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P. Franco Fiorani (8/12/1908 - 9/4/2000)


Vignola (Mo) 8 Dicembre 1908

Nerola (RM) 9 Aprile 2000


Durante la notte tra il sabato e la domenica 9 aprile P. Franco Fiorani all'età di 91 anni e 4 mesi, è passato dal sonno alla vita piena in Dio. Cristo Gesù è venuto a ridestare il suo sacerdote proprio il giorno -come ha ricordato il P. Generale nella omelia- in cui una volta si leggeva il vangelo della risurrezione di Lazzaro, l'amico di Gesù, mistero che P. Franco aveva fatto rivivere con la sua tesi di laurea, traducendo ed esaminando alcuni inni inediti del monaco Romano il Melode. "Partito dunque da vita fuggevole, liberato dalle sue tribolazioni è nel riposo aspettando lo splendore divino; lo possiede l'Amante degli uomini onde, spogliato di questa effimera veste, lo riveste di un corpo immortale (...). Chi infatti v'è che muoia, che ami Cristo? Come poi può' venir meno chi si nutre di lui? Un sacro deposito immunizzante porta egli nell anima; se anche si dissolve risorgerà" [Romano il Melode]. E' il mistero della nostra fede! Fede che vogliamo rinnovare e testimoniare.

P. Franco era nato a Vignola [MO] l'8 dicembre 1908 festa dell'immacolata. E forse sotto lo sguardo di Maria Immacolata si è svolta tutta la sua lunga vita, se le Suore Operaie di Maria Immacolata di Via Sabelli in Roma, che lo hanno avuto per circa 25 anni come cappellano, amano ricordarlo con "il passo vacillante degli ultimi tempi e lo sguardo devoto rivolto alla Madre Santa". Neil 1924 entra in noviziato a Rivoli; in Albano il 30 luglio 1931 si consacra in perpetuo al Signore nella nostra congregazione; compie gli studi filosofici e poi teologici ad Oderzo; è ordinato sacerdote nella chiesa parrocchiale di Ponte di Piave il 12 marzo 1932. Non poteva essere diversamente, perchè per la sua intelligenza [Da una scheda scolastica del 1931 risulta avere tutti dieci e solo due nove! ] e versatilità già nel 1929 è chiamato come insegnante presso il nostro scolasticato filosofico, prima in Oderzo e poi a Ponte di Piave, fino al 1935. La casa e la cappella di detta opera portano l'impronta della sua progettazione e della sua direzione dei lavori. Nel 1935 il P. Generale lo chiama ad insegnare ad Albano "dove, scrive, il clima, le occupazioni, l'ambiente conferiranno assai meglio alla sua salute, ai suoi studi ed al suo spirito". La lettera termina con una espressione che non mi pare affatto di circostanza: "conto sull'affetto che Lei ha sempre dimostrato alla congregazione e al sottoscritto ". E P. Franco termina, si fa per dire, i suoi studi con il dottorato in lettere e filosofia presso l'università di Padova nel 1937, con la... discussa tesi su "Commento filologico storico, esegetico di alcuni inni di Romano il Melode". La sua intelligenza ed erudizione straordinaria dovettero mettere in seria difficoltà qualche professore della commissione! Laureatosi, resta come insegnante a Modena e nel 1938 gli sì concede di insegnare pure al liceo ginnasiale di Bologna. Poi dal 1941 al 1947 ragioni famigliari lo portano a stare fuori congregazione. Rientrato, apprezzano per un anno le sue doti di insegnante ed esperimentano l'originalità della sua personalità i ragazzi di Oderzo, Santa Margherita Ligure, San Giuseppe Vesuviano. Per due anni è a Dipignano insegnante di greco ai nostri aspiranti al sacerdozio. E qui ho potuto constatare di persona la sua simpatia e cordialità, la sua genialità, un suo vivere in dimensioni diverse dagli altri -come di altra dimensione era la sua camera- il suo lungo tempo trascorso dietro l'altare maggiore, nella penombra della chiesa, tutto intabarrato, a pregare. Passa quindi ad insegnare nella scuola media S. Pio X di Roma. E dopo un anno ancora vissuto tra Dipignano e Rossano, dal 1957 al 1966 è parroco a S. Alessandro in Roma. Dal 1966 al 1976 è a Napoli coadiutore parrocchiale, insegnante di religione ed insegnante nei corsi serali delle scuole statali. E infine è a Roma presso la casa della procura, ora comunità San Giuseppe, dal 1976 alla morte, avvenuta in Nerola (Roma) presso la casa di riposo del clero "Regina Pacis " dove ha trascorso tra letto e poltrona gli ultimi mesi, seguito con dedizione dalle Suore Giuseppine di Cuneo.

P. Albino, suo ultimo direttore al termine della Santa Messa di suffragio ha colto l'essenziale di P. Franco. Il Signore, afferma, gli ha dato il dono di una intelligenza non comune, eccezionale, di capacità ed interessi molteplici, lo dimostrano i tanti libri che ha utilizzato e la sua conoscenza delle lingue antiche, sanscrito, ebraico e greco. Quello che lo ha colpito maggiormente è stato lo studio e la ricerca quasi spasmodica di voler capire fino in fondo la Bibbia, la Parola di Dio, la storia del popolo ebraico. Queste erano le sue passioni e la ragione delle sue amicizie con personalità ebraiche, le cui vicissitudini ha sempre seguito con amore e spirito di riconciliazione come solo oggi fa la Chiesa. Negli ultimi mesi l'uomo solitario, poco comunicativo, e forse non sempre compreso e pienamente valorizzato, si è alquanto aperto e ha lasciato trasparire qualcosa di più della sua personalità, molto complessa e anche difficile, ma molto ricca di arguta umanità, di spirito di fede espresso con essenzialità e riserbo e progressivo distacco, pronto per l'incontro con il Signore. Credo che possiamo tutti condividere questi pensieri di P. Albino, confermate anche dal ricordo che conservano di lui le Suore Operaie di Maria Immacolata: "Il suo zelo, la sua dedizione, la sua puntualità, l'esattezza nei suoi impegni e la straordinaria cultura, sono stati per noi motivo di crescita spirituale e di gioia ".

P. Franco ha saputo in effetti farsi stimare e volere bene, soprattutto dalle persone spontanee e non prevenute proprio come sono i giovani. L'anno trascorso a Santa Margherita Ligure è stato un anno difficile per lui, di forte incomprensione da parte di qualche confratello e di qualche insegnante, ma i ragazzi dovettero fare in tempo ad apprezzarlo e sentirlo dalla loro parte, se fu loro intenzione fare un grosso regalo, una lambretta, al professore "che con tanta amorosa ed ultruistica cura ha prestato (..) la sua infaticabile opera di insegnante ed educatore". Ma il quadro più vivo di P. Franco lo trovo in uno scritto di Eugenio Bucciol conservato in archivio.

Gli è bastato un anno di scuola per capire l'insegnante di lettere che affascinava con la sua genialità stravagante. Con lui, scrive, gli eventi riuscivano perfino ad inquietarci diventando materia di voto scolastico (...). Commentava con aforismi fulminanti: "l'errore è la scimmia della verità!" e improvvisava combinazioni tra i classici mettendo insieme soprattutto Dante e Virgilio. Dalle terzine estraeva suggestioni letterarie e filosofiche e talvolta si dilettava a trasformare gli endecasillabi in fluenti esametri (...). L'esercizio a scoprire gli errori dello scibile e a smontare le presunzioni della letteratura lo rendeva indulgente con le nostre ingenuità. Adoperava contro voglia lo strumento del voto, nel bene e nel male. Fosse dipeso da lui, l'avrebbe abolito. Nelle controversie che ci riguardavano non esitava a battersi a nostro favore intimidendo con la logica stringata la parte contraria, come avvenne all'esame di maturità cui egli partecipava quale delegato dell'istituto (...). Le sue conoscenze andavano ben al di là degli argomenti scolastici, si estendevano all'architettura, alla fisica, alla chimica e alle lingue morte. Nel tempo libero era inavvicinabile perchè lo impegnavano in camera traduzioni di testi sanscriti o ebraici oppure esperimenti con pile e magneti o il progetto di un edificio poi costruito a Ponte di Piave". Tutte cose che lo portano a perdere spesso la cognizione del tempo. "Non ho mai capito, continua l'autore, perché, scendendo dall'Appennino modenese con la vocazione di farsi prete, avesse preso la strada che conduceva all'ordine dei Giuseppini anziché quello dei Salesiani o dei Gesuiti. Forse perché il santo protettore aveva, come lui, interessi artigianali e ai lavori di miracoli preferiva quelli con le mani (...). Nessuno si sognò mai di applicargli la regola del nomignolo, valida per gli altri professori; anzi, si ometteva con lui anche l'uso del cognome chiamandolo semplicemente don Franco (...). Rimase all'istituto appena un anno (...). Dopo oltre trent'anni, ho avuto occasione di chiedere notizie sul suo conto a una persona vicina al suo ordine religioso. Non conosceva don Franco. Poi, con uno sforzo di memoria, ricordò di aver visto alcuni mesi prima in un istituto di Roma un vecchio prete, magro, sfasato, che rispondeva a quel nome. Non gli aveva dato retta perché faceva discorsi incomprensibili. Era per me la prova che si trattava proprio di lui. Per capirlo ci vorrebbe qualcuno pratico di generatori fuori uso o in grado di leggere i testi sanscriti o l'ebraico antico o capace di tradurre l'Inferno in esametri virgiliani. O che avesse diciott'anni come noi allora a Oderzo".

Proprio così, se ci sforziamo di avere lo sguardo di un diciottenne, e sarebbe un grande dono, oggi possiamo sentire ancora vivo e caro P. Franco Fiorani.

Ricordo i suffragi di regola.

Roma, 9 Maggio 2000

P. Cesare Cotemme
Sup. prov.



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