Sierra Leone, paese povero e in grave difficoltà.L’emergenza ebola è ancora in crescita, non si riesce a frenare il contagio. Le autorità politiche e sanitarie brancolano cercando ogni mezzo possibile per risolvere la situazione. Fino ad ora il contagio ha corso in fretta e la risposta non è stata altrettanto rapida. Il contagio sta ancora vincendo.
Molti seguono le indicazioni illustrate su cartelli che gli operatori sanitari hanno appeso ogni dove e diffuse tramite incontri di sensibilizzazione, ma altrettante persone si mostrano diffidenti ritenendo tutto questo propaganda politica.
Altra cosa che si sente in giro è: le streghe. Le streghe, hanno diffuso la morte. E’ difficile scalzare questa credenza. Oppure, ebola è stata inventata dai bianchi.
Lo Stato che fa?
Ora hanno dichiarato lo stato di quarantena in tutta la Sierra Leone per 3 giorni, dal 19 al 21 settembre. Venerdì niente Moschee, sabato niente assemblee di chiese protestanti, domenica niente messe. Si preghi in casa. Vietati gli assembramenti.
Sierra Leone, uno dei paese più colpiti da questa epidemia che non perdona: 491 persone morte, 1.305 i casi accertati di persone infette.
La sanità è al collasso, lo era già prima, ma almeno c’erano state notevoli avvisaglie di progresso e la mortalità infantile non era più al primo posto nel mondo. Ora gli ospedali sono chiusi per paura del contagio e anche i centri dove vengono ospitati i malati di Ebola, soprattutto i centri di Kenema e Kailahum (est della nazione) sono pieni e non accolgono più nessuno.
Si parla di un periodo di mesi per fermare la malattia.E intanto? Niente scuola, niente università, niente lavoro…Niente ospedali? E dove va la gente a curarsi?
Il contagio ha innescato una grave crisi economica che si avverte subito nell’aumento incontrollato dei prezzi, di tutti i prezzi, dal trasporto al cibo quotidiano. Le banche sono aperte per poche ore, le moto non possono transitare dalle 19:00 per paura che vengano trasportati casi sospetti da un luogo all’altro. I taxi non possono portare più di tre i passeggeri. Sono vietati tutti gli incontri pubblici tranne quelli rivolti alla sensibilizzazione in cui deve essere presente almeno un membro del Ministero della Sanità.
Discoteche, locali notturni, pub, centri commerciali, cinema sono chiusi fino a nuovo avviso.Anche le cliniche e gli ospedali sono stati chiusi.
Per cercare di motivare gli infermieri e i medici a presentarsi al lavoro (si rifiutano di farlo per paura del contagio), il governo ha recentemente aumentato gli stipendi e le indennità di rischio.
Anche i rapporti umani soni intaccati da questa crisi: vietato toccarsi, il contagio si trasmette attraverso i liquidi corporei.Prima ci si accoglieva con gioia, ora, no, ora ci si evita, hai paura di un abbraccio.In chiesa dai la pace alzando le mani e agitandole in segno di… festa e così per strada se incontri qualcuno. I funerali sono una tristezza. Poche ore e sei già seppellito, non più con affetto e familiarità.
E ti lavi le mani con la clorina, una due …volte al giorno; ogni volta che entri in un diverso edificio e ti viene chiesto di farlo.
Per strada ad ogni posto di controllo ti misurano la febbre e …ti lavi le mani. La popolazione così è monitorata; se hai 38 di febbre, sei finito, spedito subito in uno dei centri ebola dove tutti oggi hanno paura di andarci, anche se danno un certa garanzia di guarigione.
Se vomiti, oggi hai ebola, ieri era malaria o eri incinta o avevi il tifo… oggi viene in mente subito solo ebola e le sue nefaste conseguenze: isolato, espulso, segnato a dito.
E’ logico che in questa situazione si vive di paura e si sta bene solo quando si è in casa.
Una nazione che dopo la guerra ha conosciuto la festa, il canto, le danze ora è una nazione spenta.
Prima ci lamentavamo quando di notte non riuscivamo a dormire perché da una parte all’altra c’era gente che faceva chiasso, musica a tutto volume, comunque vita e voglia di vivere.
Ora le notti qui in Sierra Leone sono fatte di silenzio che sottintende paura e attesa.
Che torni presto la festa, il canto e la gioia di vivere: per questo la nostra preghiera.
Don Maurizio, padre Luigi e i giuseppini in Sierra Leone (Freetown, Lunsar, Makeni).