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P. Tarcisio Riondato (7/1/1940-12/6/2007)



Gazzo Padovano - 7 gennaio 1940

Padova - 12 giugno 2007


Martedì 12 giugno, a Padova, ha concluso il suo cammino terreno ed è tornato alla casa del Padre p. TARCISIO RIONDATO, di anni 67.

Era nato a Gazzo Padovano, l'8 gennaio 1940.

Dopo il noviziato vissuto a Vigone, aveva emesso la sua prima professione religiosa nel 1958. Aveva professato in perpetuo a Viterbo, il 23 ottobre 1964 ed era stato consa­crato sacerdote a Vicenza, nel Santuario di Monte Berico, il 28 giugno 1969.

Lo abbiamo salutato nella chiesa parrocchiale di Gazzo Padovano, gremita di fedeli, con una celebrazione a cui hanno partecipato una cinquantina di sacerdoti.

Abbiamo meditato sulla prima lettura della liturgia del giorno e sull'ultima pericope del Vangelo di Matteo.

"Gli undici discepoli andarono in Galilea, su quella collina che Gesù aveva indi­cato".

Le parole che Gesù disse loro su quella collina, prima di tornare in cielo, i discepoli se le stamparono nel cuore e le trasmisero al mondo: "Andate, fate diventare miei disce­poli tutti gli uomini del mondo; battezzateli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnate loro ad ubbidire a tutto ciò che vi ho comandato. E sappiate che io sarò sempre con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo".

Queste parole, questo mandato missionario sostenuto dalla certezza che il Maestro è sempre con noi, tutti i giorni, hanno tessuto di senso la vita di don Tarcisio.

Missionario nel cuore lo è stato sempre; di fatto, per la gran parte della sua vita di sacerdote.

Già appena ordinato, nel 1969, aveva chiesto al superiore generale di allora di poter andare in missione.

"No, tu no". Gli fu risposto e queste parole d. Tarcisio le ricordava bene, me le ha ripetute qualche giorno fa, anche perché furono le stesse che gli disse suo padre: "No tu, no: adesso no".

Così don Tarcisio, riconosciuta serenamente la volontà di Dio nella voce degli uomi­ni, visse i primi anni di sacerdozio a Mirano, Enego e Oderzo; ma nel 1978, quando la pro­vincia veneta dei Giuseppini del Murialdo iniziò la missione di Lunsar nella Sierra Leone, la sua disponibilità fu raccolta e don Tarcisio partì per l'Africa.

Venti anni di vita in Africa, attraversando i dolori e i pericoli di una tristissima guer­ra; venti anni dedicati soprattutto ai giovani confratelli in formazione, dando un esempio davvero luminoso di serenità e di coerenza nel vivere la sua vita di consacrato e di gran­de saggezza nell'aiutare i nostri giovani e molti altri a riconoscere la voce di Dio che li chiamava e ad avere il coraggio di rispondere con un sì generoso.

Qualcuno di coloro che sono qui l'ha detto con molta semplicità: "Se non ci fosse stato don Tarcisio, oggi non sarei religioso, alla vigilia dell' "ordinazione sacerdotale".

Poi, nel 1998, la Congregazione cercava un pioniere per incominciare a scrivere una pagina nuova della sua storia, in India.

"Andate a tutti gli uomini del mondo" - aveva detto Gesù su quella collina - e don Tarcisio lasciò l'Africa e fondò la'missione dei Giuseppini in India.

Vi si impegnò con tutte le sue forze, vi si legò con tutto il cuore, divenendo amico, fratello e padre di tanti giovani.

Oggi la Congregazione conta in India già un bel numero di confratelli in formazio­ne, che devono tanto a don Tarcisio.

Ho cominciato da qui il ricordo della sua vita, perché le speranze e le prospettive della Congregazione in India e in Africa sono le cose di cui lui ha voluto parlarmi quando l'ho salutato, qualche giorno fa.

Dall'Africa è giunto un messaggio di cordoglio, molto significativo, firmato dal dele­gato p. Mario Parati a nome dei confratelli:

Siamo orgogliosi di aver avuto tra i confratelli pionieri della presenza Giuseppina in questo continente benedetto e amato da Dio, la figura di un uomo, un consacrato e un prete come d. Tarcisio e siamo consapevoli di essere custodì dì un 'eredità preziosa, che è stata seminata da luì nel cuore di molti Giuseppini e laici, nel corso di ben 20 anni di sevizio; un seme di cui stiamo anche raccogliendo i frutti. Don Tarcisio, insieme ad altri, ha scritto una pagina storica della presenza missionaria della Congregazione in Africa e in India e gliene siamo immensamente riconoscenti.

Abbiamo guardato con ammirazione alla capacità che egli ha avuto di affrontare gli ultimi anni della sua lunga e dolorosa malattia con dignità e a testa alta, con il coraggio, la tenacia e soprattutto la fede, che tutti abbiamo riconosciuto in lui da sempre, e che ha trasformato il suo ultimo letto in un altare.

Un brivido di commozione aveva attraversato l'aula assembleare quando, durante il primo capitolo della storia della Delegazione Africa, concluso lo scorso 15 aprile, era stato letto il testo di un breve messaggio augurale che don Tarcisio ci aveva inviato e che si concludeva con queste parole: "La realtà dell'Africa e tutti voi sarete sempre parte del mio cuore ". Anche don Tarcisio era parte del nostro cuore ed ora, dal cielo, continuerà ad esserlo come e più di prima.

Don Tarcisio ha creduto fortemente nell'impegno missionario della nostra famiglia religiosa e nelle prospettive di diffusione del carisma del Murialdo in queste nuove terre.

Sapeva e sentiva la verità di quelle parole di Gesù sulla collina. "Io sarò sempre con voi, tutti i giorni"

Aveva il cuore dell'apostolo.

Le parole di Paolo ai Corinti nella prima lettura di oggi, potremmo riascoltarle come il moto del cuore apostolico di don Tarcisio: "Investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d'animo" o come il fondamento del suo coraggio e della sua umiltà: "Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù. E Dìo che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre", rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la cono­scenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo".

Il cuore del missionario è questo: sa di essere mandato, sa che chi lo ha manda-to gli è sempre vicino, sa di essere servo dei fratelli per amore di Colui che lo ha manda­to.

Don Tarcisio ci lascia in eredità la testimonianza limpidissima di questo cuore da missionario, che rende ragione della sua fortezza e della sua dolcezza, del suo coraggio e della sua pazienza, del suo zelo e della sua fedeltà.

Caro don Tarcisio, noi siamo qui a ringraziarti per il bene che hai fatto e per quel­lo che farai. Queste parole ti ho detto qualche giorno fa mentre mi stringevi forte la mano. Mi hai risposto: "Sono io che ringrazio il Signore per quanto mi ha dato e per quanto mi ha chiesto in collaborazione".

Già: quanto il Signore ti ha chiesto in collaborazione.

Nell'ultimo anno e mezzo della tua vita ti è stato chiesto di ingaggiare una lotta contro un male che da subito si presentò come inesorabile.

E tu, poiché ti era stato chiesto, hai ingaggiato la battaglia, con tutta la tua forza di uomo e di credente.

Le parole che hai detto e scritto ai tuoi cari e ai tuoi amici negli ultimi mesi rac­contano di un percorso difficile, fatto di dolore, di piccole fiammelle di speranza, di con­sapevolezza di un cedimento progressivo a cui non volevi rassegnarti perché sapevi di dover lottare, perché lottare era la tua vittoria.

Lottare sapendo di non poter vincere, lottare sapendo di non essere solo: "Io sarò sempre con voi, tutti i giorni".

La testimonianza di fortezza e di fede che ci hai dato nella tua malattia non sono meno grandi della tua vita di missionario.

"Abbiamo pregato tanto per un miracolo, invece...". Queste parole ti ho detto, qualche giorno fa.

La tua risposta, ferma, consapevole è stata: "Il miracolo ci sarà. La risurrezione è un miracolo".

È questa tua parola, ora, la nostra consolazione, la nostra preghiera.

Hai promesso che ci avresti aiutato ancora. Che non avresti abbandonato nessuno di coloro che hai amato, nella tua famiglia di origine e nella famiglia giuseppina a cui eri fiero di appartenere.

Hai già cominciato a mantenere la tua promessa. Grazie.

Riposa in pace qui, nella terra che ti ha visto nascere e crescere, che ti ha visto arde­re dell'entusiasmo e della fede di coloro che si sono stampata nel cuore la parola detta da Gesù sulla collina: "Andate in tutto il mondo... E sappiate che io sarò con voi, tutti i gior­ni, fino alla fine del mondo...".

Noi ti diciamo grazie, insieme, per quello che hai fatto e per quello che ancora farai per noi.

d. Mario Aldegani

padre generale



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