Roma, 14 maggio 1918
Roma,
26 agosto 2005
Venerdì
26 agosto 2005 è tornato alla casa del Padre R CARMINE ANGELETTI. Aveva 87
anni.
Il Signore lo ha chiamato a sé dopo una lunga vita dedicata
con fedeltà e zelo esemplari alla
Congregazione e alla Chiesa.
Più
di sessanta confratelli hanno pregato con lui e per lui nella chiesa della
nostra parrocchia dell'Immacolata a Roma, sabato 27 agosto alla celebrazione
dei suoi funerali, presieduta dal superiore generale.
Ha
ricevuto l'ultimo saluto nella "sua chiesa", poiché era nato il 14
maggio 1918 in Viale Scalo di San Lorenzo e al quartiere della nostra
parrocchia dell'Immacolata erano legati i
suoi ricordi di infanzia e anche, con grande riconoscenza, il ricordo dei primi
anni della formazione ricevuta in famiglia e in parrocchia.
Ha
ricevuto l'ultimo saluto da un grande numero di confratelli che, intorno alla
sua bara, rappresentavano la riconoscenza della nostra famiglia religiosa che
padre Carmine ha servito con dedizione, profondendo in essa le sue doti umane,
spirituali e morali.
Il superiore generale, nell'omelia della messa funebre,
ha raccontato la sua vita a partire dalla liturgia della XXIIA domenica per
annum: dalla vocazione di Geremia l'esperienza, che fu quella di P. Carmine,
di seguire la chiamata del Signore, lasciarsi "sedurre" da lui e rimanergli fedele per l'intera esistenza; dal
testo di San Paolo: "Non conformatevi alla mentalità di questo
mondo" l'impegno ad essere come consacrato significativo ed alternativo alla mentalità mondana; dalle parole
di Gesù nel Vangelo: "Chi mi vuol seguire, rinneghi sé stesso, prenda
la sua croce e mi segua" l'esempio di una vita consacrata vissuta
come ascesi quotidiana, come cammino di sequela radicale.
P. Carmine aveva cominciato il suo cammino nella
congregazione con il postulato a Montecchio
e il noviziato a Vigone, nel 1934.
Il
28 agosto del 1935 aveva emesso la sua prima professione religiosa a Vigone:
esattamente settanta anni dopo riceveva nella casa del Padre il suggello eterno
per la sua fedeltà.
Compì i suoi studi filosofici a Ponte di Piave e poi
svolse il magistero a Viterbo, nella scuola
apostolica, come insegnante e assistente.
Le notazioni espresse dai suoi formatori sui vari aspetti
della sua personalità (intelligenza,
carattere, salute, idoneità alla vita della Congregazione...) hanno sempre un
unico e medesimo giudizio: optime!
Compì
gli studi teologici in parte a Viterbo - La Quercia, in parte al Laterano e
alla Gregoriana dove conseguì la Licenza in Teologia Dogmatica.
A
Roma, il 25 luglio del 1940, emise la sua professione perpetua e a Roma, nella
Basilica di Sant'Antonio di Padova in Via Merulana, fu ordinato sacerdote il 27
luglio 1945. Poche settimane prima della sua morte, il 16 luglio festa della
Madonna del Carmine, era stato festeggiato, in occasione dei sessanta anni di
ordinazione sacerdotale dai confratelli e dai familiari.
Nelle
domande ai superiori in occasione di rinnovazione di voti e ammissione agli
ordini in genere scrive: "...a cui sento di aspirare unicamente per
essere un giorno uno strumento docile nelle
mani di Dio per operare il bene tra le anime secondo l'ideale giu-seppino
", manifestando così con la sua proverbiale chiarezza le aspirazioni e
le motivazioni interiori a cui tenne fede
per tutta la vita e che la sua vita interpretano e spiegano, sia quando fu chiamato alla responsabilità, sia
quando pur godendo ancora la fiducia di molti accettò che fossero altri
a guidare i cammini nuovi della congregazione, sia quando con serenità e
signorilità accettò e visse gli ultimi anni della sua vita nella solitudine e
nella malattia: "strumento docile nelle mani di Dio...".
Il
suo servizio alla Congregazione si svolse soprattutto nel campo della
formazione e del governo.
Fu
prima insegnante e poi direttore nell'Istituto San Pietro dal 1947 al 1958.
Nel
1958 fu eletto vicario generale (aveva 40 anni) e restò nel governo generale
per 30 anni, fino al 1988, come consigliere e segretario generale, e
procuratore.
Fece
parte della Commissione per la stesura della Regola dopo il Capitolo speciale del 1969. La Congregazione deve a lui soprattutto
la nuova impostazione degli studi dopo il capitolo generale e il
Regolamento dei Capitoli del 1985.
Terminato il suo servizio nel consiglio generale, per
alcuni anni fu direttore della comunità
di Via Etruschi, 7.
Qualche anno dopo la salute andò declinando fino a che
si prese la decisione di farlo ospitare presso la casa di riposo dei sacerdoti
della diocesi di Roma, amabilmente curato dalle
Suore di San Gaetano e anche dalle Murialdine che abitano lì vicino: qui è
vissuto dal 1998 fino alla sua morte,
conservando fino alle ultimissime settimane il suo sorriso e facendosi
ricordare come un sacerdote mite e gentile.
P.
Carmine è stato sepolto nella tomba della Congregazione nel cimitero del Verano
a Roma.
P. Carmine è un "pezzo" di storia della nostra
Congregazione: l'ha scritta con la sua vita,
la sua testimonianza e le responsabilità che ha avuto nella nostra famiglia
religiosa.
In tempi difficili e contrastati, si mostrò un uomo
assolutamente coerente con i suoi principi e le sue idee e navigò gli anni del
postconcilio con la barra del timone ben orientata su un'unica direzione: la fedeltà alla Regola. Lo ricordiamo come
uomo dell'osservanza fedele, dell'obbedienza, della tradizione. Anche il suo
senso della disciplina religiosa e il suo
rigore, prima testimoniato che predicato, furono segno di esigente amore alla Congregazione.
P.
Carmine resta una pagina indelebile della nostra Congregazione, che gli deve
sin- . cera e forte gratitudine.
Rileggere
oggi la sua testimonianza di vita sembra quasi mettersi davanti un modello inattuale per le sfide che ci si presentano e
le inquietudini che ci attraversano, ma forse si tratta anche di una
salutare provocazione a cui non sottrarsi, per verificarci nel nostro essere "docili strumenti nella mano di
Dio'", cercando il bene della Congregazione, non il nostro,
nell'attitudine a servire senza nulla cercare per sé, nella generosa, coraggiosa
e totale appartenenza al Signore.
Ci
sono però due aspetti della sua personalità e della sua testimonianza di vita
che restano un importante insegnamento ed un importante esempio.
Il primo è nella disponibilità a servire la
Congregazione fin che ciò gli fu richiesto e poi a farsi da parte con grande serenità e signorilità: nei tempi che
cambiavano forse si sentiva il custode di una tradizione che, con il peso della
sua autorità ed autorevolezza avrebbe
potuto ancora far valere, ma preferì non impedire alle novità di farsi avanti,
accogliendole con animo lieto e fiducioso.
Questo
è il secondo insegnamento, particolarmente prezioso nel nostro oggi, dove sembra più difficile per noi convergere su idee e
scelte unanimi, fondate su granitiche convinzioni: il rispetto e la tolleranza per il pensiero diverso e la
dialettica delle opinioni, che viene da un grande senso di umiltà,
perché riconosce il proprio limite anziché assolutizzare il proprio valore, e da una grande fede, perché custodisce nel
cuore la certezza che il Signore guida persone e giorni con la sua mano
sapiente e provvidente e sa dove vuole tutti
condurci. Si può dissentire su tante cose, ma non per questo ci si deve
dividere, né si deve essere intolleranti: anzi la differenza, proprio quella
più difficile da accettare perché viene dall'interno di noi, è da
benedire perché ci fa ricchi della coscienza del nostro limite e della nostra
povertà.
Così siamo a grati a P. Carmine e lo affidiamo al
Signore perché lo ricompensi per il "bene
che ha operato tra le anime secondo l'ideale giuseppino".
Rileggendo la sua testimonianza in questo tempo
ricaviamo un frutto di abbondante grazia e di discernimento: dei tempi, delle persone,
della nostra appartenenza ad un comune
carisma e ideale di santità.
d. Mario Aldegani
sup. prov.
Unita Italia