Roma - 24 giugno 1915
Roma - 20 settembre 2007
"Il seme caduto sulla terra buona sono
coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la
custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza".
Sono le ultime parole del Vangelo della liturgia
nella quale, sabato 22 settembre, abbiamo dato il nostro saluto di fratelli e
di credenti a p. Rinaldo nella chiesa dell'Immacolata a Roma, che è stata la
sua parrocchia sin dalla nascita e nella quale, dopo avere ricevuto il seme
della parola, egli l'ha fatta fruttificare soprattutto negli anni - dal 1976 al
1982 - in cui all'Immacolata è stato parroco.
Parole quanto mai appropriate ad esprimere la
nostra riflessione e la nostra riconoscenza per i doni che il Signore ha fatto
a noi e a tanti attraverso la vita di sacerdote e di religioso di p. Rinaldo:
una vita in cui la parola è stata ascoltata con cuore buono, è stata custodita
ed ha prodotto frutto con la perseveranza.
La parola era stata seminata nel terreno buono
del suo cuore sin dalla sua fanciullezza nella educazione familiare nel
quartiere san Lorenzo, in via dei Campani: una famiglia numerosa, con tante
sorelle e fratelli, - quattordici - la maggior parte dei quali morti nei primi
mesi o nei primi anni di vita.
"Fa meraviglia - scrive p. Rinaldo in
alcuni suoi appunti - oggi questo grande numero di figli: ma a quei tempi
nel quartiere le famiglie numerose erano molte, pensando poi che nel quartiere
vivevano allora 44.000 persone".
Era l'anno 1915 quando nacque p. Rinaldo e già
nella sua infanzia la parola che egli custodì nel suo cuore e che doveva
portare frutto grazie alla sua perseveranza, fu seminata nel suo cuore dai
Padri Giuseppini che erano allora in questa parrocchia.
Nel testamento di p. Rinaldo è questo il ricordo
commosso e riconoscente della sua infanzia: "Sono nato nella povertà,
perciò senza alcuna eredità patema o materna. Rimasto senza genitori a 15 anni,
sono stato aiutato per seguire la mia vocazione dalla Suore Ausiliatrici del
Purgatorio di Villa Mercede, specialmente per il corredo.
Ho lavorato nella Tipografia Pio X, per pagarmi
il viaggio di andata a Montecchio Maggiore e per altre necessità e poi in
particolare sono stato aiutato dai Padri Giuseppini della Parrocchia
dell'Immacolata a Roma, e specialmente dalp. Girolamo Apolloni, parroco, che si
è preoccupato di me e delle mie sorelle nella circostanza della morte dei miei
genitori, e dal p. Luigi Casaril che per le mie sorelle e per me è stato sempre
come un padre.
Tutto quello che ho e che
sono lo devo ai Padri Giuseppini e perciò qualunque cosa che possa essere
intestato a me per il lavoro svolto come giuseppino nella varie opere della Congregazione,
al momento della mia morte, tutto appartiene alla Pia Società Torinese di San
Giuseppe".
Conclude questa parte del suo testamento con una
riflessione bellissima, che è per tutti noi:
"La povertà ci ha mantenuti uniti e sereni nella vita, la preghiera
continui a unirci
spiritualmente, perché il Signore ci faccia ritrovare uniti con tutti i nostri
cari benefattori per godere di quel bene che ha promesso a chi crede e
ha buona volontà".
Padre Rinaldo già in
queste sue parole un'eredità grande ce la lascia; un grande insegnamento che sta in
un'espressione che rivela il suo animo e i suoi valori: "la povertà ci ha
mantenuti uniti e sereni nella vita".
Padre Rinaldo ha davvero
vissuto la povertà amandola come un dono e vivendola con letizia, non subendola
come una privazione. Vantarsi della povertà e ringraziare il Signore per i doni che essa
porta nella vita non è cosa tanto frequente, né tanto attuale oggi, neppure
forse fra coloro che hanno fede, neppure forse fra noi che siamo consacrati al
Signore. Nel suo animo ha portato frutto la parola del Maestro: "Beati i
poveri perché di essi è il regno dei cieli". Penso che quando l'ha
abbracciata la povertà, come consacrato, è stato per lui quasi naturale viverla
senza rimpianti, predicarla e testimoniarla. Fino agli ultimi tempi della sua
vita sempre ce lo ha fatto notare, sempre con discrezione, che noi oggi, noi religiosi, anche noi superiori, non
sappiamo più cosa è davvero la povertà, quella gioiosa, radicale ed
evangelica, quella che prende totalmente il cuore e la vita quando la parola
del Maestro è custodita e porta frutto nella perseveranza.
Ricordare p. Rinaldo ed onorare la sua memoria
significa per noi non dimenticare questi rimproveri che, qualche volta, con
discrezione ci ha fatto.
Padre Rinaldo scrive di
dovere tutto ai Padri Giuseppini, ma noi Giuseppini dobbiamo molto, moltissimo a
lui.
Egli ha servito la Congregazione per lunghissimi
anni, occupando i ruoli che l'obbedienza gli ha affidato, non senza difficoltà
e sofferenze, ma sempre con fedeltà e perseveranza.
Dopo il periodo di
postulato a Montecchio, era entrato in noviziato, svoltosi in quell'anno a Rivoli e a
Vigone, nel 1932, emettendo la prima professione il 28 agosto 1933 e la
professione perpetua il 26 settembre 1939, a Montecchio.
Ha compiuto gli studi di filosofia a Ponte di
Piave (1933 - 35); il magistero al Turazza di Treviso (1935 - 39), la teologia
a La Quercia (VT) (1939 - 40) e Roma (1940 - 43) ed è stato ordinato sacerdote
a Roma il 18 settembre 1943.
Il suo primo campo di
apostolato sacerdotale fu Viterbo: Orfanotrofio S. Pietro, parroco di S. Maria delle
Farine (1943 - 46).
Dopo alcuni mesi di servizio alla Buffalotta, fu
vicemaestro dei novizi a Vigone (1946 -
48), vicepaiToco a Roma - Pio X (1948 - 49), responsabile dell'opera Pio X a S.
Marinella (1949 - 53); ancora parroco alle Farine (1953 - 58) ed a S.
Marinella, direttore (1958 - 64). Nel 1964 viene nominato direttore e parroco
dell'Opera S. Giuseppe di Lucerà, quindi,
nel 1970, direttore e parroco a S. Giuseppe Vesuviano e, nel 1976, direttore
e parroco di Roma - Pio X.
Ultima tappa del suo servizio, la casa
generalizia, dove, dal 1982, è stato fedele custode dell'archivio della
congregazione: 25 anni!
In quest'ultima lunga tappa della sua vita è
emersa chiara un'altra caratteristica di tutta la sua vita, una qualità tipica
di un giuseppino "verace": la laboriosità.
Fino a dieci giorni prima di morire - e aveva 92
anni! - ha svolto il suo orario pieno di
lavoro come archivista, inventandosi anche qualche lavoretto nel tempo in cui
non trovava abbastanza da fare in archivio.
Non avere un lavoro era il suo terrore e la sua
sofferenza. Sentite le ultime parole di certi suoi appunti, trovati sulla sua
scrivania e scritti solo qualche mese o qualche settimana fa: "In
questo ultimo tempo, data l'età avanzata, faccio cose che mi fanno occupare il tempo e facilitano la mia serenità. Ora mi
si guarda solo per una certa vitalità, anche se sacrificata, e si accenna solo ai 92 anni di vita. Il Signore non mi
ha abbandonato e mi facilita la vita in tutte le occupazioni della giornata, e
mi ha dato il dono di mantenere la serenità, malgrado le piccole
sofferenze prodotte dai malanni interni. Deo Gratis".
Qui si apre uno spiraglio sulla sua
spiritualità, sulla sua relazione quotidiana e costante con il Signore. Negli
ultimi tempi, forse frutto di un proposito alla fine di un corso di esercizi
spirituali, nel primo pomeriggio faceva sempre un'ora di adorazione in cappella.
E certo in quest'ora quotidiana il seme posto
nel suo cuore tanti anni prima, si radicava sempre più, e continuava a portare
un frutto buono per lui e per tutti noi.
"Se il tralcio non
rimane unito alla vite, non può portare frutto" ha
detto il Signore: questa
parola ha trovato corrispondenza nella vita di p. Rinaldo e, sul suo esempio,
chiede di trovare sempre più corrispondenza nella vita di ciascuno di noi.
Siamo grati al Signore per
questi buoni frutti che la Parola seminata nel suo cuore ha portato nella vita di p.
Rinaldo: frutti di cui tutti abbiamo gustato il sapore; frutti che il
testamento spirituale di p. Rinaldo ci chiede di portare nella nostra stessa
vita.
Ricordiamo p. Rinaldo, nella sua spiritualità
semplice e profonda, nella sua fedeltà, ma anche nella sua umanità.
Padre Rinaldo ha
conservato "senza macchia e irreprensibile il comandamento ricevuto fino alla
manifestazione del Signore Gesù Cristo, che possiede l'immortalità e che abita
in una luce inaccessibile".
Ha iniziato l'ultima
giornata della sua vita terrena facendo fruttificare il seme che era stato
seminato in terreno buono: al mattino aveva ricevuto il Viatico e alla sera,
con poche forze
ormai, aveva seguito con devozione le preghiere e i gesti dell'unzione dei
malati.
Nella notte tra il 19 e il 20 settembre
terminava la sua lunga giornata terrena e p. Rinaldo tornava alla casa del
Padre.
Voglio concludere il ricordo di lui con un cenno
simpatico alla sua umanità.
Padre Celmo, vicario generale, che gli era
accanto nelle ultime ore della sua vita, ci ha rivelato un particolare magari
non tanto spirituale, ma umanissimo e non banale: l'ultimo sorriso, poche ore
prima di morire, prima di perdere anche la forza di sorridere, glielo ha strappato il secondo gol di Totti,
nella partita giocata dalla Roma in Champions League. Bravo padre Rina,
romano verace, e sanlorenzìno 'doc '!
Grazie di quello che hai
fatto per noi e che ancora continuerai a fare: siccome non sai stare senza far
qualcosa, se non trovi di meglio da fare in Paradiso, prega per noi, che ne
abbiamo bisogno, prega perché siamo persone di preghiera, perché viviamo una
povertà lieta e sincera ed una laboriosità
umile e generosa... e anche se ti diciamo "riposa in pace", tu...
datti da fare.
d. Mario Aìdegani padre generale