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P. Cosimo Anglani (19/7/1927-28/5/2004)


Roma, 19-07-1927

Roma, 28 - 05 - 2004



"Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi" (FU. 4,4).

Ci mancherà il p. Cosimo con la sua gioia di vivere, dalla risata facile e accattivan­te, dallo spirito eternamente fanciullesco e gioviale. A tutti, dopo lo scampato pericolo della polmonite d'inizio d'anno, p. Cosimo era apparso sereno, in ripresa; si sentiva feli­ce e prendeva la vita con buon umore. Anche se sentiva nel suo corpo la debolezza e che la morte avrebbe potuto avvicinarsi con morbidi passi, essa non gli incuteva paura perché sapeva bene in chi aveva riposto la sua fiducia.

Un amaro stupore ha colto di sorpresa tutti noi, increduli neh'accettare che una rovi­nosa caduta potesse accelerare un distacco definitivo per un trapasso nella festa eterna che solo Dio riserva ai suoi amici. Il dramma della lotta tra la vita e la morte, iniziato la sera del 17 maggio sulla scarpata al confine del recinto dell'Oratorio S. Paolo, si è concluso il 30 maggio, festa di Pentecoste, festa dello Spirito Santo. Forse questa volta il gioco di pre­stigio non gli è riuscito, o forse ha realizzato il gioco più bello, quello di andare in Paradiso. Che abbia avuto nostalgia di p. Gastone, di p. Fedele, di p. Vittorio, di p. Sergio? Certo che adesso in paradiso ci sarà un poco più di allegria e di chiasso, magari un ango­lo con scritto "oratorio giuseppino"...

P. Cosimo Anglani era nato a Roma il 19-07-1927 e la sua vita di ragazzo circonda­to dall'affetto dei suoi cari si era dipanata negli angoli dei quartieri popolari di Roma, Trastevere, Borgo Pio, San Lorenzo, verso cui aveva conservato un'attenzione e uno sguardo amorevole da "tifoso di borgata". Della sua città, non dimenticherà i vicoli, i sapori, gli odori, i negozietti... Aveva conosciuto i giuseppini presso l'Opera Pio X ed era rimasto affascinato e coinvolto nella rete di iniziative a vantaggio dei ragazzi del quartie­re romano: la sua vocazione era già tracciata nell'esempio e nella testimonianza di quei primi giuseppini incontrati in oratorio.

Dopo le scuole medie in seminario a Viterbo, era entrato in Noviziato a Vigone (Torino) nel 1945/46. I superiori lo segnalano alla scuola superiore in Ponte di Piave (dal 946 al 1949) con le seguenti qualità: "di buona salute fisica, buona intelligenza, suffi­ciente buon senso, di carattere piuttosto affettivo alquanto emotivo, con particolare incli­nazione allo studio dilettevole del canto e musica, al gioco di movimento, di poca gene­rosa laboriosità, sufficiente sincerità, buona pietà carità dipendenza, di spiccata sensibilità, sufficiente spìrito di sacrificio, buon amore alla congregazione, discreta urba­nità e idoneità ai ministeri della Congregazione ".

Il periodo di tirocinio lo vede già immerso in mezzo ai ragazzi prima a Foggia (l°e 2° anno) e poi presso la scuola di Albano (3° anno).

Si applica agli studi di teologia, presso l'Istituto Teologico "S. Pietro" di Viterbo dal 1952 al 1956, fino a diventare sacerdote il 17 marzo 1956 nella Chiesa di S. Rosa attra­verso le mani di S.E. Mons. Albanesi.

La carica spirituale e lo zelo apostolico del giovane prete giuseppino trovano imme­diatamente modo di esplicitarsi in luoghi e ambienti a diretto contatto con ragazzi e gio­vani di diverso ceto sociale e di diversa condizione, ma sempre destinatari di una passio­ne e di un'attenzione educativa del tutto personalizzata:

- S. Giuseppe Vesuviano (Napoli) dal 1956 al 1957,
- Foggia, Opera S. Michele, dal 1957 al 1958,
- Viterbo, Villaggio del Fanciullo, dal 1958 al 1960,
- S. Marinella, dal 1960 al 1963,
- Roma S. Pio X, dal 1963 al 1966,
- e poi Roma, Oratorio San Paolo dal 1966 al 2004, purtroppo senza raggiungere i 50 anni di sacerdozio cui aveva già fatto qualche pensierino. Nel "vecchio orato­rio" come nel "nuovo" (perché voluto e realizzato dal papa Paolo VI su media­zione del S.E.Card. Jean Villot, segretario di Stato del Papa e soprattutto "suo grande amico"), come nel CFP San Paolo, il suo ministero ed il suo apostolato "da cortile" sorgevano dal basso, dallo stare insieme e dal voler bene a tutti; poi veniva la catechesi, il dialogo spicciolo ma ugualmente formativo, l'omelia che piaceva... ed il ricordo imperituro che lasciava e produceva frutto nel cuore di tanti giovani, nei gruppi sportivi come nelle aule della formazione professionale.

Con p. Cosimo tramonta sempre più una generazione di sacerdoti giuseppini che riconosciamo "speciali" per la testimonianza, per lo stile di vita, per l'essenzialità della fede. Ci ha fatto bene e ci ha fatto del bene il semplice fatto di averlo incontrato e cono­sciuto.

Vorrei provare a raccontare come io l'ho incontrato, attraverso alcune "parole magi­che" (cui ci aveva abituati tra i tanti giochi e scherzetti) che insieme danno l'idea di un arcobaleno, simbolo che rallegra il cuore di gioia.

Ho visto in lui:

- il giuseppino e la passione educativa per i ragazzi: ogni frammento della sua vita è colorato sempre e solo da una sola costante, l'amore ed il servizio per i ragazzi. Ho pas­sato rapidamente in rassegna le foto che conservava nel cassetto, sempre volti di ragazzi sorridenti, scapigliati, sfrenati. Mille occasioni: il campo sportivo, le gite, le scampagnate, la tavola, le feste... Tra tutte la prima squadra di calcio dei ragazzi seguiti personal­mente da "padre Giovanni" (il card. J. Villot) al vecchio oratorio! Ma ogni margine del suo tempo è stato riempito e fissato dall'amicizia con i ragazzi, dall'intrattenersi a tu per tu con ciascuno. Non solo incontri occasionali, ma storie di vita: da ragazzi a giovani lavo­ratori, poi a sposi, ed ancora come genitori... Visitando insieme con lui i vari uffici di Roma, era facile incontrare uomini che lo avevano conosciuto da "ragazzi all'oratorio" ed il saluto che risuonava era un grido di gioia: "Padre Co'" Sembrava di ascoltare la voce affettuosa della gratitudine.

- il giuseppino e la sua "umanità " dì credente: ricca, coinvolgente, calorosa. Ricca perché carica di doti umane: l'umorismo, la musica (indimenticabili serenate serali con l'armonica a bocca!), lo sport, i giochetti di magia. Da p. Cosimo si restava colpiti per il saluto, la risata contagiosa, la parola buona e al caso, la solidarietà e l'attenzione agli ulti­mi, ai più bisognosi. Il suo stile si traduceva sempre come uno "stare in mezzo alla gente ", aiutare tutti senza chiedere niente, ascoltare, esortare, camminare a fianco delle persone sostenendole con gesti concreti, superando i confini e gli steccati della solitudine. La sua fede era semplice, tradizionale, convinta: la sua pratica era affidata a pochi segni sobri ed essenziali: la Santa Messa, la preghiera, la confessione. Le sue devozioni, alimento della sua spiritualità, lo rendevano a misura e a portata della gente comune: la Madonna di Lourdes, Santa Bernadetta di Soubirous, padre Pio. Per questo tutti lo abbiamo sentito come uno "vicino", accanto a noi.

- il giuseppino e la "sua famiglia religiosa": raccontare di p. Cosimo per gli affetti e la simpatia che manifestava verso tutti, i parenti, gli amici, è scontato... Ma provare a descriverlo nella quotidianità è sorprendente. La vita della comunità religiosa non scorre sempre liscia e libera da scontrosità: p. Cosimo sapeva intessere le giuste relazioni. Non farei fatica a pensare che un P Cosimo farebbe bene in ogni comunità! Senza mai cedere a facilonerie o leggerezze, sapeva far emergere il lato positivo delle situazioni e stempe­rare le asperità che troppe volte contrappongono i caratteri e le personalità. La sua arte magica si esprimeva stupendamente nel "creare un clima" di accettazione reciproca, di buon umore, di simpatia. Restio alle chiacchiere, alle riunioni inconcludenti, alle pro­grammazioni di lunga data, sollecitava con insistenza lo stare insieme, il darsi reciproca­mente tempo e attenzione, il prendersi cura dell'altro con gesti concreti di simpatia.

- il giuseppino e la festa: non riuscirei ad immaginare alcuna festa in Oratorio senza una seppur breve visita di p. Cosimo. Dai bambini, ai genitori, dalle squadre sportive, ai gruppi associazionistici, dalle famiglie degli amici alla comunità... tutti abbiamo apprez­zato il suo "esserci", il suo armamentario magico tirato fuori all'occasione per stupirci e farci sorridere, il suo brio rumoroso, le sue battute. Ogni occasione era grazia di Dio per seminare un pò'di fiducia nella vita. Probabilmente, anche le feste in paradiso da oggi in poi saranno più vivaci grazie al suo apporto ed alle sue improvvisazioni, insieme a qual­cuno della grande famiglia dell'oratorio che ci ha lasciato!

- il giuseppino e lo sport: era inossidabile tifoso di calcio, sì della Lazio, la squadra del cuore... anche se nel suo cuore c'è sempre stato spazio per tutti. Soprattutto era il tifo­so di ogni ragazzo: tutti incoraggiava, a tutti seminava buoni consigli, su ciascuno mette­va una mano sulla spalla per correggere ed educare. Lo ricordo come l'uomo che stava lì, per ore in mezzo al campo, a commentare, ad incitare, a sgridare: allenatori, arbitri, gio­vani e ragazzi hanno sempre avvertito il suo "esserci" come compagnia e come presenza. All'oratorio abbiamo apprezzato in lui, lo sportivo, perché praticava sport (chi non ricor­da le sue "bordate"!)... il maestro perché insegnava a fare sport... l'educatore: perché richiamava ai valori importanti per crescere umanamente ed integralmente.

- il giuseppìno e la natura: non dimenticherò mai le camminate con p. Cosimo in mezzo ai boschi, sulle montagne dell'Appennino, delle Dolomiti, le scarpinate sul Monte Vettore, la goduria alla freschezza delle terre dell'Umbria, i cieli stellati contemplati di notte al suono dell'armonica nei tanti campi estivi con i ragazzi... Non era certo nato tra i monti, ma sapeva assaporare i tanti segnali della bellezza e riconoscere la presenza di Dio attraverso gli stupendi scenari che la natura gli apriva innanzi. Ma accanto alle grandi cose, le piccole cose quotidiane, diventavano segno di una presenza amorevole che Dio rivela: i fiori, le piante, i frutti; i piccoli sapori quotidiani che apprezzava per la originali­tà e per la bontà, riconoscente sempre per quanto può essere letto e apprezzato come dono di Dio.

- il giuseppìno e l'amore alla chiesa: il rapporto di p. Cosimo con la chiesa si è raf­forzato in un cordone ombelicale che lo ha legato da sempre alla frequentazione nella Città del Vaticano. Cardinali, vescovi, monsignori, guardie, custodi, impiegati, operai, hanno sempre rappresentato la faccia concreta di un popolo che quasi quotidianamente ricercava e incontrava. Amava la chiesa di tutti i giorni, la chiesa feriale identificata attraverso il lavoro, al di là delle disquisizioni ecclesiologiche sulla santità dei membri del popolo di Dio. La chiesa di p. Cosimo era fatta di volti concreti, di nomi personalizzati, di amici con cui servire quotidianamente il Papa, i Vescovi, senza alcuno sguardo di polemica e di cri­tica per le debolezze e le fragilità che accompagnano il servizio che anche gli uomini di chiesa svolgono a misura delle proprie possibilità.

- il giuseppìno e la vecchiaia: parlando con p. Cosimo, si poteva anche parlare della fine, della morte. Senza timori, sapeva scherzare, forse perché si sentiva pronto. Nella sua stanza, tutto è quasi in ordine, ha già lasciato il sovraccarico, il "di più", le carte inutili. Aveva scoperto l'unica missione vera per l'anziano saggio: mantenere l'ottimismo ed il buon umore. Ormai, riusciva semplicemente ad offrire serenità in un mondo in cui tutto è fretta, ad essere aperto ai cambiamenti, a prendere parte ai compiti che gli altri attuano e incoraggiarli, ad essere capaci di ascolto e accettare il momento storico. Per i giovani, riusciva ad apparire come buon testimone del passato e ispiratore del futuro. L'unico sport che sapeva di poter coltivare da vecchio è il buon umore: esso libera dai risentimenti, dalle paure, dalle angustie e dai timori.

- infine, il giuseppìno e Maria SS.ma.: sull'immagine della sua ordinazione sacerdo­tale si augurava "Il mio sacerdozio per Maria ". Il suo attaccamento più forte di cura nell'Oratorio era sempre stata l'attenzione alla statua della Vergine in Oratorio. A quella immagine era solito riportare i ragazzi per educarli a pregare, ai piedi di quella immagine lui stesso sgranava sovente il suo rosario. Nel silenzio dei campi estivi alla sera non chiu­deva la fatica quotidiana senza che trovasse il tempo per terminare la giornata nel segno di Maria. Durante la sofferenza, un suora delle Piccole Sorelle (con cui celebrava soven­te l'eucaristia quotidiana) così gli scriveva: "P Cosimo, coraggio! Preghiamo tanto laMadonna nostra Madre, perché lo sostenga in questa prova. E che presto possiamo cele­brare insieme i misteri della nostra salvezza! Auguri dì cuore! ". La preghiera più ripetu­ta, fedelmente perseguita fino alla fine, anche in ospedale, il rosario. Gli ultimi fiori rac­colti nel mese di maggio erano ancora per Lei. L'ultima preghiera recitata insieme poco prima di morire era stata ancora / 'Ave Maria.

In ultimo, ho trovato alcuni versi di un ex allievo che chiudeva il suo omaggio poe­tico "Al caro Amico sacerdote Giuseppìno P. Cosimo Anglani" con le seguenti parole:

"Un gi-azìe Padre Cosimo di core, de preti come Te nun ce so uguali, su un prato sterminato c'è solo un fiore, ridona un pò ' de 'Fede ' a 'stì Lazziali!!!

P Luigi Pierini, Superiore Generale, così concludeva l'intervento della sua omelia durante il funerale:

"Dì luì e degli altri che ci hanno preceduto abbiamo bisogno, per continuare ad amare Dio con semplicità e perseveranza nei giorni che ci restano, e perché i giovani che non lo hanno conosciuto, lo ricordino attraverso di noi... e l'oratorio conp. Cosimo resti una cosa sola, senza perdere anzi ritrovando, se occorre, quella identità educativa e cari­smatica che la Chiesa e la Congregazione hanno il dovere di difendere e rinnovare, per­ché qui, con noi e senza di noi, non muoia mai la speranza ".

I funerali si sono svolti il 1° giugno 2004 nella chiesa del Pontificio Oratorio S. Paolo alle ore 10.30, presieduti dal Superiore Generale p. Luigi Pierini, e la salma è stata depo­sta nel cimitero del Verano di Roma presso la tomba di Congregazione.

Ricordiamo a tutti i confratelli i suffragi di Regola.

p. Giuseppe Rainone Superiore Provinciale



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