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RUBRICHE: "Spiritualità Giuseppina" - Santificare le azioni comuni



Scrive don Reffo: «Quando si parla della santità del teologo Murialdo, questa non si deve intendere in cose straordinarie; non vi fu nulla o quasi nulla in lui di straordinario nel senso comune della parola; ma nel suo vivere ordinario fu così inappuntabile e perfetto e per così tanti anni che questa stessa perfezione ed inappuntabilità si devono considerare come qualche cosa di straordinario» (Vita, p. 205). È questa “ordinarietà di vita” una caratteristica che ha contraddistinto l’esistenza del Murialdo.

Al termine degli esercizi spirituali del 1870 si era impegnato a vivere con questo spirito: «Continua retta intenzione. Presenza di Dio. Perfetto compimento di ogni dovere come se dovessi morire subito» (Scritti, I, p. 180); nel 1875 fece questo proposito: «Tutte le mie azioni intendo siano dirette alla maggior gloria di Dio...» e, subito dopo, scrisse questa invocazione: «Fa’, o mio Signore, che io compia tutte le mie azioni con grandissimo spirito di fede...» (Scritti, I, p. 143).

Riprendendo un’espressione dell’opuscolo Vita di fede, libretto a lui tanto caro, il Murialdo scrive: «Ogni momento porta con sé un dovere da compiere per fare la volontà di Dio, e questo è sufficiente per raggiungere la perfezione. Quest’istante è come un angelo che manifesta la volontà di Dio; il cuore fedele pronunzia il “sì” a Dio come ha fatto Maria Vergine all’angelo Gabriele, e questa obbedienza al momento presente è... la via della perfezione» (Scritti, VI, pp. 395-396). Infatti, sono sempre parole del Murialdo, «è nel fedele adempimento dei doveri che sta la vera e soda santità» (Scritti II, p. 113).

Se la volontà di Dio si presenta attraverso i doveri, allora è necessario, «compiere i propri doveri non per abitudine, ma come voce di Dio... Bisogna compiere tutto con spirito soprannaturale» (Scritti, I, p. 192).

Il Murialdo ritorna spesso su questo concetto: «Si devono compiere bene i doveri dello stato» (Scritti, II, p. 4), si devono «adempiere fedelmente i doveri» (Scritti IV, p. 232), si devono compiere «bene tutti i doveri..., tutti e benissimo: alla presenza di Dio e con purità di intenzione» (Scritti, II, p. 62), «bene nel modo e nel fine» (Scritti, IV, p. 266).

Non importa se i doveri sono “grandi” o “piccoli”, secondo una certa mentalità sociale, l’importante è compierli con fede, anzi, diceva il Murialdo che «la perfezione consiste più nelle piccole cose che nelle grandi» (Scritti, IV, p. 385), piccole nel senso di ordinarie, quotidiane: «Occorre avere purezza di intenzione. Vedere se nelle piccole cose si pensa e si agisce per fede o se anche nelle grandi non si pensa e non si agisce che umanamente» (Scritti, XII, p. 173).

«Santificare le azioni comuni...» (Scritti, II, p. 214), può essere la sintesi dell’insegnamento del Murialdo, espressione della sua vita: il Murialdo si santificò «sempre stando sull’ordinario» (Vita, p. 209).

Proprio per questa sua esperienza di quotidianità vissuta con fede risulta ben appropriata la definizione del beato Giuseppe Allamano: «Il teol. Murialdo era un uomo straordinario nell’ordinario» (Vita, p. 327).


 


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