da: AA.VV., San
Giuseppe: sposo - padre - educatore, Centro Studi san Giuseppe LEM, Roma,
1996
«Giuseppe,
figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel
che è generato in lei viene dallo Spirito santo. Essa partorità un figlio e tu
lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt
1,20-21).
In questi due versetti l’evangelista Matteo
sintetizza la tua grande missione, il mistero di cui tu, Giuseppe, sei stato
«servo» in tutta la tua vita! Permettimi dunque di rileggere quanto il vangelo
ci dice a tuo riguardo, e di parlarti, come in una conversazione familiare,
giacché tu sei per me, suora Murialdina
di San Giuseppe, «modello», «titolare» e «patrono».
Servo del mistero di Cristo
Il Padre volle la partecipazione della natura umana
in Maria donandoci il Verbo: «Quando
venne la pienezza del tempo. Dio mandò il suo figlio, nato da donna, nato sotto
la Iegge...» (Gal 4,4), ma se ne rivendicò la paternità: il seme della VITA
NUOVA non poteva venire solamente dalla pianta dell’umanità. SARÀ OPERA DELLO
SPIRITO SANTO.
Tuttavia, appena il Verbo incarnato cominciò ad
apparire tra noi, il Signore ti ha voluto come suo prezioso collaboratore e ti
ha posto accanto a Maria, affidandoti i suoi più preziosi tesori.
San Matteo ci descrive il tuo travaglio interiore:
«... prima che andassero a vivere
insieme, Maria – la tua promessa sposa – si trovò incinta per opera dello Spirito santo» (Mt 1,18). E ti
chiama «giusto» (cf. Mt 1,19) perché,
pur non conoscendo l’origine della maternità di Maria ti sei rifiutato di
esporla al disonore. Ti sei ritirato di fronte a Dio, rinunciando ai tuoi
progetti. La giustizia che hai manifestato in questa ua decisione è un anticipo
di quella che Gesù insegnerà nel discorso della montagna quando ci inviterà a
non giudicare dalle apparenze, a rispettare il prossimo amandolo come noi
stessi.
Il tuo agire verrà descritto come un modello di
comportamento davvero umano, retto, non precipitoso. Un esempio di adesione più
allo spirito che alla lettera della legge perché di questa non hai accettato
un’interpretazione legalista, fredda, senza amore. Sei stato giusto, cioè
onesto, fedele, buono.
Tu avevi completa stima e fiducia di Maria, la amavi
teneramente, desideravi vivere insieme con lei, condividere con lei la tua
vita. Avevi fatto un progetto e ora sembrava che tutto crollasse. Non capivi.
Però ti sei fidato, ti sei abbandonato, e il Signore è intervenuto per
rassicurarti che in questo piano meraviglioso, che superava infinitamente la
tua immaginazione, tu avevi un posto importante, insostituibile: quello di
introdurre il Figlio di Dio nella generazione umana. Sei stato escluso dalla
sua maternità perché era una maternità unica, ma non sei stato escluso nè da
lei, nè dal frutto del suo grembo.
Ecco che un angelo ti apparve in sogno: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere...»
(Mt 1,20). E ti ha dato un compito speciale: «Tu lo chiamerai Gesù» (Mt 1,21). Dio ti ha fatto sapere che aveva
bisogno di te. Ti ha dato il potere di introdurre legalmente il bambino nella
discendenza di Davide. Verrà così designato come «figlio di Davide».
Penso di poter immaginare il tuo stato d’animo per
quello che il Signore, anche oggi, chiede a noi di vivere. È difficile stare ad
aspettare che il Signore riveli il suo piano... I tempi di Dio non sono i
nostri... La tentazione è sempre quella di «forzare» la decisione anche se gli
elementi non sono ancora chiari... Questa attesa nel buio, fidandosi solamente
dell’amore di Dio che certo interverrà al momento opportuno, è dura, eppure –
tu ce lo dimostri! – è l’unica «saggezza» umana di fronte a Dio. È l’attesa nel
silenzio adorante!
Grazie, Giuseppe, del tuo insegnamento. Tu sei il
santo dalla «insondabile vita interiore» come
ebbe a definirti il papa Paolo VI.
Com’è stata grande la tua missione, Giuseppe! Sei
stato chiamato a proteggere Maria e Gesù dai rischi di una maternità verginale.
Sei stato chiamato a dare a Gesù il diritto di inserirsi nella successione
delle generazioni di Abramo e Davide. Sei stato chiamato a imporre il nome al
figlio nel contesto della circoncisione, così che il bambino acquistasse una
sua personalità, entrasse nel popolo di Dio ufficialmente, partecipe d’ora
innanzi dei diritti e doveri di un figlio di Abramo, di un autentico israelita,
depositario delle promesse divine.
«Destatosi dal sonno fece
come gli aveva ordinato l’angelo e prese con sè Maria, sua sposa» (Mt 1,24).
Obbediente
Venne poi il tempo del censimento e tu, con la tua
sposa incinta, hai affrontato il lungo viaggio da Nazaret a Betlemme per «farti iscrivere là, essendo della casa e
della famiglia di Davide» (Lc 2,5).
Hai voluto sottoporti alle leggi civili ed
ecclesiastiche del tuo tempo. Hai affrontato il lungo viaggio e avevi... cento
motivi per non andarci! Motivi dettati dal tuo amore sponsale: come posso costringere Maria ormai vicina al
parto a fare un viaggio così disagevole?... Motivi dettati dal tuo amore
paterno verso Gesù che stava per nascere... Come
vivremo? Troverò lavoro? Dove alloggeremo? E per quanto tempo? E invece hai
obbedito, ti sei fidato di Dio.
Sembra di sentir riecheggiare le parole che dirà
Gesù invitandoci alla fiducia nella provvidenza del Padre: «Guardate gli uccelli del cielo... guardate i gigli del campo, non
seminano, non mietono, eppure il padre vostro celeste li nutre... Non valete
voi più di loro?» (Lc 12,22 ss). E tu
lo hai vissuto con quella fede nella Provvidenza che fa sembrare tutto così
semplice, ma chiede un profondo abbandono e una totale fiducia in Colui che ci
ama e si prende cura di noi.
Come mi sei di esempio in questo tuo accogliere ogni
avvenimento come manifestazione della volontà di Dio che conduce ogni cosa! E
san Leonardo Murialdo guardava a te come modello di obbedienza e ancora oggi ci
invita a «fare quello che Dio vuole e
come lui lo vuole» perché in questo «consiste
la nostra santificazione».
Povero
In quella notte quando «si compirono per lei i giorni del parto e diede alla luce il suo
figlio primogenito» (Lc 2,6-7) la gioia e la delicata premura verso la tua
sposa e il bambino saranno state certo grandissime, ma quale sofferenza avrai
provato nel non poter accogliere il re del cielo e della terra in modo più
degno... È stato «deposto in una
mangiatoia perché non c’era posto nell’albergo...» (Lc 2,7).
Gli avevi però preparato l’ambiente più congeniale
alla sua natura di Verbo svuotato della sua gloria: la povertà. Un’umile
povertà che avrebbe suscitato un giorno nei concittadini disprezzo e scandalo a
suo riguardo. «Non è egli forse il figlio
del carpentiere? Da dove gli vengono dunque queste cose? E si scandalizzavano
per causa sua» (Mt 13,55-56).
Notte di prodigi, la notte della nascita di Gesù.
Schiere di angeli annunciavano ai pastori la lieta notizia: «Oggi è nato, nella città di Davide, un
salvatore che è il Cristo Signore» (Lc 2,10) e una moltitudine cantava: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace
in terra agli uomini che egli ama»... (Lc 2,14).
I pastori hanno riconosciuto il segno... «un bambino avvolto in fasce giaceva in una
mangiatoia» (Lc 2,16). Vi hanno riferito ciò che avevano udito dagli angeli
e se ne sono andati felici. «Tutti si
stupivano delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, conservava
tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,18-19). E tu, insieme
con lei, contemplavi le meraviglie di Dio che superavano infinitamente i vostri
pensieri!
«Quando furono
passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome
Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo
della madre» (Lc 2,21).
Quel giorno, quando al tempio, insieme a Maria,
offrivi una coppia di tortore per riscattare il vostro primogenito – primogenito di ogni creatura! – con
quale trepidazione avrai ascoltato le parole del vecchio Simeone: «Ora lascia, Signore che il tuo servo vada
in pace secondo la tua parola perché i miei occhi hanno visto la tua
salvezza... luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2,29).
Con Maria, ti sei meravigliato delle parole che si dicevano del figlio $pena
nato, ma posso immaginare cosa sarà passato nel tuo cuore quando hai sentito
che, rivolgendosi alla tua amatissima sposa, disse: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele... E
anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35). Chissà come si sono
impresse nella tua memoria quelle parole! Gesù veniva chiamato «segno di contraddizione» (Lc 2,34). Il
mistero di Cristo comincia a lasciar trasparire qualche barlume dell’abisso
della sua profondità!
Casto
E che dire del tuo amore verso la vergine Maria?
L’amore più puro che sia mai stato dato di vivere sulla terra! Nel vangelo
vieni chiamato più volte sposo: «Giacobbe
generò Giuseppe lo sposo di Maria» (Mt 1,16); «Giuseppe suo sposo che era
giusto e non voleva ripudiarla» (Mt 1,19); «Maria tua sposa» (Mt 1,20); «Prese
con sè Maria, la sua sposa» (Mt 1,24); «Andarono dunque a farsi registrare
insieme con Maria sua sposa che era incinta» (Lc 2,5).
Tutto quello che è amore sponsale tu l’hai avuto nei
confronti di Maria: i pensieri, i sentimenti, le attenzioni, l’aiuto reciproco.
Tu hai amato la tua sposa come nessun sposo ha mai amato la sua sposa! Ma non
l’hai voluta per te perché era la madre di Gesù, la madre di Dio. Non potevi e
non volevi prenderla per te, ma l’amavi con tutto te stesso e Maria ricambiava
il tuo amore con tutta la dolcezza, la delicatezza, la tenerezza della sua
femminilità. Ma non ti voleva per sè perché lei era di Dio come tu eri di Dio.
In tal modo il vostro amore intensissimo, sponsale, era donazione totale per
Gesù e per tutti.
Quanto ho da imparare da te e da Maria nel vivere la
mia consacrazione! Fammi comprendere che la castità è una pienezza di amore che
non vuole prendere per sè e diventa
dono totale a servizio del prossimo, con infinita tenerezza, con amabilità, con
perseverante impegno, specialmente verso i più poveri e chi non è amato da
nessuno.
Uomo di fede
Dopo qualche tempo dalla nascita di Gesù, ti vedo
ancora a Betlemme. Magari avevi trovato lavoro... e forse pensavi di fermarti
là. In modo del tutto inaspettato ecco che arrivano i magi – nuova rivelazione
del mistero del figlio di Dio nei singolari doni! – e subito dopo un angelo ti
apparve in sogno: «Alzati, prendi con te
il bambino e sua madre e fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò
perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo» (Mt 2,13).
Come è possibile questo? Il re cerca di uccidere il
bambino? Perché tanta violenza?
Ma tu, non hai tergiversato... «Giuseppe destatosi prese con sé il bambino e sua madre nella notte e
fuggì in Egitto»... (Mt 2,14).
Posso immaginare lo stupore di Maria nel sentirsi
svegliare di notte: Dobbiamo fuggire...
un angelo in sogno mi ha avvertito che Erode cerca il bambino per ucciderlo.
Un nuovo disagio, il viaggio, il bambino piccolo, i pericoli,
in paese straniero... Dover cercare lavoro... casa... Chissà come sarete stati
accolti!
È il dramma dei profughi, degli emigrati...
Il vangelo, con poche parole, tratteggia quello che
lungo i secoli sarà il dramma dei rifugiati. «Spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile
agli uomini» (Fil 2,7).
Dopo la morte di Erode nuovamente un sogno ti indica
la volontà di Dio: «Alzati, prendi con te
il bambino e sua madre e va’ nel paese di Israele» (Mt 2,20). Ecco la tua
puntuale obbedienza: «Alzatosi prese con
sé il bambino e sua madre ed entrò nel paese di Israele» (Mt 2,21). Ancora
un dubbio: Se c’è Archelao al posto di
suo padre, sarà opportuno ritornare a Betlemme? Hai avuto paura di andarvi
e un angelo ti ha avvertito in sogno di ritornare in Galilea e a Nazaret hai
posto la dimora della tua famiglia. «Sarà
chiamato nazareno» (Mt 2,23).
Il vangelo completa: «Fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino
cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di
lui» (Lc 2,39-40).
Uomo di fede! Per noi ora il progetto di Dio come
descritto nel vangelo è chiaro, ma per te non era così. Hai dovuto avanzare
nell’oscurità della fede, insieme alla tua amatissima sposa. «La vita di fede è un camminare con Dio
attraverso tutto ciò che lo nasconde. Tutto viene da Dio, dunque tutto va bene.
L’uomo semplice, animato dalla fede, è contento di tutto; trova che niente gli
manca e che niente è superfluo». Insegnami a vivere con questo spirito di
fede tra le difficoltà quotidiane!
Un pellegrinaggio «unico»
Gesù aveva ormai dodici anni quando sei andato,
insieme con Maria, in pellegrinaggio a Gerusalemme in occasione della Pasqua.
Questo era un viaggio speciale perché Gesù veniva riconosciuto «adulto» nella
comunità ebraica. Egli rimase a Gerusalemme a vostra insaputa e voi, con
angoscia, lo avete cercato ritrovandolo dopo tre giorni.
«Non sapevate
che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Queste parole di tuo figlio
adolescente ti saranno rimaste scolpite nel cuore per tutta la vita! Hai dovuto
ricominciare a capire, giorno dopo giorno, cosa potesse significare essere
padre del Messia... «Essi non compresero
le sue parole» (Lc 2,50).
Era troppo alto il mistero per poterlo comprendere!
Dio ti chiedeva solamente di viverlo...
«Partì dunque
con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso...» (Lc 2,51). Com’è grande il
mistero di questa «sottomissione» di Gesù a te e a Maria! Risento l’eco delle
parole che il Maestro dirà più tardi alle folle: «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me
fratello, sorella e madre» (Mt 12,50).
Vita a Nazaret
Nazaret era un povero paese della Galilea dove
scarseggiavano le piogge, era arretrata la tecnica agricola, sul territorio si abbattevano
improvvise e gravi le carestie. La gente era sottoposta al pagamento di tasse
esorbitanti a causa del dominio dei romani.
E tu, Giuseppe, con la tua famiglia, vivevi come
tutti gli abitanti di Nazaret. Andavi a cercarti il lavoro, lo facevi a casa o
a casa dei clienti. Glielo portavi... andavi a cercare il legno che ti
serviva... il ferro... andavi al mercato... avevi la tua bottega con gli arnesi
che ti servivano. Aggiustavi i tuoi utensili e quelli degli altri quando si
rompevano... al sabato andavi alla sinagoga ad ascoltare la spiegazione della
Scrittura.
E anche Maria viveva come tutte le donne di
Nazaret... andava al pozzo ad attingere acqua... cucinava... tesseva... lavava.
E magari, insieme, facevate visita ai vostri amici, ai parenti, li invitavate a
pranzo o cena... partecipavate alle gioie e ai lutti del paese. Vivevate
l’ordinarietà, e la provvisorietà... con un cuore grande!
Noi abbiamo in te un modello anche per «fare il bene, ma farlo bene». Tutto
quello che veniva fatto da te e nella tua famiglia, era fatto bene e con amore.
Tu sei stato chiamato a velare la grandezza di Gesù,
figlio di Dio. Ne hai nascosto la sapienza. Infatti Gesù apprendeva da te. Ne
hai occultato la concezione verginale. Solo tu e Maria eravate partecipi del
segreto. Hai avuto il compito che è quello della Chiesa nel mondo. Come la
Chiesa futura, insieme a Gesù e con Gesù, hai sofferto la persecuzione, insieme
a lui e con lui hai vissuto nel lavoro, nella povertà, nel disagio. Sei
divenuto il modello vivo sul quale il Padre che è nei cieli ha voluto plasmare
il suo stesso figlio fatto uomo.
Maestro di preghiera
Al papà ebreo spettava l’educazione dei figli alla
preghiera. Tu hai
quindi insegnato a Gesù a pregare, lo hai
accompagnato alla sinagoga
tutti i sabati e al tempio di Gerusalemme una volta
all’anno. Hai introdotto Gesù ai grandiosi riti di Gerusalemme come a quelli
più familiari della sinagoga di Nazaret.
È stato da te che Gesù ha cominciato ad apprendere
quel tono di preghiera così semplice e solenne così confidente e augusto che
echeggia nel Padre nostro.
Tu Giuseppe, sei stato ad un tempo maestro e discepolo di Gesù. Gli hai offerto i gesti e le formule perché
potesse intrecciare con il Padre un dialogo pienamente umano.
Il vangelo ci fa conoscere Gesù in preghiera: si
ritirava in luoghi solitari, nei momenti più impegnativi della vita passava la
notte in preghiera, partecipava alle funzioni della sinagoga, zelava la santità
del tempio, pronunciava formule di benedizione prima di prendere il cibo o si effondeva
in ammirazione del Padre.
E all’inizio di questa preghiera ci sei stato tu,
Giuseppe. Hai insegnato a lui le numerose preghiere che costellavano la
giornata del pio israelita.
Chissà quante volte hai preso sulle tue ginocchia
Gesù e gli hai insegnato a congiungere le mani oppure a distendere le braccia,
ad inchinarsi, a ripetere le formule tradizionali: «Ascolta Israele, il Signore è il tuo Dio, il Signore è uno solo...»
(Dt 6,4 ss).
Il Verbo di Dio, la Parola eterna, si poneva a
servizio dell’uomo imparando le parole dell’uomo. E tu sei stato chiamato ad
essere il suo maestro.
Certamente tante volte avrai contemplato il tuo
figlio in preghiera. Con la tua sposa e con Gesù avrai gustato il silenzio mentre contemplavate insieme la natura, o
durante le occupazioni giornaliere, o nei momenti dedicati alla meditazione
dopo la lettura del libro sacro...
Nella mia immaginazione ti vedo al sabato quando,
con Gesù e Maria, ti recavi alla sinagoga. Dopo esservi lavate le mani
all’ingresso, mentre Maria si avviava al posto assegnato alle donne, tu con
Gesù vi confondevate con la massa degli uomini. La funzione sacra iniziava con
la preghiera di lode per i grandi benefici di Dio. Il lettore li annunciava e
l’assemblea rispondeva in coro «eterno
sarà il suo amore per noi» (Sl 135). Poi la comunità recitava la preghiera «Ascolta Israele...» alla quale
seguivano le letture sacre con i commenti dei dottori della legge. Confusi tra
il popolo ascoltavate la parola di Dio e il senso segreto di quelle parole si
rivelavano a poco a poco al vostro cuore che era allenato a custodire la parola.
Anche il pasto familiare diventava un atto liturgico
ed era particolarmente solenne nelle feste di pasqua. Quello spezzare il pane, quel rendere grazie, erano gli atti che Gesù
aveva visto ripetere tante volte da te, Giuseppe. E non sarai proprio stato tu
a insegnargli i preparativi per la festa solenne di Pasqua, come leggiamo nel
vangelo? (cf. Lc 28,8-13).
Accompagnandoti nel lavoro di ogni giorno, Gesù è
stato introdotto a quella visione religiosa del mondo che nel vangelo avrebbe
poi raggiunto le vette più alte e meravigliose.
Tra le mille scene della vita paesana, che poi con
tanta vivacità appariranno nelle parabole, Gesù cresceva e maturava in un
ambiente sano e sereno, naturale e robusto, pregno del senso religioso della
vita e della natura.
Papà
Il Vangelo di Luca ti nomina come padre e chiama te
e la tua sposa «genitori» di Gesù: «mentre
i genitori di Gesù vi portavano il bambino per adempiere la legge» (Lc 2,27);
«il padre e la madre si stupivano delle
cose che si dicevano di lui» (Lc 2,33); «i suoi genitori si recavano tutti gli
anni a Gerusalemme» (Lc 2,41); «il fanciullo rimase a Gerusalemme senza che i
suoi genitori se ne accorgessero» (Lc 2,43); «ecco tuo padre ed io angosciati
ti cercavamo» (Lc 2,48).
Tu non hai generato Gesù, ma hai avuto il dono della
paternità in modo pieno. Hai avuto tutto l’amore, tutta la tenerezza, le
premure del papà. Hai avuto un compito infinitamente grande e ti sei impegnato
a farlo bene. Hai fatto da padre tenerissimo al figlio di Dio. Ti sei fidato di
Dio e hai risposto con la totalità della tua vita al suo amore.
Hai avuto la gioia di essere chiamato da Gesù con lo
stesso nome che più tardi avrebbe dato al Padre dei cieli: «Abbà», papà.
Così a Nazaret Gesù è diventato, di giorno in
giorno, adulto. Egli che sarebbe stato modello ed esempio universale per tutte
le generazioni, ha avuto in te, Giuseppe, un modello.
La tenacia e la fermezza con cui affrontò il suo
compito nel mondo, la dedizione al prossimo, l’amore al lavoro, l’umiltà e la
mansuetudine con cui avanzava in mezzo all’odio e all’orgoglio degli uomini, il
silenzio di cui volle circondata la sua persona e la sua preghiera, tutto
confermava in Gesù qualche tratto di san Giuseppe. Tutto manifestava che egli
era il figlio di Giuseppe.
Naturalmente quel figlio e discepolo diveniva a sua
volta maestro ed esempio per te, Giuseppe, con un crescendo che si commisurava
alla sua età.
Il progetto di Dio
L’annuncio dell’angelo a te, Giuseppe, contiene in
sintesi, sia la tua missione paterna, sia quella del messia nascituro. «Tu lo chiamerai Gesù, egli infatti salverà
il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). San Matteo indica nel peccato la
radice di tutti i mali dell’uomo e perciò l’opera di salvezza nella sua
totalità.
Tu lo
chiamerai Gesù. Imponendo il nome ti riconoscevi padre del messia e nello stesso tempo
manifestavi che quel figlio era già donato, era già di tutti.
Mettevi il tuo contributo al piano misericordioso
del Padre che per salvare gli uomini sacrificava il Figlio, disposto a servire
umilmente la divina vocazione del figlio, primo tra quei genitori del regno che
sanno rinunciare ai loro progetti per lasciare che i figli chiamati da Dio
servano a Lui solo con cuore indiviso; primo tra quei genitori che sanno
credere alla vocazione dei figli e vedono a poco a poco Dio affermare la sua
regalità nella loro famiglia.
Sei stato chiamato tu, l’uomo del silenzio, a dire la
grande parola, a imporre al Figlio di Dio il NOME CHE È AL DI SOPRA DI OGNI
ALTRO NOME.
Il salmista aveva detto: «Lo costituirò mio primogenito, stabilirò per sempre la sua
discendenza» (Sl 88,27-30). Ora la promessa era divenuta realtà. Era il
nome dell’annuncio e del compimento della salvezza.
Da quel remoto angolo di Palestina, il NOME cominciò
la sua corsa. Sarebbe stato amato come nessun altro: apostoli, martiri,
confessori, vergini, avrebbero dato la vita per Lui.
Nel nome di Gesù saranno
rimessi i peccati (cf. 1 Gv 12), ogni azione degli discepoli sarà
vivificata dalla potenza del Nome (cf.
Col 3,17), ogni loro preghiera prenderà forza da quel nome che li tiene raccolti nell’unità (cf. Mt 18,20) e le sofferenze che dovranno affrontare per
il Nome si trasformeranno in beatitudine
(cf. 1 Pt 4,14). Infine sarà l’invocazione del Nome che li salverà (cf. Rom 10,13), perché quello è il Nome che è al di sopra di ogni altro nome
(Fil 2,9-10); ogni potenza terrena o celeste si prostrerà a Lui.
Abbiamo bisogno di non dimenticare mai l’unico
autentico NOME DELLA SALVEZZA E tu, Giuseppe, continua a ripeterlo
pazientemente su ciascuno di noi per renderci consapevoli della nostra realtà e
della nostra meta ultima. Tu che sei stato il servo del mistero di Cristo,
dagli inizi a Nazaret fino al compimento, quando Dio sarà tutto in tutti per l’eternità.
Scelto per servire l’uomo in cui abita corporalmente la pienezza della divinità hai avuto dal
Padre un cuore capace di restare adorante
e silenzioso nell’adempimento del
tuo sublime ministero. Ti prego per tutti i sacerdoti, per coloro che sono
chiamati ad essere amministratori dei beni di Dio, per coloro che battezzano e
formano i nuovi cristiani seminando generosamente la parola del Padre.
La vita della Chiesa testimonia la tua presenza sul
cammino del popolo di Dio. Tu non sei soltanto invocato nelle difficoltà di
ordine materiale. Il tuo servizio più prezioso è tutto interiore e sono proprio
le anime attratte alla vita interiore a scoprirlo più facilmente.
Ogni battezzato è chiamato a vivere il silenzio come
condizione per poter percepire la bellezza e grandezza di Dio. È nel silenzio
che possiamo accogliere la Parola che salva.
Il nome di Gesù, deposto in noi nel battesimo è la
nostra ricchezza, perché in Lui sono nascosti
tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio (Col 2,3).
Chi accoglie il Nome si troverà immerso nel suo
infinito amore e sarà gioia senza fine, per sempre!
Bibliografia:
1) Carmelitane Scalze di Valmadonna, Giuseppe l’uomo della grande parola, Edizioni
Joseph, Asti, 1984.
2) Umberto Lovato, S. Giuseppe un personaggio da riscoprire, Edizioni Paoline, 1991.
3) Jean Radermakers, Lettura Pastorale del vangelo di Matteo, EDB, 1986.
4) Andrea Tessarolo, Lezionario meditato, volume III, EDB, 1983.
5) Aldo Marengo, Il
carisma di san Leonardo Murialdo, corso di Esercizi spirituali alle suore
Murialdine, anno 1989. Dattiloscritto.
6) Vita di
fede a cura di Giuseppe Fossati, anno murialdino 1990-91.
7) La Sacra
Bibbia, edizione ufficiale della CEI.
8) Congregazione Suore Murialdine di San Giuseppe, La Regola di Vita, 1982.