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P. Ugo Zinotti (7/6/1925-22/8/2001)


Lerino (VI) 7 giugno 1925

Montefiascone (VT) 22 agosto 2001



Nel tardo pomeriggio del 22 agosto 2001, il Signore chiamava a sé il confratello P. UGO ZINOTTI.

Colpito da ischemia cerebrale, da alcuni giorni era ricoverato presso l'ospedale di Montefiascone, in provincia di Viterbo, cittadina nella quale p. Ugo si trovava da più di un anno come ospite della casa "Villa Margherita"; tenuta dai padri Concezionisti. Il p. Ugo da qualche anno ormai aveva alternato la degenza in ospedale all'essere accolto pres­so strutture per anziani, per essere curato e seguito in questo tempo di malattia attraverso la quale il Signore l'ha voluto purificare per prepararlo alla comunione con Lui, per sem­pre. In questi ultimi giorni e con la morte sembra essersi compiuto un cammino che p. Ugo aveva indicato nelle parole scelte per l'immaginetta ricordo in occasione della sua pro­fessione perpetua: Che può esserci per me in cielo e che cosa posso desiderare sulla terra se non Te, Dio mio? Tu sei il Dio del mio cuore e la mia porzione eterna (Salmo 72).

Le tappe e le date della vita di p. Ugo sono presto dette, data la sua lunga permanenza a Viterbo, presso l'Istituto San Pietro. Nasce a Lerino, Vicenza, il 17 giugno 1925 e fre­quenta le classi delle medie inferiori a Montecchio Maggiore nella Scuola Apostolica dei Giuseppini del Murialdo.

Terminato il Noviziato a Vigone, professa la prima volta nel 1941. Prima a Sommariva Bosco e poi a Ponte di Piave compie gli studi superiori e viene quindi destinato a Montecchio Maggiore, dove inizia il tirocinio svolgendo le mansioni d'assistente e d'in­segnante. Alla fine del tirocinio si ferma un anno a Treviso, all'Istituto "Turazza", per motivi di salute e frequenta teologia presso il locale seminario diocesano. Terminato il primo anno di teologia, raggiunge i suoi compagni a Viterbo, dopo avere professato in per­petuo a Montecchio Maggiore nel 1946.

Al termine degli studi teologici viene ordinato sacerdote il 10 marzo 1951; cinquanta anni fa.

Alla vigilia della sua ordinazione, il direttore di Viterbo scrivendo di lui al padre generale perché fosse ammesso agli ordini, tra l'altro annota: Buon elemento per le case di formazione.

In effetti don Ugo ha vissuto il suo essere giuseppino nel ministero della formazione, tra Montecchio Maggiore e Viterbo San Pietro.

L'obbedienza prima lo destina a Montecchio Maggiore, dove rimane un solo anno, quindi viene inviato a Roma per compiere gli studi teologici all'Università Pontificia Gregoriana. Conseguita la licenza in teologia nel 1954, a settembre dello stesso anno giun­ge a Viterbo. Qui sarà insegnante per oltre 40 anni, confratello stimato e benvoluto della comunità di San Pietro fino alla morte, a parte una breve parentesi (1985-86) a Roma, in via Etruschi 7.

Dal 1970 al 1976 don Ugo diventa direttore e padre maestro del teologato; in prece­denza aveva ricoperto la carica di prefetto di disciplina e di vicerettore.

Suo compito fondamentale rimane però l'insegnamento; Teologia Fondamentale, Cristologia, il trattato sulla Trinità, Mariologia, Escatologia: queste le principali discipli­ne insegnate.

La sua attività di docente è a servizio della diocesi nella scuola di teologia per laici, della quale, nei primi tempi, cura la direzione su mandato del vescovo diocesano mons. Luigi Boccadoro.

Per alcuni anni è confessore nelle messe domenicali a servizio della FUCI, collabo­rando con mons. Dante Bernini; è anche apprezzato conferenziere dell'Associazione Domus Cristiana e assistente ecclesiastico di Rinascita Cristiana.

È stato cappellano e confessore presso molte comunità religiose in Viterbo, soprattut­to al Brefotrofio, al Buon Pastore, all'Orfanotrofio di Santa Rosa, all'opera San Pio X in San Tommaso.

Studente a Viterbo, di lui si ha questa presentazione: "Di delicata complessione fisica è da tenersi sotto frequente controllo per debolezza polmonare appena superata. Intelligenza distinta fatta fruttare con costante applicazione. La sua sensibilità e delica­tezza (che a qualcuno è sembrata in qualche raro caso meticolosità) avverte facilmente inconvenienti e irregolarità che lo sconcertano alquanto ". "È necessario esortarlo spes­so a non applicarsi troppo nello studio e a non concentrarsi eccessivamente su se stesso; e ciò sia per riguardo alla sua salute, sia perché non abbia ad appartarsi troppo dai con­fratelli ".

Don Ugo godeva di un carattere mite, di una buona capacità d'ascolto degli altri; era d'animo sensibile e delicato; era meticoloso ed amante dello studio e della sua attività d'insegnante. Era serio nel suo insegnamento e sapeva riconoscere quando gli argomenti del suo esporre erano più o meno fondati.

Nel suo tratto educativo era comprensivo, sapeva dialogare, sapeva giustificare. Direttore e padre maestro in un periodo diffìcile e di trapasso postconciliare, ha saputo dare fiducia, rimanere al suo posto anche se non sono mancate le critiche e i giudizi che certamente lo hanno fatto soffrire.

Un giorno ebbe a confidare d'essere certo che la sua bontà, e qualche volta la sua debo­lezza, avevano salvato più di una vocazione. Qualcuno ne aveva approfittato, certo, ma in don Ugo era rimasta la consapevolezza di non aver mai chiuso il discorso con nessuno.

I confratelli giovani hanno apprezzato di don Ugo soprattutto la sua capacità di stare con loro, di conversare anche di cose poco importanti fuori della scuola e nei tempi diricreazione. Il suo sorriso, che arrivava puntuale dopo ogni battuta, ti faceva capire l'indi­ce di gradimento di quello che si diceva. Le sue passeggiate in compagnia di uno studen­te o insieme ad un confratello insegnante, sono entrate nei racconti che si fanno memoria di una persona che anche in queste piccole cose ha espresso amicizia, presenza discreta, compagnia.

In vista di predicazioni o di conferenze, chiedeva tempo per prepararsi convinto che il parlare fosse sempre pieno di responsabilità. Dopo avere celebrato i funerali di una per­sona amica, si chiedeva se fosse stato solo un venditore di fumo. Scriveva in quella occa­sione: "E stasera qui nella mia stanza, solo con i miei libri, con il freddo che mi viene su per le gambe; mi interrogo. Ma è tutto vero quello che ho detto, non sarò stato anch 'io un venditore di fumo? Un accarezzare d'orecchi, un lenitore momentaneo e artificiale di dolori più grandi di me, sui quali sarebbe meglio il silenzio? Certo avevo parlato con con­vinzione, nella mia fede di credente in Cristo che muore e che risorge. Avevo cercato e cerco di trasmettere agli altri quello in cui credo con tutta la forza della mia anima ". Alla fine della lunga considerazione don Ugo si diceva che non poteva essere stato un vendi­tore di fumo.

A chi l'ha conosciuto sembra difficile pensare a don Ugo che sta correndo, anche se si tratta di correre leggero per le vie del cielo. Forse chissà, avrà in mano ancora la sua borsa, quella di pelle nera ormai consumata, che portava sempre con sé anche quando dentro non c'era nulla. Come non immaginare che adesso quella borsa sia piena della sua vita di prete, di religioso, di studioso e d'insegnante? Nell'archivio di Casa Generalizia si è raccolta l'ultima stesura della sua tesi alla quale mancano ancora la conclusione e diversi ritocchi. Noi preghiamo perché il Padre buono lo abbia ad accogliere nella sua pace, e che la con­clusione, della tesi e della vita, sia il gaudio felice della contemplazione di Dio Trinità.

p. LUIGI PIERINI
superiore generale


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