con umiltà, prontezza e semplicità, convinti che essa giova particolarmente alla loro unione.
23.- Il superiore, animato da carità e umiltà, dialoghi volentieri e frequentemente con i confratelli e si lasci illuminare dai loro consigli e dalla loro esperienza in modo che la decisione finale sia frutto di attenta ricerca del disegno di Dio e punto di riferimento per l’azione di tutti. È suo compito, infatti, promuovere l’unione della comunità con la sua decisione.
24.- Ogni confratello, cosciente della propria responsabilità, ricerchi personalmente il disegno del Padre su se stesso e sulla comunità, lo confronti sinceramente con il superiore e accetti la sua decisione come manifestazione della volontà di Dio.
Si impegni poi in essa con un’obbedienza attiva, mettendo a servizio i propri doni di natura e di grazia e il proprio spirito di iniziativa, anche quando altre soluzioni gli sembrassero più valide.
25.- A volte l’obbedienza potrà rivelarsi una difficile prova. In tali circostanze il confratello, ricordando che il grano che muore porta molto frutto, ricorrerà con fiducia a Maria, che si fece prontamente umile serva, e si sentirà più vicino a san Giuseppe il quale, attraverso la sua difficile obbedienza, ottenne in dono lo stesso Figlio di Dio.
Pertanto, secondo gli esempi e le parole di Gesù, egli accolga l’obbedienza con la certezza che Dio non abbandona mai coloro che si affidano a Lui e che realizza per ciascuno i suoi progetti per vie sconosciute alla sapienza umana.
26.- Ispirandosi ai sentimenti e alla pratica del Fondatore, i confratelli vogliono distinguersi per la fedeltà e l’obbedienza al Papa, anche in forza del voto, e vivere in comunione con i vescovi, collaborando con essi a norma del diritto comune e proprio, secondo lo spirito della congregazione.
• VITA COMUNITARIA
27.- È volontà di Gesù che tutti siano una cosa sola come Lui e il Padre.
I confratelli di san Giuseppe con la consacrazione religiosa realizzano questo ideale vivendo più intensamente la vocazione battesimale in comunione di vita con i fratelli che il Padre ha donato loro.
La vita comunitaria rifletterà così l’unione misteriosa della Trinità e insieme esprimerà in forma visibile il mistero della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, e manifesterà agli uomini che il Signore è presente quando si è riuniti nel suo nome.
28.- La consacrazione religiosa unisce i confratelli in comunione di vita; la povertà evangelica li dispone alla condivisione dei beni; la castità consacrata apre il cuore e aiuta ad amare i confratelli con lo stesso amore con cui Cristo li ama; l’obbedienza anima tutti nella comune ricerca e compimento della volontà del Padre.
La comunità diviene così per ogni confratello il primo campo di azione apostolica e una palestra di carità dove si impara ad amare Dio e i confratelli e dove si sviluppa l’orientamento verso i giovani. Inoltre, l’unione tra i confratelli è garanzia di un apostolato comunitario.
29.- La vita comunitaria ha la sua principale espressione nella comunione di culto. Adoratori del Padre in Cristo, i confratelli faranno della celebrazione eucaristica e della preghiera la radice e il cardine della comunità, il momento privilegiato del loro vivere insieme e in esse troveranno la forza per crescere nella fedeltà alla vocazione giuseppina.
30.- Ciascun confratello, fedele alla preziosa eredità lasciata dal Fondatore, darà testimonianza dell’amore di Dio impegnandosi a fare della comunità una sola e ben unita famiglia, simile a quella di Nazaret.
I confratelli si amino di cuore gli uni gli altri come fratelli; siano uniti nella gioia e nel dolore e si aiutino con la preghiera, l’esempio e il consiglio a vivere il comune ideale di santità e di apostolato.
31.- Uniti nell’affetto di amicizia e nell’azione, i confratelli si lasceranno guidare dall’insegnamento del Signore secondo cui è più gioioso dare che ricevere, è meglio servire che essere serviti, edificando così la comunità con il dono di se stessi.
Perciò, manifestino tra loro rispetto e comprensione, vivendo concordi in atteggiamento di servizio e perdono, ad imitazione di Cristo che ci ha amato e ha dato la sua vita per noi.
32.- Come dono dello Spirito, la comunità scaturisce e si mantiene viva con la fedele risposta di ciascun confratello alla chiamata di Dio all’amore.
Ogni confratello collaborerà alla costruzione della comunità dando il suo contributo di amore, di azione e di consiglio senza nessuna pretesa egoistica.
Così la comunità giuseppina sarà una famiglia dove si vive l’accoglienza reciproca, dove la condivisione delle proprie esperienze accresce la fraternità e dove si promuove la crescita personale.
33.- Ai confratelli anziani, ammalati e in particolari difficoltà, la comunità darà l’affetto, il sostegno, l’aiuto spirituale e l’assistenza premurosa, ricordando che chi è nella prova fisica o morale arricchisce la comunità con la sua presenza, la sua preghiera e la sua sofferenza.
34.- La comunità trova nel direttore, fratello tra i fratelli, il segno visibile della sua unità e della comune corresponsabilità.
Seguendo gli esempi e gli insegnamenti del Salvatore, il direttore metterà tutto se stesso a servizio dei fratelli perché vivano fedelmente la loro consacrazione giuseppina.
Egli adempirà questo suo compito in spirito di fede, con il proprio esempio e, secondo l’esortazione del Murialdo, sosterrà la comunità soprattutto con la preghiera.
35.- I confratelli, consapevoli che la morte non spezza la comunione, conserveranno viva memoria dei confratelli defunti, pregheranno per loro, in modo particolare applicando ad essi i suffragi prescritti, e nel loro esempio troveranno incoraggiamento nella fedeltà alla propria vocazione.
• VITA DI PREGHIERA
36.- I confratelli di san Giuseppe vivono la loro consacrazione a Dio anzitutto nella preghiera.
Secondo l’insegnamento del Signore che bisogna pregare sempre, è di vitale importanza un costante dialogo con il Padre, con viva attenzione alla sua presenza. Questo spirito di preghiera pervada tutti i momenti della giornata. Esso è manifestazione e fonte della volontà di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, che è primaria esigenza per il religioso.
La preghiera continua è anche frutto di una profonda vita di fede con la quale i confratelli si abbandonano a Dio con coraggio e fiducia, convinti che la propria sorte sta meglio nelle sue mani che nelle loro.
37.- Poiché norma fondamentale del religioso è seguire Cristo come viene insegnato dal Vangelo, i confratelli troveranno nella Parola di Dio il nutrimento della loro vita, la luce per conoscere il volere del Padre, il richiamo e lo stimolo a vivere la propria scelta di Dio.
Sull’esempio del Fondatore, la mediteranno quotidianamente accogliendola con fede perché possa produrre frutti di salvezza.
38.- Momento principale della giornata sia per ogni comunità e per ogni confratello la celebrazione dell’Eucaristia, centro e sorgente della loro vita consacrata.
Nella cena del Signore, segno di unità e vincolo di carità, la comunità si realizza pienamente come Regno di Dio che cresce e cammina verso l’incontro con il Padre in una rinnovata volontà di donazione a Dio nel servizio ai giovani.
Il culto eucaristico, vissuto nella messa, si esprimerà anche con l’adorazione personale e comunitaria dell’Eucaristia, mantenendo così viva una delle tradizioni più preziose della congregazione.
39.- La lode, il ringraziamento e la supplica, rivolti a Dio nell’Eucaristia, sono estesi ai vari momenti della giornata con la preghiera della Liturgia delle ore, vissuta in comunione con tutta la Chiesa e a nome della Chiesa.
I confratelli la celebrino secondo lo spirito e le norme liturgiche e con quel fervore che il Murialdo tanto raccomandava.
40.- Il confratello giuseppino dovrà mantenersi in atteggiamento di continua conversione come il Vangelo insistentemente richiede. Ricostruire ogni giorno la fedeltà alla propria vocazione deve essere impegno paziente e fiducioso di tutti.
Questo cammino di conversione, sostenuto dall’accettazione generosa delle croci della vita e dalle penitenze volontarie e favorito dall’esame quotidiano di coscienza, si realizza efficacemente accostandosi con frequenza al sacramento della Riconciliazione, celebrato anche in forma comunitaria.
L’impegno di conversione venga rinnovato ogni mese e ogni anno con tempi di ritiro e raccoglimento spirituale, intesi come momenti privilegiati di ascolto della Parola di Dio, di preghiera, di discernimento della volontà divina e di purificazione.
41.- La consapevolezza della propria consacrazione deve portare ogni confratello a fare di tutta la propria esistenza una perenne liturgia, offrendo se stesso a Dio nel quotidiano lavoro con fede semplice e generosa.
I confratelli vivranno la loro comunione con il Padre anche attraverso momenti di preghiera personale che non devono mancare in nessuna giornata. Sono momenti di grazia, di intimità e di maturazione nella fede, fondamento della preghiera comunitaria e anima di ogni apostolato118. Tra le varie forme di preghiera personale ha particolare importanza la meditazione quotidiana.
42.- Ogni comunità, luogo privilegiato e profetico dell’esperienza di Dio, dovrà distinguersi per una intensa e costante vita di preghiera, con la quale essa fortifica la sua unità, annuncia la sua fede in Cristo ed è animata nella sua missione apostolica.
Per questo i confratelli si riuniscano ogni giorno per la preghiera comunitaria. In questa, e nella preghiera personale, essi si ispirino frequentemente ai temi principali della tradizione della congregazione.
43.- I confratelli, accogliendo l’invito del Fondatore, invochino la Vergine Immacolata mediatrice di grazia e madre della misericordia; la onorino con amore di figli, ne diffondano la devozione e trovino in Lei un modello della propria consacrazione religiosa.
Inoltre, si rivolgano a san Giuseppe e lo imitino nella sua costante comunione con Dio e con Gesù nel lavoro quotidiano. Lo preghino con grande fiducia per la soluzione di ogni problema e ne promuovano la devozione.
Invochino frequentemente san Leonardo Murialdo, fondatore e padre della congregazione, modello di santità e di spiritualità. Docili al suo desiderio, i confratelli si impegnino a diffondere la certezza dell’amore infinito, gratuito, personale, tenero e soprattutto misericordioso di Dio verso ciascun uomo, in ogni istante.
• VITA APOSTOLICA
44.- Fin dalle origini, la Congregazione di san Giuseppe ebbe nella Chiesa la missione specifica di dedicarsi ai giovani poveri, abbandonati e maggiormente bisognosi di aiuto e di cristiana educazione.
I confratelli, fedeli a questo carisma, continuano a rendere presente nella Chiesa il mistero di Cristo che ama i poveri e benedice i fanciulli, dando a questo scopo tutte le loro attenzioni e tutte le loro forze senza alcuna riserva.
45.- Mantenendo sempre la priorità di impegno per i giovani, scopo specifico della congregazione, essa può svolgere il suo apostolato anche tra gli operai, gli adulti del ceto popolare e i popoli non ancora evangelizzati, assecondando le indicazioni della Provvidenza.
La congregazione promuove l’elevazione del ceto operaio soprattutto formando i giovani che si inseriscono nel mondo del lavoro.
46.- Attenta ai segni dei tempi e adeguandosi alle mutevoli esigenze delle persone e dei luoghi, la congregazione offre nelle sue istituzioni e con le sue attività una casa e una famiglia ai giovani che ne sono privi, una possibilità di studio e di formazione al lavoro, un luogo per il tempo libero, un ambiente educativo e soprattutto un centro di evangelizzazione e di vita cristiana.
La sensibilità apostolica e la scelta di vivere a contatto diretto con i giovani porteranno i confratelli ad intraprendere coraggiose iniziative e appropriati adattamenti perché l’azione educativa sia costantemente efficace.
47.- Attraverso la formazione intellettuale, professionale, sociale e cristiana la congregazione intende aiutare i giovani, forza viva per la trasformazione della società, ad affrontare con responsabilità e sicurezza il loro avvenire.
In questo modo essa opera per la giustizia e la pace e collabora con gli uomini di buona volontà che si impegnano a costruire una società più degna dell’uomo.
48.- La missione educativa è affidata in primo luogo alla comunità dei confratelli. Essa fa il suo annuncio di salvezza soprattutto con la testimonianza di amore e di gioia che nasce dalla fede in Cristo risorto.
I confratelli, consapevoli che i diversi doni dello Spirito sono per l’utilità comune, svolgono il loro apostolato in unità di pensiero, di azione e di amicizia in modo da formare una famiglia educativa tutta concordemente impegnata per i giovani. L’unione e la corresponsabilità permettono di realizzare più facilmente gli obiettivi pastorali.
Inoltre, nell’attività educativa ed apostolica ogni comunità promuova la collaborazione dei giovani stessi e delle loro famiglie e offra una specifica formazione ai laici che vi sono impegnati.
Fedele allo spirito del Fondatore, la comunità giuseppina, in comunione con la chiesa locale, partecipa all’azione evangelizzatrice della diocesi secondo il carisma specifico della congregazione.
49.- Ogni confratello, animato dalla carità di Cristo e dalla stessa ansia di salvezza del Murialdo, con spirito di abnegazione presterà generosamente il servizio che gli viene richiesto a vantaggio dei giovani. Nel lavoro apostolico egli si preoccuperà della loro formazione integrale, aiutandoli a raggiungere la maturità umana e soprattutto a crescere nella fede e nella gioiosa certezza che Dio li ama personalmente.
A fondamento dell’apostolato ogni confratello porrà grande fiducia in Dio, il quale solo può far crescere e fruttificare, pregherà per i giovani a lui affidati e, nello stesso tempo, metterà in atto tutte le proprie capacità cercando di renderle sempre più efficienti attraverso un costante aggiornamento.
50.- Ispirandosi a san Giuseppe, educatore di Gesù, i confratelli amano vivere tra i giovani come amici, fratelli e padri, partecipando alla loro vita, condividendo le loro gioie e sofferenze e creando con essi un clima di fiducia e ottimismo.
Con spirito di iniziativa e creatività, saranno aperti alle loro esigenze, lasciandosi sempre guidare da cordialità semplice e rispettosa, dalla pazienza, dalla dolcezza e dalla bontà.
Tutto il loro comportamento sarà una prova concreta della stima che essi hanno per la propria vocazione e di riconoscenza a Dio che li predilige con amore di misericordia chiamandoli a collaborare con Lui.
Nelle difficoltà e nelle contrarietà i confratelli guardino al futuro dei giovani e della Chiesa con la ferma speranza che Cristo vivo e risorto opera incessantemente in ogni cuore e ha il potere di trasformare la realtà presente orientandola verso la santità e la gloria della risurrezione.
51.- Fra i mezzi di formazione cristiana, i confratelli daranno la massima importanza alla catechesi, compito che il Murialdo considerava tra i più grandi e necessari. Attraverso di essa educheranno i giovani ad una preghiera personale e liturgica convinta e frequente, ad una fede pronta all’azione, ad un inserimento attivo e generoso nella vita ecclesiale e nei problemi del mondo.
52.- I confratelli siano aperti a forme di condivisione con quanti desiderano approfondire e vivere la spiritualità e la missione del Murialdo secondo la loro specifica vocazione.
Pertanto, in spirito di comunione e di collaborazione, confratelli e laici si sostengano in questa loro esperienza, riconoscendosi parte di una medesima famiglia che nel carisma di san Leonardo Murialdo trova la sua fonte ispiratrice e il suo centro di unione.
53.- Sono ammessi a partecipare alla vita della congregazione come aggregati anche laici e chierici che desiderano tendere alla perfezione evangelica nella condivisione della sua spiritualità e della sua missione.
• FORMAZIONE
54.- I confratelli vivano fedelmente il dono della vocazione attraverso un costante rinnovamento che coinvolge tutti gli aspetti della persona.
Tale rinnovamento riguarda la dimensione spirituale, carismatica, dottrinale, psicologica e professionale, così da vivere in tutta la sua pienezza la consacrazione religiosa nelle situazioni nuove in cui il confratello viene a trovarsi col passare degli anni.
La responsabilità di questo cammino è anzitutto degli stessi confratelli e poi dei superiori, i quali devono offrire loro mezzi idonei, tempi specifici e un significativo programma formativo.
55.- La vita religiosa giuseppina esige una costante ed adeguata preparazione che trova il suo punto di partenza nella formazione iniziale e prosegue per tutta la vita con la formazione continua così da garantire la perseveranza nella fedeltà alla vocazione.
56.- Ogni confratello giuseppino preghi ed operi perché il Padre mandi operai nella sua messe Aiuti coloro che aspirano alla vita consacrata e incoraggi coloro che vi fossero chiamati.
La testimonianza personale e comunitaria di una vita giuseppina gioiosa e l’incessante preghiera sono indispensabili per collaborare con Cristo, che costantemente chiama alla sua sequela.
Ai giovani che il Signore chiama a consacrarsi a Lui nella congregazione, viene richiesto un tempo di discernimento e di formazione.
57.- Il periodo formativo tende, in modo unitario e progressivo, a preparare confratelli umanamente e spiritualmente maturi, capaci di armonizzare azione e contemplazione, per prendere parte efficacemente alla missione salvifica della Chiesa secondo il carisma della congregazione.
La formazione iniziale sarà caratterizzata dall’impegno ad approfondire sempre meglio la chiamata del Padre, il mistero di Cristo e della Chiesa, lo spirito e la missione del Fondatore e della congregazione; a conoscere la realtà sociale e i metodi adatti all’evangelizzazione e alla catechesi, attraverso la meditazione, lo studio, la riflessione e il graduale inserimento nel lavoro apostolico.
58.- Ogni confratello in formazione sia animato a donarsi generosamente al servizio del Signore e dei giovani nella vita religiosa giuseppina; a valorizzare e perfezionare a questo fine tutti i doni che il Signore gli ha dato; ad affrontare con cuore grande e con serenità anche le difficoltà che, secondo il disegno di Dio, egli incontrerà sulla propria strada.
Cosciente di essere il primo responsabile del suo cammino di approfondimento e di crescita vocazionale, valorizzi tutti i mezzi che gli vengono offerti e, tra questi, il dialogo con i formatori.
59.- Una speciale collaborazione all’opera di Dio nel cuore dei chiamati viene data dai responsabili della formazione, in particolare dal padre maestro. Essi debbono offrire una gioiosa testimonianza della loro vocazione, operare in cordiale intesa e in spirito di servizio ed essere costantemente attenti ai problemi sempre nuovi che si presentano nel loro compito.
Alla specifica competenza scientifica e pedagogica uniscano una seria preparazione teologica e spirituale e una conveniente esperienza di pastorale giuseppina.
60.- La formazione di base si compie nelle sedi apposite del postulato, del noviziato e del periodo dei voti temporanei, che include il tirocinio e il corso di studi teologici.
61.- Il postulato è un periodo di preparazione immediata e specifica al noviziato, necessario per coloro che chiedono di entrare in congregazione.
62.- Con il noviziato i candidati iniziano la loro vita nella congregazione e vengono introdotti ad una conoscenza ed esperienza più profonda del Vangelo, delle esigenze della consacrazione religiosa e del carisma della congregazione. Al tempo stesso vanno verificate le loro intenzioni e la loro idoneità.
63.- Responsabile della formazione del noviziato è il maestro dei novizi, opportunamente coadiuvato da altri confratelli idonei. Deve essere sacerdote e professo di voti perpetui.
64.- Il novizio può liberamente lasciare la congregazione e può essere dimesso dal superiore provinciale, udito il suo consiglio, per qualsiasi giusta causa.
Terminato il noviziato, se il novizio è giudicato idoneo verrà ammesso alla professione, altrimenti sia dimesso. Se rimangono dubbi, il superiore provinciale può prorogare il tempo di noviziato, ma non oltre i sei mesi
65.- Mediante la professione pubblica dei voti di povertà, castità e obbedienza, il novizio viene incorporato nella congregazione con i diritti e i doveri stabiliti dalla Regola, entrando a far parte dell’organico della provincia od organismo similare, il cui superiore lo ha ammesso al noviziato
66.- L’età minima richiesta per la validità della prima professione è di diciotto anni compiuti. La professione viene emessa per un anno e rinnovata annualmente per altri quattro.
Alla scadenza annuale, il confratello che vuole uscire dalla congregazione lo può fare liberamente.
Il candidato che abbia presentato spontanea domanda e sia ritenuto idoneo venga ammesso alla professione, altrimenti deve lasciare la congregazione.
67.- Dopo il noviziato la formazione prosegue per un periodo di almeno due anni, che ha come fine lo sviluppo e la maturazione dei confratelli nella loro vocazione giuseppina e l’acquisizione di una solida formazione dottrinale e pastorale secondo uno specifico programma.
68.- Prima della professione perpetua, ogni confratello perfezionerà la sua formazione con l’esperienza del tirocinio, normalmente della durata di due anni. Esso deve svolgersi in una comunità, sotto la responsabilità del direttore, in modo da offrire la possibilità di esperienze valide nell’apostolato giuseppino e di opportune verifiche.
69.- La formazione specifica dei confratelli candidati al diaconato e al presbiterato procederà armonicamente con quella religiosa, in modo che essi divengano educatori e pastori secondo lo spirito e la missione della congregazione.
Per questi confratelli la formazione comprende gli studi più propriamente filosofico teologici previsti dal diritto comune
70.- La formazione religiosa di base trova il suo compimento nella professione perpetua, mediante la quale il confratello viene accolto definitivamente nella congregazione, assumendone per sempre gli ideali e la vita.
71.- Possono ricevere la professione temporanea o perpetua i superiori maggiori o i confratelli da loro delegati.
Il rito della professione si celebrerà secondo il Rituale della congregazione. La formula della professione è la seguente:
“O Dio, Padre buono e misericordioso,
che nel tuo Spirito
mi chiami a seguire Cristo
per amarti più intimamente
e per servirti nella Chiesa,
soprattutto fra i giovani poveri,
io, N.N.,
alla presenza del superiore N.N.,
(oppure: di N.N., delegato del superiore),
per consacrarmi totalmente a te,
in comunione con altri fratelli,
faccio voto di povertà,
castità e obbedienza per un anno
(oppure: in perpetuo)
secondo la Regola della
Congregazione di san Giuseppe.
In te, Signore,
io pongo ogni mia speranza,
perché tu sei il mio Dio,
mia forza e mia salvezza per sempre.
Amen”.
72.- I confratelli vivano con generosa dedizione la loro consacrazione religiosa, fiduciosi nella perenne fedeltà di Dio.
Se, tuttavia, qualcuno ritenesse di dover lasciare la congregazione, lo faccia davanti a Dio con grande senso di responsabilità e nell’osservanza delle norme stabilite dalla Chiesa per la separazione.
Con rispetto, e sempre in conformità alle disposizioni della Chiesa, procederanno anche i superiori, se giungessero alla dolorosa decisione di dimettere qualche confratello.
I confratelli che hanno lasciato la congregazione e si trovassero nel bisogno siano aiutati a superare le difficoltà di inserimento nella nuova vita e siano accompagnati dalla preghiera e dall’amicizia.
73.- I confratelli che legittimamente lasciano la congregazione, o vengono dimessi, non potranno pretendere nessun compenso per il lavoro svolto durante la loro permanenza in essa perché l’accettazione in congregazione non è un contratto di lavoro. La congregazione però agirà sempre verso di loro con equità e carità evangelica.
Solo il superiore generale, con il consenso del suo consiglio e a norma del diritto, può riammettere in congregazione chi ne è legittimamente uscito.
• GOVERNO
74.- La Congregazione di san Giuseppe, formata di chierici e laici, è un istituto clericale di vita consacrata di diritto pontificio.
Essa è una famiglia composta dall’insieme dei confratelli delle singole comunità che, unite tra loro nei raggruppamenti delle province o organismi similari, fanno capo al governo centrale.
75.- Il servizio dell’autorità, ricevuto da Dio attraverso il ministero della Chiesa, viene esercitato ad imitazione di Cristo e nello spirito del Murialdo.
Esso è rivolto a promuovere la vita religiosa di ogni confratello e della congregazione, nella fedeltà al carisma e in conformità con le direttive della Chiesa.
76.- Tutti i confratelli sono tenuti a partecipare responsabilmente ed effettivamente alla vita e all’azione della congregazione, secondo i propri ruoli e le proprie competenze.
77.- I superiori hanno, nel loro rispettivo ambito, quella potestà che è definita dal diritto comune e dal diritto proprio. Essi, inoltre, hanno la potestà ecclesiastica di governo tanto per il foro interno quanto per quello esterno, salva sempre la dipendenza dagli ordinari dei luoghi, a norma del diritto comune.
Il governo viene esercitato con potestà ordinaria da un superiore assistito dal suo consiglio a livello locale, provinciale e generale. La suprema autorità sulla congregazione è esercitata dal capitolo generale.
È di competenza del superiore locale, provinciale e generale, rispettivamente nel proprio ambito, dispensare per un tempo determinato da norme disciplinari della Regola.
Il superiore generale, il vicario generale e i superiori delle province e degli organismi similari, nell’assumere il loro incarico, emetteranno la professione di fede.
78.- La comunità locale giuseppina è chiamata a formare una ben unita famiglia, nella quale i membri vivono insieme come fratelli che si amano e si aiutano in unità di spirito e di azione nel compiere la missione apostolica loro affidata.
Essa è costituita da almeno tre confratelli, di cui uno direttore, e deve abitare in una casa legittimamente costituita.
79.- Per erigere la casa religiosa è competente il superiore provinciale con il suo consiglio e il nullaosta del superiore generale con il suo consiglio, e per sopprimerla è competente il superiore generale secondo quanto è stabilito nel Direttorio.
80.- Alla comunità presiede il direttore.
Egli è il primo responsabile della vita religiosa della comunità, delle sue opere apostoliche e dell’amministrazione dei suoi beni.
Il direttore è nominato dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio, previa consultazione dei confratelli e il nullaosta del superiore generale col suo consiglio. Egli deve essere sacerdote e professo di voti perpetui a norma del Direttorio.
81.- Il consiglio di famiglia, espressione della corresponsabilità della comunità, è costituito a norma del Direttorio e ha lo scopo di creare unità di volontà e di azione tra i confratelli, di dare il voto consultivo o deliberativo per i casi previsti dal Direttorio e di aiutare il direttore nel governo della casa.
82.- Il vicedirettore è il primo collaboratore del direttore: lo rappresenta e lo supplisce in tutto ciò che riguarda il governo ordinario, quando egli è assente o impedito. Egli deve essere professo di voti perpetui ed è eletto a norma del Direttorio.
83.- L’economo locale amministra i beni temporali della casa secondo il diritto e le disposizioni generali e provinciali, sotto la direzione del superiore locale. È nominato a norma del Direttorio.
84.- Il capitolo locale è l’assemblea di tutti i confratelli della comunità, presieduta dal direttore, riunita per trattare argomenti che riguardano la vita consacrata, l’attività apostolica e l’amministrazione dei beni e, nei casi stabiliti, per procedere alle elezioni dei delegati al capitolo provinciale.
Nel capitolo locale hanno voce attiva e passiva i confratelli professi di voti perpetui.
85.- Il superiore provinciale, con il consenso del suo consiglio, per il numero limitato dei confratelli o per altre cause, ha facoltà, udite le comunità interessate, di raggrupparle per la celebrazione del capitolo locale, allo scopo di favorire il confronto e lo scambio di idee sui temi indicati.
86.- La provincia raccoglie in una comunità più vasta diverse comunità locali. Essa è governata dal superiore provinciale con il suo consiglio.
La provincia sarà subordinata e unita al governo centrale con una apertura ampia e incondizionata verso tutta la congregazione, il cui bene sarà anteposto ad ogni interesse particolare.
87.- La provincia viene eretta dal superiore generale con il consenso del suo consiglio, quando essa sia capace di vita autonoma per quanto riguarda il personale, le risorse economiche e l’esercizio stesso del governo.
88.- Il governo provinciale ha il compito di favorire la comunione tra i confratelli e tra le comunità; di promuovere e verificare la fedeltà alla vita consacrata in ogni comunità; di raggiungere i fini della congregazione nella provincia.
È suo dovere attuare fedelmente le direttive del superiore generale ed essere disponibile ad un’efficace cooperazione col governo centrale.
89.- Il superiore provinciale governa la provincia in spirito di carità e di servizio, promuovendo e animando con cuore di padre la vita religiosa e apostolica dei confratelli e delle comunità.
Il superiore provinciale è nominato dal superiore generale con il consenso del suo consiglio, previa consultazione dei confratelli della provincia.
Egli dev’essere sacerdote e professo di voti perpetui nella congregazione da almeno cinque anni; resta in carica tre anni e, nella stessa provincia, può essere nominato soltanto per un altro triennio consecutivo.
90.- Il consiglio provinciale coadiuva il superiore provinciale nel governo e nell’amministrazione della provincia.
È compito del consiglio dare il voto deliberativo o consultivo a norma del Direttorio, e proporre quanto sembri opportuno per il bene della provincia stessa.
Per meglio assolvere il loro ufficio i consiglieri procureranno di conoscere personalmente e adeguatamente i confratelli e i problemi delle comunità.
91.- I membri del consiglio provinciale sono nominati dal superiore generale con il consenso del suo consiglio, previa consultazione dei confratelli della provincia.
Esso è composto da tre o quattro consiglieri, secondo il Regolamento provinciale, di cui uno vicario, uno economo e uno segretario.
92.- Il vicario provinciale fa le veci del superiore provinciale, assente o impedito, in tutto ciò che riguarda il governo ordinario della provincia. In caso di morte del superiore provinciale egli esercita il governo della provincia fino alla nomina del successore.
93.- L’economo provinciale, sotto la direzione del superiore provinciale con il suo consiglio, amministra, secondo le norme stabilite, i beni della provincia; vigila e coordina l’economia delle singole comunità e verifica l’applicazione delle autorizzazioni concesse, prestando il suo aiuto e la sua assistenza.
94.- Il capitolo provinciale, ordinario o straordinario, è l’assemblea rappresentativa di tutti i confratelli e comunità della provincia. In esso trova concreta manifestazione il senso di appartenenza alla comunità provinciale.
95.- Al capitolo provinciale compete: verificare e aggiornare la vita consacrata e apostolica; esaminare la situazione economico amministrativa; studiare la programmazione delle attività nell’ambito provinciale; stendere e modificare il Regolamento provinciale; procedere, se ordinato al capitolo generale, all’elezione dei delegati al capitolo generale.
Le competenze e le modalità di convocazione del capitolo provinciale, della partecipazione ad esso, della sua celebrazione sono regolate dal Direttorio, dal Regolamento dei capitoli e dal Regolamento provinciale.
96.- La viceprovincia è affine alla provincia. Essa riunisce un ristretto numero di comunità, ha una sua autonomia e un governo proprio, secondo quanto stabilito nel Direttorio. Viene eretta dal superiore generale con il consenso del suo consiglio.
97.- La delegazione è composta da un gruppo di comunità che possono avere una certa unità tra loro, senza però i requisiti necessari per venire costituite in provincia o viceprovincia.
Essa può essere costituita sia dal superiore generale con il consenso del suo consiglio, sia dal superiore provinciale con il consenso del suo consiglio e con il nullaosta del superiore generale col suo consiglio.
98.- I superiori delle viceprovince e delle delegazioni, per quanto riguarda il governo, seguiranno le disposizioni delle lettere di costituzione e di nomina e, nella celebrazione dei rispettivi capitoli, le norme del Direttorio, del Regolamento dei capitoli e dei propri Regolamenti.
99.- Il superiore generale presiede a tutta la congregazione. In lui la famiglia giuseppina riconosce il successore del Murialdo e il segno della propria unità.
Egli dovrà distinguersi per l’amore alla Chiesa e alla congregazione, per l’esempio della vita, per la capacità e la prudenza nel governo.
La sua principale sollecitudine sarà di promuovere, in comunione con il suo consiglio, la fedeltà della congregazione al suo carisma, la vita spirituale e l’impegno apostolico. L’umiltà e la semplicità di san Giuseppe saranno lo stile con cui eserciterà questo suo compito.
100.- Il superiore generale deve essere sacerdote e professo di voti perpetui nella congregazione da almeno dieci anni.
Egli viene eletto dal capitolo generale per un periodo di sei anni e può essere rieletto. Perché possa essere rieletto immediatamente ad un terzo periodo, o successivi, è necessario che egli ottenga almeno i due terzi dei voti.
101.- Per la sua elezione si procederà in modo da ottenere, con spirito di unità e di fede, la massima convergenza di voti sul confratello che, in coscienza, sarà ritenuto idoneo.
Per tale scopo nei primi quattro scrutini sarà necessaria la maggioranza dei due terzi dei voti; solo dopo sarà sufficiente la maggioranza assoluta. In ogni caso non si andrà oltre il settimo scrutinio, il quale riguarderà solo i due candidati più votati nel sesto scrutinio, o, se parecchi, i due più anziani di professione. In quest’ultimo scrutinio, in caso di parità di voti, si considererà eletto il più anziano di professione.
Per la procedura ci si attiene a quanto stabilito nel Regolamento dei capitoli.
102.- Il superiore generale governa e amministra la congregazione secondo la Regola, con potestà ordinaria e immediata sulle province, le comunità e i confratelli. Egli è il legale rappresentante della congregazione a tutti gli effetti ecclesiastici, con le competenze che il diritto canonico gli riconosce come moderatore supremo. Per tutto quanto concerne l’ambito civile delle province nei singoli stati, egli affida al rispettivo superiore maggiore o ad altra persona la legale rappresentanza degli enti mediante i quali la congregazione è ivi riconosciuta.
103.- Se il superiore generale credesse di dover rinunciare all’ufficio, dopo aver data comunicazione ai membri del suo consiglio, ne esponga il motivo alla Sede Apostolica. Spetta ad essa accettare la rinuncia.
Se si vedesse necessario privare dell’ufficio il superiore generale, i membri del consiglio generale deferiranno la cosa alla Sede Apostolica e si sottometteranno al suo giudizio.
104.- Il consiglio generale partecipa con il superiore generale al governo della congregazione. È suo compito prestare aiuto al superiore generale nell’esercizio delle sue funzioni; attendere in comunione con lui agli impegni ricevuti dal capitolo generale e a quelli che il superiore generale giudicherà opportuno affidargli; individuare e studiare i problemi che interessano il bene di tutta la congregazione; promuovere l’unione fraterna fra le province e organismi similari; dare il voto collegiale, deliberativo e consultivo, a norma del Direttorio.
105.- Il consiglio generale è eletto dal capitolo generale con il criterio di maggioranza e le modalità stabilite dal Direttorio e dal Regolamento dei capitoli.
Esso si compone, secondo il Direttorio, di almeno quattro consiglieri, di cui uno vicario ed un altro economo. L’ufficio di segretario generale può essere affidato ad un confratello non consigliere.
106.- All’ufficio di consiglieri generali si possono eleggere solo confratelli professi di voti perpetui nella congregazione da almeno cinque anni; il vicario deve essere anche sacerdote.
107.- I consiglieri restano in carica sei anni, cioè fino al successivo capitolo generale ordinario, e possono essere rieletti. La loro carica, tuttavia, può cessare in modo straordinario nei seguenti casi:
a.- quando, per qualunque ragione, si dovesse procedere durante il sessennio al rinnovo della carica di superiore generale, ove non si potesse verificare quanto disposto all’art. 108;
b.- in caso di rinuncia;
c.- in caso di rimozione per causa grave, decisa collegialmente dal consiglio generale e con la conferma della Sede Apostolica.
108.- Il vicario generale è il più diretto collaboratore del superiore generale nel governo della congregazione: ne fa le veci quando è assente o impedito e gli subentra, a tutti gli effetti, in caso di morte, rimozione, impedimento perpetuo o rinuncia, fino al successivo capitolo generale. In tal caso, il consiglio generale eleggerà un nuovo consigliere e poi il vicario generale come disposto nel Direttorio.
109.- L’economo generale, sotto la direzione del superiore generale e con la vigilanza del suo consiglio, amministra i beni temporali della congregazione in spirito di giustizia, povertà e carità.
Egli esercita anche un’azione di assistenza e vigilanza sull’amministrazione delle province e delle case.
110.- Il segretario generale redige i verbali del consiglio generale e, per ordine e a nome del superiore generale, scrive le lettere e stende gli atti che riguardano gli affari della congregazione.
111.- Il procuratore generale risiede a Roma e, in dipendenza dal superiore generale, tratta gli affari della congregazione e le pratiche di singoli confratelli con la Sede Apostolica.
112.- Il capitolo generale, ordinario e straordinario, manifesta nel modo più alto la comunione di vita e di attività apostolica della congregazione. In esso è rappresentata tutta la congregazione e viene espressa collegialmente la partecipazione di tutti alla sua vita e alla sua azione nella Chiesa. Per mezzo suo l’intera congregazione, sotto la guida dello Spirito e attenta ai segni dei tempi, verifica e ricerca la propria fedeltà al Vangelo e al suo carisma.
113.- È sua competenza specifica, ispirandosi e attenendosi alle norme della Chiesa, al carisma del Fondatore e alle sane tradizioni: verificare il cammino realizzato dalla congregazione; discernere e progettare il futuro alla luce dello Spirito; legiferare nell’ambito della congregazione; interpretare o modificare la Regola a norma dell’art. 118 delle Costituzioni; stabilire norme, direttive, criteri orientativi circa la vita consacrata e apostolica dei confratelli; verificare e deliberare riguardo alla situazione economico amministrativa.
114.- Il capitolo generale è convocato dal superiore generale. Qualora egli ne fosse impedito, è convocato dal suo vicario; e, in assenza di questi, dal consigliere più anziano di professione.
Per la convocazione del capitolo generale straordinario si richiede il voto collegiale del consiglio generale e l’adesione, o richiesta scritta, di almeno due terzi dei superiori delle province ed organismi similari.
115.- Sono membri del capitolo generale i confratelli professi di voti perpetui da almeno cinque anni.
Partecipano a titolo di ufficio:
a.- il superiore generale;
b.- i consiglieri generali;
c.- i superiori generali scaduti che non abbiano compiuto l’ottantesimo anno di età;
d.- i superiori delle province, viceprovince e organismi similari;
Partecipano a titolo di elezione:
e.- i delegati eletti a norma dell’art. 116 delle Costituzioni, in numero superiore ai membri per titolo di ufficio.
Qualora uno dei membri di cui alle lettere a., b., venisse nelle elezioni durante il capitolo sostituito da un altro, egli continua ad essere membro del capitolo congregato.
Se uno dei membri di cui alla lettera d. è impedito di partecipare al capitolo generale, tale diritto è devoluto al suo vicario; nel caso che questi sia anche delegato eletto, al suo posto subentra il supplente.
116.- Con i confratelli che vi partecipano a titolo di ufficio, vi partecipano a titolo di elezione:
a.- per ogni provincia e organismo similare un delegato ogni 30 confratelli o frazione di 30, sulla base dell’organico computato alla data di indizione del capitolo generale;
b.- due delegati laici, eletti a maggioranza relativa, su due distinti elenchi preparati dal superiore generale col suo consiglio, tenendo presente lo sviluppo della congregazione.
117.- I membri per titolo di ufficio e i delegati hanno non solo il diritto ma anche l’obbligo di partecipare al capitolo. Qualora ne fossero legittimamente impediti, saranno sostituiti secondo quanto è previsto dal Regolamento dei capitoli.
Spetta al superiore generale con il consenso del suo consiglio giudicare la legittimità dell’assenza, per la quale si richiede sempre una causa grave, e convocare i supplenti.
118.- Ogni interpretazione, o modifica, o aggiunta alle Costituzioni fatta dal capitolo generale è autentica se ha ottenuto almeno i due terzi dei voti dei capitolari e la successiva conferma della Sede Apostolica. In questo caso, esse acquistano forza di legge vincolante come testo di Costituzioni.
Per l’interpretazione, o modifica, o aggiunta agli altri testi del diritto proprio si richiede la maggioranza qualificata dei due terzi dei voti.
Le deliberazioni del capitolo generale restano in vigore fino al successivo capitolo generale.
119.- Il capitolo generale, ordinario e straordinario, trovano nel Direttorio e nel Regolamento dei capitoli le indicazioni sulla rispettiva convocazione, partecipazione e celebrazione.
120.- I confratelli accoglieranno volentieri le deliberazioni del capitolo generale; esse diventano obbliganti appena promulgate dal superiore generale.
121.- Fra un capitolo generale e l’altro, la Regola viene interpretata dal superiore generale col suo consiglio collegialmente, in forma puramente dichiarativa, a norma del Direttorio, escluso ciò che attiene la natura e il fine della congregazione.
Per ogni caso in cui il diritto proprio non si esprime, si seguono le norme del diritto comune.
122.- Il superiore generale, con il consenso del suo consiglio, può dispensare dalle prescrizioni del Direttorio, eccetto quelle derivate dal diritto comune.
• AMMINISTRAZIONE DEI BENI
123.- La congregazione non ha scopi di lucro. I proventi del lavoro dei suoi membri vengono messi in comune e ser vono per il sostentamento dei confratelli, per la missione della congregazione e per le opere di carità.
Sarà quindi preoccupazione costante di tutti i confratelli, ed in particolare dei responsabili dell’amministrazione, di non cercare prestigio umano o vantaggi personali.
Ognuno diffonda con il proprio esempio la stima della povertà evangelica, la fiducia nella Provvidenza, la convinzione che i beni della terra appartengono a Dio e a tutti gli uomini.
124.- La congregazione e, subordinatamente le singole province, viceprovince, delegazioni e case, possono essere titolari di proprietà, godere della capacità di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni immobili e mobili.
Ove è possibile e conveniente, le province e le case abbiano la personalità giuridica anche nell’ambito civile ed il superiore provinciale o locale ne sia il legale rappresentante.
125.- All’amministrazione dei beni della congregazione sovraintende il superiore generale; nelle province e nelle case, rispettivamente e in modo subordinato, il superiore provinciale e locale.
126.- La congregazione come tale, le province, gli organismi similari e le case rispondono soltanto dei debiti e di altre obbligazioni finanziarie che i confratelli avranno contratto in forza del loro ufficio o mandato a norma del diritto comune e della Regola.
Di tutti gli altri debiti e obbligazioni di ogni forma, posti in atto senza autorizzazione, sono tenuti a rispondere moralmente, legalmente e finanziariamente davanti alla congregazione, alla Chiesa e all’autorità civile quei confratelli che li hanno contratti.
127.- Per l’investimento, o per qualunque mutazione di investimento, dei capitali dati o legati ad una casa particolare e destinati al culto divino, o a beneficenza da farsi sul luogo stesso, o alle missioni, si richiede il nullaosta dell’autorità ecclesiastica competente.
• VALORE NORMATIVO DELLE COSTITUZIONI
128.- Nelle Costituzioni, espressione della volontà di Dio in quanto racchiudono il progetto di vita giuseppina, i confratelli trovano i motivi ispiratori e la guida per essere fedeli alla loro vocazione.
L’osservanza delle Costituzioni, che è un dovere ed una esigenza che scaturiscono dalla professione religiosa, deve essere animata dalla carità.
L’approvazione delle Costituzioni da parte della Sede Apostolica non comporta speciali obblighi, oltre quelli derivanti dai voti e dalle leggi di Dio e della Chiesa, ma garantisce la conformità all’ideale evangelico e la fedeltà al carisma del Fondatore.
129.- Le Costituzioni, codice fondamentale della congregazione, trovano la loro applicazione anzitutto nel Direttorio e negli altri testi del diritto proprio che i confratelli sono ugualmente tenuti ad osservare.
Essi ricordino l’esortazione del Fondatore: «... osserviamo perfettamente le nostre regole e saremo santi...».
Costituzioni e Direttorio sono racchiusi sotto il nome di “Regola”.