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RUBRICHE: "Genitori-Figli" - Famiglia aperta



Comincia con questo numero una collaborazione preziosa per Vita Giuseppina, che durerà per tutto il 2009. Ne sono autori i coniugi Mauro e Chiara Magatti, l’uno preside della Facoltà di Sociologia all’Università di Milano, l’altra docente di Comunicazione interculturale e tecnica della comunicazione di massa nella medesima Università. Per i lettori di VG si presentano come genitori, raccontando, con semplicità, la loro esperienza di famiglia e condividendo “qualcosa del modo in cui, tra successi e fallimenti, cercano di preparare alla vita i loro figli”.



Quando ci è stato chiesto di collaborare a Vita Giuseppina per la rubrica “Genitori e figli”, in un primo momento siamo rimasti perplessi: non ci è mai piaciuto salire in cattedra (lo facciamo già di mestiere!) e il rischio di enunciare principi astratti, specie quando non si ha davanti un interlocutore concreto, è sempre in agguato. Alla fine, però, hanno prevalso l’amicizia e la disponibilità a condividere con altri la difficile e bellissima esperienza di essere genitori, in spirito di fraternità e senza ricette, semplicemente raccontando qualcosa del modo in cui, tra successi e fallimenti, cerchiamo di preparare alla vita i nostri figli, e soprattutto dei tanti modi in cui, al di là dei nostri limiti, siamo educati da loro.
Dunque per prima cosa, ci presentiamo: Chiara e Mauro, sposati da 23 anni, con cinque figli naturali, dagli 11 ai 21 anni, e una figlia di 19 anni che ci ha “adottati”, dopo che, senza conoscerla prima, l’avevamo ospitata per qualche settimana durante la chiusura della comunità in cui viveva, e che poi si è trovata bene con noi ed è entrata a tutti gli effetti nella famiglia.
Questi numeri possono a prima vista impressionare (molti ci chiedono se apparteniamo a qualche setta, o a qualche gruppo integralista), ma non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze. Siamo una famiglia assolutamente normale. D’altra parte la normalità e l’eccezione sono frutto di convenzioni e usi e non appartengono alle cose in sé.
La nostra famiglia è solo in parte frutto di un nostro progetto e di una nostra pianificazione (anzi, possiamo dire senza problemi che i grandi numeri sono dovuti al fatto che la pianificazione non ha funzionato!), e che se trent’anni fa ci avessero prospettato l’ipotesi di una famiglia così numerosa ci saremmo spaventati.
Però ci sono alcune scelte di fondo che hanno reso possibile ciò che poi è accaduto: non tanto scelte di valori specifici, piuttosto disposizioni, atteggiamenti, verrebbe da dire una “postura” rispetto alla vita.
Di fronte alla vita (e alle persone) si può stare rannicchiati, in posizione difensiva, preoccupati di quello che si può perdere (la libertà, altre occasioni più allettanti, un certo benessere economico), oppure aperti e attenti a ciò che da fuori può arrivare a rendere la nostra vita più bella e più ricca.
Pianificare e attendere sono due modi di mettersi in rapporto col futuro.
E’ saggio cercare un equilibrio, ma l’ossessione del voler padroneggiare ogni variabile porta a vite aride e ripiegate su se stesse. Una cosa che ci siamo sempre detti, e che è da sempre alla base del patto della nostra unione, è “siamo aperti”. E infatti, possiamo dirlo ora che siamo a buon punto, le cose più belle che sono successe nella nostra vita sono state quelle non programmate, quelle che sono arrivate inattese, quelle che magari non osavamo nemmeno sperare e che, al di là di noi (delle nostre capacità e persino della nostra volontà) sono accadute.


 


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