Bisceglie (Bari), 2 gennaio 1928
Cuneo, 6 dicembre 2001
"MA FORZA E MIO CANTO È IL SIGNORE! "
Questa frase che Miriam canta subito dopo il prodigioso passaggio del popolo ebraico nel Mar Rosso può sintetizzare la vita del nostro carissimo confratello R GIUSEPPE MAZZONE di anni 73 che alle ore 13 di giovedì 6 dicembre è tornato alla casa del Padre. La sua vita, in cui si è manifestata molta debolezza fisica e molto amore per la musica, è illuminata dalla fede nel Signore, che è sempre il nostro vero canto e la nostra unica forza'
Un'emorragia cerebrale, che lo ha colto in camera nella prima mattinata di martedì scorso, ha stroncato la sua già debole fibra, nonostante il ricovero negli ospedali di Bra e di Cuneo, dove però è stata subito segnalata dai medici la gravità della situazione e l'impossibilità di intervenire chirurgicamente.
Don Beppino, così lo chiamavamo affettuosamente, era nato a Bisceglie, in provincia di Bari il 2 gennaio 1928 da papà Nicola e mamma Angela. La sua famiglia si trasferisce in Piemonte ed è qui a Torino, culla della Congregazione dei Giuseppini, che la sua vita incontra il carisma di San Leonardo Murialdo. Già a 15 anni è a Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo, per iniziare il suo anno di postulato e l'anno successivo il Noviziato a Vigorie. Il suo cammino vocazionale continua nelle sedi di Ponte di Piave, in provincia di Treviso e poi qui a Rivoli Torinese, dove emette la sua professione perpetua nel 1950. Il tirocinio lo svolge a Bergamo e Pocapaglia, mentre segue gli studi teologici a Viterbo e sarà proprio là che riceverà l'ordinazione sacerdotale il 3 aprile 1954. Ha fatto sempre parte di corsi numerosi ed ha saputo coltivare rapporti di amicizia con diversi confratelli, come il compianto d. Giuseppe Rosso, cui fu sempre molto affezionato.
Dopo l'ordinazione viene assegnato all'opera di Bergamo e passa uno o due anni anche in altre comunità: Rivoli, Pinerolo, S. Margherita Ligure, Cascine Vica. Ma è a Somma-riva del Bosco che trascorre la maggior parte della sua vita: quasi trentanni, anche se in più riprese.
L'esistenza terrena di don Beppino è stata segnata dalla sofferenza e dalla malattia: già da pochi mesi dopo l'ordinazione sacerdotale ha accusato disturbi e difficoltà di vario genere che l'hanno accompagnato per oltre 46 anni, anche se con qualche alto e basso. Non sempre le molte cure seguite hanno prodotto gli effetti sperati. Diceva spesso: "la mia è una malattia che sembra non si veda e non si senta, ma io vi assicuro che la sento, eccome! ",
Anche se a volte sembrava ripiegato sui suoi malanni, sapeva scorgere i segni positivi di periodico miglioramento: una volta scriveva: "...è proprio vero che sono un po' in ripresa, almeno nello spirito, che in questi anni è stato, come dire, soffocato dalle preoccupazioni della salute del corpo. Sarà una grazia della mia cara mamma, che solo ora comprendo quanto mi volesse bene!".
La sua situazione l'ha costretto ad una vita più ritirata, avendo necessità dì tempi di recupero per le sue energie molto deboli, e questa era per lui la sofferenza più grande: non poter partecipare a tutti i momenti della vita comunitaria, non poter esercitare il suo ministero sacerdotale e il suo apostolato giuseppino tra i giovani come avrebbe sognato. Non per questo ha rinunciato alla relazione; in una lettera scriveva "per la mia malattia, la solitudine è il peggior nemico!". E così lui ha sempre saputo coltivare il contatto con gli altri, evitando il più possibile l'isolamento, cui pure la sua malattia sembrava condurlo: lo stretto legame con i suoi parenti, in particolare con il fratello, le sorelle e i nipoti ... con gli scritti, il telefono, le fotografie. E poi il contatto con altri amici occasionali, nel paese di Sommariva, oppure attraverso le comunicazioni radio. Fare quattro chiacchiere con d. Beppino era un vero piacere, per la sua intelligenza, per la sua cultura, per la sua memoria formidabile. Il dialogo non era mai troppo lungo perché si affaticava facilmente, ma era sempre intenso e mai banale.
Anche per la sua famiglia religiosa, i Giuseppini del Murialdo, ha sempre nutrito un affetto particolare, fatto di tantissimi ricordi di persone e situazioni vissute, e dimostrando costantemente attenzione e sensibilità per quanto si andava facendo nella Congregazione: leggeva con fedeltà e interesse i vari notiziari, le lettere dei superiori e tutto quanto lo teneva legato alle sue vicende e al suo cammino.
Accompagniamo d. Beppino con quest'ultimo saluto pieno di fiducia nel Dio della vita e della speranza, il Dio che guarisce tutte le nostre malattie sia fisiche che spirituali, il Signore che guida i cuori di ciascuno nel segreto della loro interiorità, spesso sconosciuta e misteriosa anche per noi, ma che Lui sa sempre vedere, capire ed accogliere con la sua misericordia infinita.
A volte si paragona e si raffigura il Paradiso come un insieme di lodi, di canti, di musiche che le anime e gli angeli del cielo ormai nella pienezza della pace elevano al loro Dio, godendolo ormai in pienezza, guardandolo senza più veli né ombre; D. Beppino è stato un amante e un intenditore della buona musica, che ascoltava spesso nella sua camera, perché sapeva capirla ed apprezzarla con competenza e perché essa gli donava serenità e quiete. Finché le forze gliel'hanno consentito si è dedicato anche al suono dell'organo, dell'armonium e del pianoforte ... d. Beppino ora nella musica ha fatto un salto di qualità: non più solo attento ascoltatore e valente suonatore, ma uomo, cristiano, sacerdote e consacrato ormai tutto preso dalla sinfonia di Dio. Adesso le musiche classiche e orchestrali, che tanto gustava acquistano un senso più vivo e più pieno perché egli stesso diventa suono e canto vivente per il suo e nostro Dio; la sua sofferenza e il suo fragile corposono ormai trasformati in una perenne liturgia di lode, fonte di pace profonda e duratura. Alla fine del suo testamento è scritto: "...chiedo di ricordarmi moltofsottolineato) nelle vostre preghiere ". Volentieri acconsentiamo a questo suo ultimo desiderio, anche perché forse, più che per lui, ormai nelle uniche mani forti che possono donargli la salvezza eterna, quelle parole sono soprattutto per noi, che ancora camminiamo quaggiù, perché ci richiamano a ricordare il senso e la meta del nostro pellegrinaggio terreno e il bisogno vitale di "pregare sempre senza stancarci", come ci dice il Vangelo.
Grazie, Beppino, per essere stato con noi! Prega il Buon Dio perché anche noi possiamo un giorno essere il suo canto e la sua musica, insieme a Maria, a S. Giuseppe e al Murialdo. Così sia!
p. Mario Parati
superiore provincia piemontese